Il coraggio di Dajani e la Shoah nel mondo arabo
Molto dipenderà anche da come il sistema scolastico arabo recepirà questa svolta. I primi segnali non mi sembrano positivi. Il professore universitario palestinese Mohammed S. Dajani Daoudi che a marzo aveva portato i suoi studenti ad Auschwitz, in un viaggio che era parte di un progetto in collaborazione con una università israeliana e una tedesca, ha dovuto lasciare l’università di Al Quds. Dajani è stato accusato infatti di essere un traditore e un collaboratore di Israele e di «fare il lavaggio del cervello ai palestinesi cercando di cambiarne la mentalità attraverso l'insegnamento di grandi bugie e macchinazioni come l'Olocausto e la sofferenza degli ebrei». E quando in tutta risposta il coraggioso professore ha presentato le dimissioni dall’ateneo, in segno di protesta e per difendere la libertà accademica, il presidente dell’università ha colto la palla al balzo, accettando le sue dimissioni e rifiutando di esprimergli la solidarietà. L’episodio suscita due riflessioni. La prima negativa, e cioè che in quel mondo i pregiudizi verso gli ebrei restano fortissimi. La seconda positiva, ovvero che anche tra i palestinesi c’è chi cerca la verità e il dialogo (le motivazioni del viaggio ad Auschwitz, ha spiegato Dajani, erano quelle di spingere i suoi studenti ad un processo di tolleranza ed empatia verso l’altro, il «nemico» israeliano, che doveva necessariamente partire «anche dalla comprensione dell’Olocausto»). Forse un’idea per aiutare questo processo di consapevolezza, potrebbe essere quella di far conoscere le figure di muslims (musulmani) che in quel terribile periodo, in particolare in Turchia, salvarono vite di ebrei, essendo riconosciuti come Giusti fra le Nazioni. A testimonianza che siamo tutti fratelli su questo pianeta, ovviamente ciascuno con le proprie diversità.
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