Efferati delitti di brigantaggio reazionario nei territori dell’Alto Casertano
Gli episodi di brigantaggio nella campagna di Sessa Aurunca e dei territori dell’Alto Casertano furono di chiara impronta reazionaria, con protagoniste le bande che "misfacevano" con rapine, ricatti, assassini, atroci commessi per avere un riconoscimento da parte del re Borbone, convinti che Francesco II sarebbe tornato sul trono. Lo storico Nicola Borrelli (Pignataro Maggiore 1878- Piedimonte di Sessa 1952) ha ricostituito tali delitti con terrificanti particolari, ribadendo che i responsabili di tali atti di ferocia fossero da attribuire ad un brigantaggio di carattere "politico - reazionario". Scrive testualmente Borrelli: "Le nostre considerazioni intorno alle vere cause del brigantaggio così detto politico-reazionario nelle nostre contrade- considerazioni che prospettammo in principio di questa frammentaria narrazione - trovano conferma nelle ragioni che indussero volgari delinquenti a sfogare i loro istinti di brutalità e la loro feroce vendetta- per fini particolari e personali". Il primo assassinio a cui Nicola Borrelli fa riferimento è quello del Tenente della Guardia Nazionale Girolamo Cerrito di Cellole che fu ucciso con colpi di scure nella propria abitazione durante una notte di gennaio del 1863. Con lui trovò la morte anche un altro abitante di Cellole accorso in casa del tenente, ed avendo riconosciuto nell’assassino un compaesano, fu da costui ammazzato. Il secondo efferato omicidio fu quello del sacerdote Don Lorenzo Verrengia di Carano di Sessa, catturato dai banditi di Domenico Fuoco e Francesco Tommasino detto "Zoccolone", insieme al fratello Basilio Verrengia e al nipote Luigi. Basilio, sofferente, fu subito rilasciato. Furono mandate solo 70 piastre e allora il Brigante Tommasino fece pervenire ai familiari un orecchio. Lo storico Nicola Borrelli si sofferma sui particolari degli scambi epistolari finalizzati ad un accordo per la liberazione degli ostaggi. Non ottenendo la somma richiesta, il 5 aprile 1854 Don Lorenzo Verrengia fu fucilato. Dopo l'uccisione di Don Lorenzo, la famiglia fece pervenire 13000 ducati per la liberazione del giovane Luigi. Fu Domenico Fuoco a ricevere la somma del riscatto. Non meno terrificante fu l'assassinio di Nicandro Vitale di Piedimonte che fu aggredito nel 1865 in aperta campagna e alla cui famiglia venne chiesto un riscatto dalle bande di Pace e Ciccone. Il pagamento della somma, però, non risparmiò la vita al povero Nicandro. Gli episodi di banditismo continuarono negli anni 1866 e '67 come denunciava al Governo e al Parlamento, tramite il Prefetto, il parroco di Piedimonte Erasmo Capizzi, rimarcando che i funzionari di Pubblica Sicurezza si mostravano alquanto vili e inetti e "scansassero " ogni contatto con i banditi. Ovviamente il Parroco di Piedimonte si esponeva alla ritorsione dei Briganti, ma era una persona "circospetta e scaltra". Così scrive Nicola Borrelli: Francesco Capizzi era un agricoltore e non fu difficile per i Briganti catturarlo e ucciderlo a colpi di fucile in aperta campagna. Fu Carmine De Marco, un brigante di Piedimonte, colui che sparò al fratello del Parroco Erasmo Capizzi Nel 1868 la persecuzione del Brigantaggio si rivelò più determinata e le "orde brigantesche" di Pace, di Fuoco, di Guerra, di Tommasino e di Ciccone, furono gradualmente sconfitte. Negli anni dal 1862 al 1866 un contributo rilevante alla sconfitta del Brigantaggio nell'Alto Casertano fu dato dal pittore - patriota Luigi Toro, "maestro" di Nicola Borrelli.
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