Il Risorgimento in Terra di lavoro. Un lungo percorso di idealità
Il Risorgimento è pregno di avvenimenti e personaggi di rilievo che raccontano dell’esistenza di un filo logico che unisce il 1799 al 1860, passando per i moti del 1820-1821 e le rivoluzioni del 1848 fino alla proclamazione dell’Unità. Su 123 giustiziati dai Borbone 13 provenivano da Terra di Lavoro. Inoltre Il Pantheon dei martiri campani dello stesso Broccoli nell’elenco riporta Mons.Michele Natale di Casapulla, Vincenzo Russo di Palma Campania, Pasquale Battistessa e Nicola Ricciardi di Caserta, Francesco Bagno di Cesa, Domenico Cirillo di Grumo, i capuani Leopoldo De Renzis e Eleuterio Ruggero, Clinio Roselli di Esperia, Domenico Perla, residente a Lusciano ed Ercole D’Agnese di Piedimonte, quest’ultimo presidente della commissione esecutiva della Repubblica Napoletana. Lo studioso Di Biasio afferma, inoltre, che “è noto il legame di Francesco Mario Pagano con Terra di Lavoro a cui in carcere dedicò uno studio con le Dissertazioni sull’Antica Calvi”, ma tali Dissertazioni furono scritte dallo storico di Pignataro Giovanni Penna con il nom de plume di Mario Pagano, data la profonda simpatia che il canonico pignatarese nutriva per il grande patriota, giurista e martire della Repubblica Napoletana. Lo stesso Carlo Lauberg, alla guida della Repubblica Napoletana fino al 25 febbraio 1799, era originario di Teano. Ai martiri bisogna aggiungere i tanti esuli a Marsiglia, Parigi e Lione, tra cui ricordiamo Giovanni Bausan di Gaeta, amico dell’ammiraglio Francesco Caracciolo, Alessandro D’Azia di Capua, Pietro Battiloro di Arpino, Gian Vincenzo Battiloro fratello di Pietro, Decio Colletti di Formicola, Domenico Fiore di Aversa, grande amico dello scrittore francese Stendhal, Mattia Zarillo di Capodrise, che fu in un primo momento inserito nel governo provvisorio di Carlo Lauberg. Dopo la sconfitta della Repubblica Napoletana i patrioti di Terra di Lavoro si riorganizzarono tramite la Carboneria in raccordo con i patrioti delle vicine province di Salerno e Avellino, ove la Carboneria aveva buone basi, prima dei moti del 1820- 21, precisamente dal 1817. Ad essa aderirono professionisti, ecclesiastici, studenti, artigiani, militari. In relazione al numero degli ecclesiastici, secondo la ricerca dello storico Rosolino Chillemi di Capua- Clero e Carboneria a Capua e Caserta nelle carte del Principe di Pianosa -, nella sola diocesi di Capua il numero degli ecclesiastici aderenti alla Carboneria annoverava ben 220 persone. Quindi, prima dei moti insurrezionali del 1820-21, la Carboneria di Terra di Lavoro era ben attiva per tutta la provincia, in particolare nelle città di Capua, Aversa, Santa Maria e Nola. Ricordiamo che il nome “Carboneria” derivava dal fatto che i settari dell’organizzazione avevano tratto il loro simbolismo ed i loro rituali dal mestiere dei carbonai, ovvero coloro che preparavano il carbone e lo vendevano al minuto. L’organizzazione, di tipo gerarchico, era molto rigida: i nuclei locali, detti “baracche”, erano inseriti in agglomerati più grandi, detti “vendite”. A tal riguardo un documento della Biblioteca del Museo Campano ci fornisce le vendite in varie aree provincia di Terra di Lavoro, di cui otto a Capua: I Trionfatori ai Bastioni di Santa Caterina, I seguaci di Pitagora al Bastione S. Carlo, I felici Campani al Bastione di S. Amalia, La Formia al Bastione Aragona, La Campania Riunita al Bastione del Conte, I seguaci di Marte