Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

L’immagine di S. Francesco nel Sacro Speco di Subiaco

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Studiando la storia ho sempre prestato una particolare attenzione a figure religiose  che hanno dato un esempio radicale dei valori del bene, per mettersi in completa sintonia con la volontà di Dio.

Tra esse rientra certamente Francesco d’Assisi, amante della bellezza, della pace,  della povertà, della fraternità e della preghiera. Ho visto per la prima volta l’immagine di  Francesco che si trova nel Sacro Speco di Subiaco,  tanto tempo fa,  sul primo volume del “Disegno storico della civiltà italiana” di Giorgio Spini. 

Quella foto è entrata quindi  nella mia memoria sin da quando frequentavo il liceo e seguivo le lezioni di storia.

Si può ben comprendere l’emozione che ho potuto poi provare quando nel 1974, visitando per la prima volta il Sacro Speco, mi sono trovato direttamente di fronte all’immagine di “Francesco di Assisi”, che avevo vista in passato tante volte su quel libro scolastico.

Essa era lì nella Cappella di S. Gregorio Magno, ove ero potuto entrare dopo aver salito una scala a chiocciola dalla Chiesa Inferiore.

Appena mi trovai dinanzi a quell’immagine per me familiare di Francesco, il mio sguardo ne fissò gli occhi profondi e chiari. Sentii in me subito il desiderio di voler comunicare al Poverello che anch’io ero giunto, come lui, a Subiaco, con intenti mistici e religiosi sulle orme di Benedetto da Norcia. Sapevo di trovarmi di fronte al più antico ritratto dell’Assisiate.

E per quanto avessi la consapevolezza che anch’esso non era del tutto vicino al vero aspetto del Santo, io l’ammirai con reverenza come se lo fosse.

Dopo questa prima emozione guardai e rimirai con attenzione l’affresco. Lo osservai da cima a fondo con spirito estetico, storico e religioso. 

La figura di Francesco è rappresentata in un pannello rettangolare incorniciato, di color bruno-oliva, e ha dietro nella sua parte superiore un riquadro dello stesso colore che - secondo G. P. Carosi - sarebbe un nimbo rettangolare, cioè un ‘signum viventis”, attestante che il dipinto fu fatto quando il Santo era ancora in vita.

In verità il nimbo con questi intenti di solito si trova intorno alla testa di un personaggio dipinto. Qui il riquadro sembrerebbe meglio inquadrare la figura di Francesco, per darle un maggiore risalto. Si può  notare come detto riquadro sia circondato da una stretta striscia di croci rosse e nere alternantisi su sfondo bianco, che sembrano fargli da cornice su tre lati, salvo quello inferiore.

Questa tecnica pittorica si incontra anche in altri dipinti che si trovano nel Sacro Speco, come quelli di “S. Gregorio Magno in trono e Giobbe” e di “S. Benedetto” nel Roseto, che sono della stessa epoca.

Francesco è vestito di saio con cordone nodoso pendente alla cinta. Le sue mani non presentano le stimmate. Il suo capo, coperto dal cappuccio del saio,  è privo di aureola. Ha i piedi nudi. La mano sinistra regge un cartiglio su cui è scritto “Pax huic domui” (Pace a questa casa), mentre la mano destra pare indicarlo.       

Il suo volto oblungo con barba è semplice e dolce, ma non  estatico. Nella parte superiore, ai due lati della testa del Santo, c’è la scritta “Fr(ater) Fra(n)ciscu(s)”. Vicino al piede destro si intravede un monaco di piccole dimensioni con tonaca rosso cupo, che è il committente dell’opera.

Questo dipinto di Francesco è certamente il più antico che si conosca. Dopo di esso il Santo viene raffigurato incappucciato, due anni dopo la sua morte, sempre nella Cappella di S. Gregorio Magno  dietro il card. Ugolino, ormai diventato papa Gregorio IX, che è in atteggiamento di consacrare la cappella.

Dopo questi dipinti il ritratto più antico di Francesco l’abbiamo su tavola, conservata al Museo del Louvre, datato tra il 1260 e il 1270, dove l’Assisiate è indicato come “sanctus” e presenta le stimmate. I tratti somatici sono meno belli rispetto a quelli dell’affresco di Subiaco.

Un altro antico dipinto di Francesco, databile alla fine del XIII sec.,  è quello che si conserva nella chiesa dei SS. Giovanni e Paolo a Spoleto, che alcuni critici considerano il più rassomigliante al Santo, secondo la descrizione che ci è stata tramandata dal suo biografo Tommaso da Celano.

