Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Francesco Caracciolo, eroe della rivoluzione napoletana del 1799 e vittima dell’infamia

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Francesco CaraccioloQuante volte i napoletani e non, passeggiano ed ammirano uno dei più suggestivi lungomare esistenti al mondo, quante promesse d’amore sono state pronunciate tenendosi per mano da coppie più o meno giovani ed in quante lingue; forse in tutte quelle esistenti.

Spesso con la massima descrizione, mi sono soffermato ad osservare queste scene e tantissime volte mi sono domandato se, al momento di inviare la rituale cartolina o di scattare la foto per il ricordo, il napoletano od il turista sapeva del perché quell’incantevole ed indimenticabile posto si chiamasse Via Caracciolo e, soprattutto chi fosse e cosa avesse rappresentato l’Ammiraglio Francesco Caracciolo, Duca di Brienza e martire del 1799 per la nostra storia.

Lo storico Vincenzo Cuomo scrive: “Guardando al passato non è raro imbattersi in personaggi che ci riportano alla mente gloriosi avvenimenti storici, ben più difficile incontrare figure che siano anche immagini di nobiltà spirituale, legate ad un ideale superiore. Tra questi non possiamo non ricordare l’ammiraglio Francesco Caracciolo”.

Nella descrizione fatta dallo storico Vincenzo Cuomo, in momenti come questi che siamo costretti a vivere, nel quale vengono dissacrati i più alti valori di patria e famiglia, in un momento nel quale si tende ad offuscare la mente dei ragazzi da ogni ricordo che possa fare riferimento a qualsiasi reminiscenza storica, spesso mi pongo una domanda ed è questa: “Quante persone sanno cosa abbia significato, per il paese tutto, la Rivoluzione Napoletana del 1799”.

Debbo essere sincero, sino a qualche decennio fa anche io avevo solo una leggera conoscenza dell’episodio perché  non avevo mai studiato a fondo, ma grazie al mio mentore fui in grado di approfondire, leggendo saggi e romanzi storici.

In seguito capii che fino a quel momento la storiografia ufficiale ha dato sempre risalto al Risorgimento, alla spedizione dei Mille, Mazzini e Carlo Alberto, e così via.

Senza nulla togliere a questi illustri personaggi storici, cui va la massima considerazione e rispetto, mai mi è stato detto nulla di circostanziato sui fatti del 1799, come mai mi è stato detto che la prima idea dell’unificazione italiana sia stata di Gioacchino Murat.

Seguendo il mio mentore ho sentito il desiderio che già viveva in me di dedicarmi a questi argomenti e approfondirli .

Francesco Caracciolo fu impiccato il 29 giugno del 1799, a meno di 48 anni già rivestiva il grado di Ammiraglio. Entrò in marina giovanissimo, circa 7 anni con una specie di dispensa speciale dato che il mare fu sempre la sua passione ed il suo amore.

Mentre i ragazzi della sua età si dedicavano ai soliti passatempi, amava dedicarsi al pensiero di viaggi e battaglie sui mari. Si era prefisso di portare la marineria napoletana a livello di quella inglese e spagnola.

A ventisette anni era Tenente di Marina e, poiché anche Cavaliere di Malta, servì nella Flotta dell’Ordine impegnata nel contrastare la “corsa” saracena battendo il bacino del Mediterraneo in lungo ed in largo.

A conclusione di questo periodo che si rivelò efficace per debellare quel costante pericolo per le rotte commerciali, fu chiamato a prendere parte attiva nella Marineria Napoletana che gli affidò il comando della nave S. Giuseppe.

Ai diretti ordini di Acton, si dedicò con passione alla ricostruzione ed all’ammodernamento della flotta napoletana. Si diede inizio alla nascita dei gloriosi Cantieri Navali di Castellammare di Stabia che fece specializzazione nella costruzione di navi da battaglia del tipo Fregata e Cannoniera; al comando di una di esse, la S. Dorotea, prese parte alla spedizione effettuata contro il Marocco e ritornò solo dopo di aver completamente distrutto il naviglio corsaro.