al Bastione Olivarez, La Casilina al Bastione dello Sperone, La Perfezione. A Santa Maria ritroviamo sei vendite: Marte filantropo, I figli di Catone, I liberi Campani, Gli Amici della concordia, La Perfetta Unione, Orazio al Ponte. A Caserta erano presenti cinque vendite: La Virtù e la Vigilanza, I difensori della Libertà, Gli Spartani alle Termopoli, La vera Costanza, Il Giuramento terribile, a cui bisogna aggiungere una a Caserta Vecchia “Vincere o morire”. Ad Aversa erano dislocate quattro vendite: I veri Liberali, La Vigilanza nelle Foreste, I Figli di Taburno, I Veri figli di Marte. A Frignano erano presenti i Figli di Ceuma, Gli amici della Patria, il Delubro di Marte. Tutte le altre sono dislocate in centri minori: due a Grazzanise (Gli Israeliti liberati, Gli Imitatori di Attilio Regolo), due a Giano (I Veri figli della Costanza, I Veri figli di un padre), due a S. Nicola la Strada (I Veri figli della beneficenza, I figli di Stige), due a Maddaloni (Scipione Africano, Catone in Ustica), due a Marcianise (La Nuova Alleanza, Gli amici dell’ Indipendenza), due a Casal di Principe (I nemici dell’ambizione, La Selva Nera). Segue una vendita carbonara in ciascuno dei seguenti paesi: Cancello (La Perfetta Unione), Arnone (la Scuola d’onore), Pignataro (La Virtù trionfante), Pastorano (Gli abitatori di Montemarano), Camigliano (I difensori della Patria), Sparanise (La Torrefiorita), Calvi (I Figli di Temistocle), Curti (I Figli di Apollo), San Prisco (Gli eroi della libertà), Casanova (I veri figli dell’onore), Casapulla (L’antica galassia sui Monti Tifatini), a Valle (Muzio Scevola), Cervino (I figli del Coraggio), Formicola (La Felicità riconosciuta), Schiavi (I costanti della persecuzione), Latina (I seguaci di Catone), Succivo (Minerva e Morte), Teverola (la Minerva), San Marcellino (La Virtù insorta), Lusciano (I valorosi Meli), Parete (I difensori della Religione), Recale (Marte Filantropo), Limatola (I compagni di Muzio Scevola), Melizzano(I Liberi Telesini), Sant’Agata dei Goti (I seguaci della Minerva), Teano (I persecutori del Vizio), Vairano (I figli dell’indipendenza e della libertà), Pietramelara (i figli di Sparta), Pietravairano (I forti inespugnabili), Riardo (I forti campioni, Solopaca (I difensori della rigenerazione). L’ultima delle vendite carbonare non riporta alcun titolo , ma è indicato il Gran Maestro Orabona Luigi di Aversa. La documentazione d’archivio consente di integrare tale elenco con le vendite diffuse nei territori di Nola, Gaeta e Sora, che in quegli anni facevano parte di Terra di Lavoro. E’ il libro dei carbonari inquisiti dalla polizia nel Distretto di Gaeta che ci permette di aggiungere altre 18 vendite carbonare in tale territorio: Carinola (Foro Claudio), Casale di Carinola (Grotte Silvana), Nel distretto di Nola abbiamo informazioni concernenti i nomi delle vendite carbonare delle seguenti cittadine: Per il Sorano i documenti ci indicano non il nome delle vendite, ma forniscono l’elenco degli aderenti alla Carboneria, di cui il numero più consistente è ravvisabile nei seguenti comuni: Avito, Vicalvi, Settefrati, Arce, Fontana, Colle San Magno, Arpino, Schiavi, Santo Padre, Atina, Picinisco, Cervaro, Vallerotonda, San Vittore, Mignano, San Germano, Sant’Angelo, Terelle, Aquino, Villa Santa Lucia, Sora, Isola, Castelluccio, Brocco, Pescosolido. Si può , quindi , comprendere come fossero vivi gli ideali risorgimentali con tanti patrioti pronti a partecipare ai grandi