Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

La “ profonda simpatia” del canonico Giovanni Penna per Francesco Mario Pagano

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Il canonico Giovanni Penna provava una “ profonda simpatia” per Francesco Mario Pagano da rivelare nel suo testo più importante Stato antico e moderno del comune di Pignataro di Capua e suo miglioramento di essere stato lui a scrivere le Dissertazioni sull’Antica Calvi usando il nome di Mario Pagano.

Tali Dissertazioni tuttora recano quale autore il nome del grande protagonista e martire della Repubblica Napoletana del 1799. D’altronde si intuiva che non poteva essere stato Mario Pagano ad occuparsi dell’Antica Calvi e, a donarci una spiegazione sulle motivazioni che avevano indotto il canonico Giovanni Penna a scegliere lo pseudonimo di Mario Pagano, fu l’Arciprete Don Salvatore Palumbo già nella conferenza che tenne nel Palazzo Vescovile di Pignataro Maggiore nel novembre del 1966 dal titolo Aspetti culturali e politici del primo storico di Pignataro Maggiore, il Canonico Giovanni Penna.

Don Salvatore Palumbo parla di “profonda simpatia del canonico Giovanni Penna per Francesco Mario Pagano, martire della Repubblica Napoletana del 1799”.

Tale fondata intuizione di Don Salvatore Palumbo è confermata dai documenti rinvenuti dallo storico locale Antonio Martone nell’Archivio Diocesano di Calvi. In particolare il primo documento si riferisce all’arresto del canonico Giovanni Penna.

Scrive Antonio Martone: “[…]un reale dispaccio viene inviato al Vescovo di Calvi Mons. Andrea De Lucia in cui si comunica che il prete don Giovanni Penna di Calvi è stato carcerato per materia di Stato; si chiede al Vescovo di chiuderlo in un monastero della sua diocesi, vigilare sulla sua condotta e darne conto ogni mese al Commissario della Suprema Giunta inquisitoria di Stato.

Il dispaccio reale del 2 gennaio viene fatto pervenire alla Segreteria dell’Ecclesiastico il 5 e il 6 e il 2 la Curia arcivescovile di Napoli lo trasmette al Vescovi di Calvi. Il documento conferma le idee giacobine del nostro Canonico”.

 

Noi avremmo scritto le idee repubblicane di libertà ed uguaglianza , ma il termine giacobino è usato in riferimento ai repubblicani del 1799 e proseguiamo.

Il Canonico Giovanni Penna nacque a Pignataro il 20 ottobre del 1754. Il padre Giuseppe era stato sindaco del paese nel 1766; studiò nel seminario di Calvi; il vescovo Zurlo prese a ben volerlo e lo volle accanto a lui come segretario e, quando divenne Arcivescovo di Napoli, lo condusse con sé.

La morte del fratello Carlo nel settembre 1802 lo richiamò a Pignataro e nel 1806 fu nominato canonico della cattedrale.

Aprì in paese una scuola, ma gli fu imposto di chiuderla. Verso il 1827 diede inizio alla composizione della sua opera Stato antico e moderno del circondario di Pignataro di Capua e suo miglioramento.
L'attenzione e l’interesse degli storici riguardo al canonico Giovanni Penna si sono soffermati su una scuola che il Penna aprì e che in maniera inaspettata dovette chiudere per avversione del regime borbonico alla cultura.

Lo stesso storico Canonico ne parla con parole pregne di tanta disillusione:

"Dopo la morte di mio fratello, accaduta il 5 settembre 1802, mi rimpatriai; e sebbene avessi portato con esso me le mie imperfezioni, che con il mutar del cielo non si cambiano, purtuttavia con ogni studio incominciai ad istruire alcuni figliuoli. Ma il demonio che s'oppone sempre al bene, frastornò un'opera così santa e così accetta a Dio, venendomi impedito l'insegnare e l'istruire. Come questo sia stato, non saprei io dirvi se non che fu così. Sospettai qualche calunnia, ma qualunque fosse stato il motivo, il fatto è certissimo e così va la cosa, ben potete pensare quanto dispiacere ne sentissi; però se essere sincero ed accurato ecclesiastico e non essere adulatore , né iniquo uomo è colpa, confesso in ciò aver peccato; ma di tal peccato non chiederò mai perdono."

Paroli nobili piene di dignità che non potevano non incuriosire Don Salvatore Palumbo , il quale decide di andare a fondo della questione, sapendo che un rapporto di Mons. De Lucia sui sacerdoti della diocesi aveva bollato il canonico Giovanni Penna quale irrequieto e iscritto alla carboneria.

Don Salvatore Palumbo ci conduce ad analizzare il contesto storico del periodo al fine di comprendere chi avesse impedito al canonico Penna di insegnare e istruire e perchè.