In riconoscimento di tali meriti, ebbe il comando della nave S. Gennaro Vigilante e, subito, prese, parte alla spedizione che la flotta congiunta spagnola e napoletana intrapreso contro l’Algeria.

Fu solo grazie all’acume di Caracciolo se la possente e famosa fortezza di Algeri fu costretta ad arrendersi perché era riuscito a smantellare dal mare, con continui tiri dalle sue navi, che tenne sempre in prima linea, tutte le batteria di cannoni di cui era munita.

Ciò non fu gradito degli spagnoli che decisero di estromettere Caracciolo dalle trattative del consequenziale Trattato di Pace con l’Algeria. Questo vergognoso atteggiamento, però, non riuscì ad oscurare la marineria napoletana e lo stesso Caracciolo che fece ritorno a Napoli coperto di gloria.

Quando fu dato seguito alla spedizione della Grande Alleanza contro Tolone, troviamo il Caracciolo al comando di una delle più grandi navi napoletane, il Tancredi, armato da ben settantaquattro cannoni e, anche se la spedizione non diede frutti desiderati e, anzi si rivelò un solenne disastro, l’unica fase positiva fu dovuta proprio dal Caracciolo che, oltre a coprire e scortare la ritirata della flotta riuscì, con manovra da manuale, ad incunearsi tra le due fregate che lo attaccavano costringendole alla resa. Francesco Caracciolo Ammiraglio della flotta napoletana nessuno è stato degno ne di sostituirlo, ne indossare la sua gloriosa divisa.

Quando la corte borbonica fu costretta ad allontanarsi da Napoli per sottrarsi dall’arrivo dei francesi e a rifugiarsi in Sicilia, fu affidata al Caracciolo la responsabilità di portare in salvo con la nave “Sannita” l’intera corte e nel contempo rimase esterrefatto nel ricevere la notizia che il Re aveva dato ordine di dare alle fiamme tutta la flotta napoletana affinché non cadesse integra ed in piena efficienza nelle mani dei francesi.

In questo doloroso ed inevitabile atto di guerra Caracciolo vide la fine della “nazione napoletana” e della gloriosa marineria.

Molti si posero una domanda: per volere di chi si volle la distruzione di una magnifica flotta ben armata ed equipaggiata con marinai eccezionali? La risposta  al quesito era molto semplice: gli inglesi erano gli unici che la marineria napoletana poteva dare fastidio. Sono certo che Carlo III non avrebbe mai dato quell’ordine sia per strategia politica, sia per l’affetto che lo legava a Napoli.

Quello che maggiormente stupisce, ma avvalora la tesi appena esposta è il perché l’intera flotta  non fosse stata condotta in salvo in Sicilia, forse che mancavano i porti? L’Ammiraglio austriaco Thurm diede esecuzione all’ordine con sadico piacere, bruciando la flotta davanti a tutta davanti alla popolazione napoletana in lacrime costretta ad assistere impotente a quello scempio, schierata lungo il litorale.

Possiamo ben immaginare lo stato d’animo del Caracciolo e della intera marineria napoletana. Ormai la rivolta è scoppiata ed è nata la Gloriosa Repubblica Napoletana che vede Caracciolo tra i fautori e strenui sostenitori di essa e, ricoprendo la carica che, potremmo definire senza possibilità si smentita, di Primo Ammiraglio di un popolo libero, si attiva per ricostituire, dalle ceneri ancora fumanti della più antica e gloriosa marineria di tutta l’area Mediterranea, un dispositivo navale che potesse proteggere le sedi Napoli dagli attacchi che gli inglesi non avrebbero certamente mancato di attuare.

Al rogo sfuggirono solo poche cannoniere e qualche grossa lancia armata, ben poca cosa, ma Caracciolo con il suo esempio seppe infondere tanto coraggio ai marinai ed alle qualificate maestranze dei tanti cantieri artigianali sparsi sul litorale partenopeo che in breve tempo fu approntata una flottiglia di piccole e veloci imbarcazioni su cui presero posto i migliori marinai napoletani.

 

 

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