avvenimenti che porteranno alla richiesta della costituzione nel 1848. Dopo la conquista nel 1848 della costituzione sono 19 i deputati eletti in Terra di Lavoro al parlamento napoletano: Giovanni Aceto per Caserta, Buonuomo Vincenzo per Gaeta, Capitelli Domenico di San Tammaro (presidente del Parlamento) , Correra Francesco Saverio, Lucarelli Raffaele per Caserta, Capocci Ernesto per Sora, Ciaburri Pasquale, Coppola Vincenzo e Del Giudice Gaetano per Piedimonte d’Alife, Garofano Francesco per Caiazzo, Ciccone Antonio per Nola, Crisci Costantino per Aversa, Maza Gabriele per Aversa e Caserta, Pesce Gaetano per Nola, Poerio Carlo per Gaeta, Polsinella Giuseppe per Sora, Semola Giovanni per Nola, Tari Giuseppe per Sora e Vallin Giuseppe per Gaeta. E’ noto come le controversie tra il Re e i deputati del Parlamento portarono alla reazione dei Borbone e ai fatti della drammatica giornata del 15 maggio 1848, in seguito alla quale un deputato, Pasquale Stanislao Mancini, per stigmatizzare la reazione borbonica scrisse la famosa protesta, di cui furono cofirmatari altri 66 parlamentari: “La Camera dei deputati riunita nelle sue sedute preparatorie in Monteoliveto, mentre era intenta coi suoi lavori all’adempimento del suo sacro mandato, vedendosi aggredita con inaudita infamia dalla violenza delle armi regie e nelle persone inviolabili dei rappresentanti nei quali concorre la sovrana rappresentanza della Nazione, protesta in faccia alla Nazione medesima, in faccia all’Italia, di cui l’opera del suo provvidenziale risorgimento si vuol turbare con il nefando eccesso, in faccia all’Europa civile, oggi ridestata allo spirito di libertà, contro quest’atto di cieco e incorreggibile dispotismo; e dichiara che essa non sospende le sue sedute, se non perché costretta dalla forza brutale; ma, lungi di abbandonare l’adempimento dei suoi solenni doveri, non fa che sciogliersi momentaneamente per riunirsi di nuovo dove ed appena potrà, affine di prendere quelle deliberazioni che sono reclamate dai diritti del popolo, dalla gravità della situazione e dai principi della conculcata umanità e della dignità nazionale” Alla difesa del Parlamento parteciparono i patrioti di Terra di Lavoro con atti di rivolta. A Santa Maria i patrioti distrussero la linea ferroviaria per impedire il passaggio di rinforzi militari contro i deputati, che riuscirono a difendere le loro posizioni e far sì che il Parlamento fosse di nuovo eletto il 15 giugno del 1848. Nel corso delle reazioni successive i patrioti di Terra di Lavoro accorsero come volontari non solo a Napoli in varie parti d’Italia ove erano presenti i fronti di resistenza. Oltre a coloro che saranno i patrioti della Legione del Matese, tutti uomini di Terra di Lavoro, guidati da Beniamino Caso e Salvatore Pizzi, di cui la maggior parte aveva partecipato alle lotte politiche per la realizzazione del Parlamento napoletano del 1848, conserviamo informazioni preziose che riguardano diversi patrioti tra cui Leopoldo Pilla di Venafro, illustre geologo che morirà a Curtatone, ove perderà la vita anche Enrico Amante di Fondi dopo la strenua partecipazione alla difesa della repubblica di Venezia. Qui si distinse anche Pasquale Grosso di San Germano. Inoltre ritroviamo Michele Ruta di Caserta a combattere agli ordini della principessa Cristina Belgioioso Trivulzio a Curtatone, ove viene ferito Vincenzo Vaccari di Santa Cosma e Damiano. Sono da ricordare i quattro figli di Ernesto Capocci, il