Il canonico Penna era vissuto accanto a colui che sarà l'arcivescovo di Napoli nel periodo della Repubblica Napoletana del 1799 e non possiamo non fare riferimento a tale figura per comprendere non solo il contesto storico, ma anche la misura in cui il rapporto tra il Penna e Zurlo fosse più o meno stato decisivo per influenzare le attività di iniìziative sociali del Canonico tali da attribuirgli la fama di irrequieto massone.

Il cardinale Zurlo ebbe rapporti difficili con il potere costituito borbonico e con la S. Sede in diverse occasioni, ma ciò che gli fu rimproverato decisamente è non avere usato tutto il suo prestigio per screditare la Repubblica Napoletana .
Come scrive Don Salvatore Palumbo:

"Il vecchio cardinale si era trovato impigliato nelle vicende della Repubblica Partenopea. C'era stato in Lui un gesto coraggioso , ma certamente non in linea con la politica della S. Sede a quel tempo."

In effetti il Cardinale Zurlo non sottostava in maniera celere alle pressioni della S. Sede allorché le truppe del restauratore Cardinale Ruffo insidiavano le sorti della Repubblica Napoletana.

“Forse - prosegue Don Salvatore Palumbo - fu la presenza di sacerdoti fra le personalità maggiori della governo repubblicano napoletano (uno dei martiri del 1799 fu un Sacerdote: il Conforti)”.

In effetti alla Repubblica Napoletana del 1799 avevano dato il sostegno e preso parte in maniera attiva tanti sacerdoti e vescovi: oltre Francesco Maria Conforti ricordiamo Mons. Giuseppe Andrea Serrao, Mons. Michele Natale e Mons. Francesco Saverio Granata, Marcello Eusebio Scotti, Antonio Scialoja, martiri della breve esperienza della Repubblica Napole

Molto importante e rilevante fu la battaglia che il Canonico Penna intraprese per favorire la scuola e la cultura in genere, ma gli fu imposto dai Borbone di chiuderla
A riguardo della chiusura della scuola imposta dai Borbone al Canonico Penna, Don Salvatore Palumbo rileva:

"I borboni avevano motivo di sospettare della scuola e della cultura in genere, perchè sulla falsariga della scuola penetravano le idee dissolvitrici della rivoluzione francese."[...]

"Inoltre si consideri la sensibilità del Canonico Penna per le condizioni del "basso popolo" che egli descrive nella sua opera con dettagli per rimarcare quanto" nostro uguali o nostri fratelli conoscessero fatiche dure, eccessive, ingiustizie essendo la loro sorte già segnata dalla nascita"

Don Salvatore Palumbo considerava il Penna "un uomo che guarda in anticipo alla questione sociale con l'occhio del sacerdote sensibile alla miseria umana, ma che non chiude nel suo animo la disapprovazione verso l'ordine costituito che gli sta innanzi, bensì alza la voce in favore degli oppressi quando nessuna voce si levava".

"E' questo il lato più umano del Canonico Penna- concludeva l'Arciprete di Pignataro Maggiore- che lo avvicina ai nostri tempi, ce lo rende più simpatico. E' bene che anche i Pignataresi di oggi sentino e meditano sulla parola scritta, 140 anni or sono, da questo sacerdote."

Don Salvatore Palumbo scriveva tali nobili riflessioni su Il Pino di gennaio - febbraio 1972, continuando in tale maniera:

"Ma mi domando: non erano questi i fermenti che avevano agito nella Rivoluzione Francese? Una migliore giustizia sociale di fronte alle classi privilegiate".

Tutte le copie del testo del Canonico furono sequestrate anche perchè contenevano critiche al sistema educativo del Seminario di Calvi. Pertanto fu molto difficile trovare il saggio storico di Giovanni Penna per tanti anni.

Solo nell'ottobre del 1988 l'Editrice Atesa di Bologna riuscì in qualche modo a trovarne una copia per farne una riedizione anastatica.

Il canonico Giovanni Penna, il religioso ammiratore di Francesco Mario Pagano, morì a Pignataro Maggiore il 30 maggio 1837.

A pagina 266 della sua opera scrisse: “Feci nelle quattro mie dissertazioni, che diedi al barone A. Ricca un trattato pieno de’ Personaggi di questa famiglia (quella dei Vinici dell’Antica Cales ndr); due di queste dissertazioni furono date alla luce col nome dell’ illustre Mario Pagano”.



Bibliografia:
Giovanni Penna- Stato antico e moderno del circondario di Pignataro di Capua e suo miglioramento- Editrice Atesa – 1988
AA.VV.- L’arciprete Don Salvatore Palumbo- musicista, poeta, storico- Pignataro Maggiore 2001

 

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