In verità sembra che Francesco non fosse di aspetto particolarmente attraente, per cui, nel dipinto di Subiaco, la figura sarebbe più slanciata e il volto più aggraziato. Né corrisponderebbe il colore degli occhi, della barba e dei capelli, che secondo il Celano erano neri, mentre nell’affresco del Sacro Speco sono castani.

Non abbiamo documenti certi che attestino la venuta di Francesco a Subiaco. Il suo biografo Tommaso da Celano non fa alcun cenno di visita del Santo al Sacro Speco. Abbiamo però diversi indizi che ne accertano la presenza.

E’ probabile che l’ampia immagine di Francesco nella Cappella di S. Gregorio Magno sarà stata fatta dopo una visita del Santo a Subiaco. Questa immagine, poiché non presenta le stimmate, sarà stata realizzata prima del 14 settembre 1224, quando Francesco le ricette da Dio, e quindi era ancora vivo.

 Tenendo conto del parere degli storici si può avanzare l’ipotesi che Francesco sia venuto a Subiaco o insieme col card. Ugolino nell’agosto del 1022 o successivamente da solo nel 1223 o agli inizi del 1224. Poiché  era già in fama di santità si credette opportuno ricordarne la venuta con un dipinto.

Certamente Francesco, che si soffermava nei siti più belli per scoprire la bellezza del Creato e lodare il Signore, non poteva non essere attratto dal desiderio di vedere Subiaco, scelto da  Benedetto per la sua esperienza religiosa.

Era un modo per comprendere, tramite la bellezza del luogo, la grandezza contemplativa di Benedetto, un rendergli onore perché spiritualmente a lui vicino, quasi un dovere nei confronti di uno dei compagni spirituali vissuto più di seicento anni prima, che era diventato la figura monastica più importante dell’Occidente.

E’ probabile che Francesco sia venuto da solo  sia per vedere Subiaco e rendere omaggio a Benedetto, sia  per intessere rapporti con l’abate Lando per mettere le basi di una presenza francescana in questo luogo.

Infatti la tradizione attesta non solo che Francesco ottenne da questo abate la chiesetta di S. Pietro “in deserto”e altro, ma anche l’innesto che il Santo di Assisi  fece delle rose sulle spine nel roseto di  Benedetto.

Il pittore che dipinse l’affresco dell’Assisiate può darsi che sia stato l’artista greco, Melornus (Wadding, 36). Oggi si preferisce chiamarlo ‘Maestro di Frate Francesco’, a cui viene attribuita anche la pittura  “S. Gregorio in trono e Giobbe”. E’ da escludere che fosse il Conxolus, che è vissuto nella seconda metà del XIII sec.

La prima immagine di Francesco che si conserva nel Sacro Speco di Subiaco è senza dubbio esteticamente suggestiva.

Al piacere artistico che ci fa provare si aggiunge l’emozione di ritrovarci, tramite essa, nel lontano passato altomedievale e a contatto col Santo di Assisi, che insieme a Benedetto è al vertice della spiritualità cristiana.

La storia di questi due Santi è veramente grande dal punto di vista religioso. Benedetto era sino in fondo radicale e monaco, propenso a una continua ascesi spirituale e all’isolamento, di fronte all’ inaudita barbarie del suo tempo, mentre Francesco, fondatore di un ordine mendicante, vissuto in un ‘età forse un po’ meno violenta, pur fervente di amore verso Dio, dava spazio anche all’ apostolato tra gli uomini.

Ma tutti è due erano impegnati, in maniera totale e secondo le loro vocazioni, a dare un esempio di amore al mondo e a rivolgere soprattutto i loro cuori a Dio, come speranza ultima dei loro ideali di santità.

Essi sono ormai  tra i grandi protagonisti della storia del bene.

E’ bello ritrovarsi con loro nel Sacro Speco, che è avvolto in una natura di bellezza paradisiaca! Accanto all’immagine di Francesco, si avverte tutt’intorno aleggiare la presenza di Benedetto, vissuto qui a lungo alla ricerca di Dio. 

E in questa atmosfera  religiosa, risonante di perfezione e di salvezza, è più facile e dolce mettersi all’ascolto del Signore e ritrovarsi nella dimensione spirituale che rende del tutto pura, preziosa e dignitosa l’esistenza umana.

 

 

 

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