famoso direttore dell’osservatorio astronomico di Capodimonte, originari di Picinisco. In merito ai fatti del 15 maggio 1848 in Santa Maria, nel 1850 furono condannati Andrea De Domenico e Luigi Sticca a 30 anni di prigione e altre sette imputati a 25 anni. Inoltre vengono eseguiti ben cinquanta arresti, tutti appartenenti al gruppo rivoluzionario di Silvio Spaventa e Luigi Settembrini, una sorta di movimento di sintesi tra le istanze della Carboneria e della Giovane Italia riformata di Settembrini e Musolino. Tale movimento si diffuse particolarmente nei comuni di Santa Maria, Capua, Grazzanise, Mondragone, Casale di Carinola, Sessa, Marzano, Roccamonfina, Mignano, San Pietro Infine, Fondi, Santa Cosma e Damiano, Castelforte e Roccaguglielma. Quindi un territorio di Terra di Lavoro che diede il suo contributo già negli anni delle grandi lotte preunitarie nel lungo percorso del Risorgimento, un impegno di lotta che avrà il suo degno seguito man mano negli anni successivi e precedenti il momento decisivo della conquista della liberazione, della libertà, dell’indipendenza e dell’Unità. Nei momenti decisivi dell’Unità facciamo riferimento al grande apporto della Legione Garibaldina del Matese. Il recente ritrovamento degli scritti del capitano della Legione Garibaldina del Matese Giuliano Iannotta ha riportato la giusta luce sul ruolo che tale legione ebbe nella battaglia del Volturno e nella vittoria dei garibaldini sulle forze borboniche. Giuliano Iannotta di Sant’Andrea del Pizzone , che aveva partecipato ai moti rivoluzionari del 1848 a Napoli, fu sindaco di Francolise dopo l’Unità negli anni che vanno dal 1871 al 1876 e tre anni dopo scrisse un memoriale, rinvenuto solo dopo più di un secolo in un solaio, in cui ci dà informazioni riguardo alla Legione del Matese, scrivendo al direttore de La Verità , in tali termini: “Intanto per venire al filo del racconto delle mosse speciali della Legione del Matese, e per meglio chiarire certi fatti al cronista della Verità, dò un rapido cenno della creazione della nostra Legione e le operazioni da essa eseguite fino alla battaglia del 1° ottobre. Ricordo che io reduce dalla galera di Procida alla fine di giugno con altri amnistiati, il Comitato Supremo garibaldino di Napoli ne fece sentire che ci fossimo ritirati nelle rispettive provincie, per far parte dei Comitati provinciali, coll’incarico di promuovere l’insurrezione; come di fatti nei primi giorni di luglio il Comitato centrale di Terra di Lavoro, si era già costituito in S. Maria, sotto gli occhi dei regi, presieduto dal distinto Salvatore Pizzi. Contemporaneamente il Comitato supremo di Napoli nominava nove cittadini di Terra di Lavoro fra i più conosciuti liberali ed addetti alle armi, col nome di Capi di Brigata, e questi furono a quanto ricordo i Signori Torti e Stocchetti di Piedimonte d’Alife, Campagnano, Zona, io ed altri che non ne rammento i nomi. Ognun di noi si pose all’opera per l’arrolamento di volontari. Poscia nel mese di agosto, il Comitato di Napoli ordinava a quello di S. Maria che, fra i nove Capi di Brigata della provincia ne avesse eletti due col nome di capi di spedizione; e fattasi la votazione risultò il Sig.r Campagnano ed io, e che il nome del Corpo che andavamo a costituire avesse preso il nome di Legione del Matese” Nel testo del capitano Iannotta si fa riferimento al patriota Salvatore Pizzi, capuano di adozione, anche se nato a Procida nel 1816 e trasferitosi giovanissimo a Capua. Salvatore Pizzi aveva aderito alla “Giovane Italia” diventando un fervente mazziniano. Era profondamente convinto che , oltre alla libertà politica , la cultura e l’educazione potessero promuovere lo sviluppo della società civile. Uomo di pensiero e di azione, aveva affrontato il carcere e l’esilio e partecipò alla Legione del Matese diventando, nel 1860, all’epoca della Spedizione dei Mille, pro-dittatore per Garibaldi in Terra di Lavoro. Gli ideali che animarono gli uomini della Legione del Matese furono libertà, la libertà dello spirito e per tali ideali essi non smisero mai, nel corso della loro operosa esistenza, di prodigarsi nell’interesse del popolo. Colui che riuscì a tessere una rete sinergica di rapporti tra i vari patrioti della Legione del Matese ,tutti uomini di Terra di Lavoro, fu Beniamino Caso insieme allo stesso Salvatore Pizzi. E’ da rimarcare che la maggior parte dei liberali, al fianco di Beniamino Caso e Salvatore Pizzi, aveva partecipato alle lotte politiche che avevano portato al Parlamento napoletano del 1848, ma, a causa delle tante sconfitte dei movimenti rivoluzionari mazziniani, ultimo quello di Carlo Pisacane assassinato dagli stessi contadini che voleva liberare, essi sacrificarono l’antica fede mazziniana in favore delle più moderate posizioni di Cavour e, dunque, di un’idea dell’unità italiana sotto il regno di Vittorio Emanuele. Della Legione facevano parte, tra i tanti, anche il giovane pittore Gioacchino Toma, che un anno prima era stato confinato per motivi politici sul Matese, ed era stato protetto proprio da Beniamino Caso, che ne aveva promosso la vendita di alcuni quadri. Ad Alvignano c’era Domenico Bencivenga, suo parente, Ercole Raimondi a S.Pietro Infine, Felice Stocchetti a S.Angelo d’Alife, Francesco Fevola a Teano, Paolo Zito a Grazzanise ed altri ancora i quali riconosceranno in Beniamino Caso e Salvatore Pizzi i capi del movimento insurrezionale in Terra di Lavoro La notte del 24 agosto Beniamino Caso e Giuseppe De Blasiis arrivarono a Piedimonte con le armi e la bandiera; il mattino seguente la Legione viene ufficialmente costituita. De Blasiis era l’uomo del Comitato dell’Ordine inviato da Napoli per comandare la Legione col grado di maggiore. Intanto nel beneventano già da tempo stava operando Giuseppe De Marco, un liberale che appartiene al Comitato d’Azione, e la sua sfera di influenza copre paesi della valle telesina e del Fortone, dove ha dato vita a 21 comitati insurrezionali, dai quali si è presto formato un vero corpo armato, analogo alla Legione del Matese, chiamato “Cacciatori Irpini”. Proprio il 25 agosto Giuseppe De Marco informa gli uomini del Comitato di Piedimonte che da Avellino il colonnello Materazzo, capo delle forze armate insurrezionali di quella provincia, ha dato ordine di stare pronti a marciare lungo il fiume Calore, verso Benevento. Sono momenti di grande agitazione in quanto arriva la notizia che Garibaldi stia per sbarcare a Salerno ed è ormai chiaro che il Comitato Centrale di Napoli ha deciso di puntare su Benevento, che da sette secoli è rimasta un’isola del potere pontificio entro il Regno di Napoli. Essi reputano l’Azione militare più efficace se confortata anche dalla presenza della Legione del Matese, così da mostrare a Garibaldi la capacità operativa di questa nuova Legione pronta a battersi per la libertà e l’unità nella celebre battaglia del Volturno.
Bibliografia
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