Quando la Chiesa non si opponeva alle coppie di fatto ed al concubinato del clero
Le coppie di fatto rappresentavano una realtà diffusa nell' Italia del Cinque e Seicento, e la Chiesa permetteva e tollerava, ponendosi al limite il problemi dei figli e la loro legittimazione in relazione ai problemi di natura ereditaria. Bernardino da Siena nel primo Quattrocento motivò l’invito agli uomini a lasciare le concubine, data la provvisorietà del rapporto che era mirato ad accaparrarsi i beni del compagno. Ha evidenziato Romeo: “Il grande predicatore non usava altre argomentazioni: di rampogna o richiami di tipo etico neppure l’ombra”. Tale realtà di concubinato coinvolgeva in maniera diffusa il clero. In alcuni casi i sacerdoti si ammogliavano con cerimonie fastose e nel Trentino tale realtà riguardava quasi la metà del clero. Una realtà che la Chiesa permise e tollerò senza problemi fino alla Controriforma che decise di porre un argine, dato che concubini erano tanti sacerdoti. Tuttavia, anche dopo il Concilio di Trento, le autorità centrali e periferiche della Chiesa si concentrarono nella lotta contro la magia, la bestemmia, la bigamia, piuttosto che contro le coppie di fatto. Soltanto a partire dal Seicento la battaglia contro i concubini divenne prioritaria. Specialista di storia religiosa del Mezzogiorno, il professore Giovanni Romeo ha approfondito i suoi studi sulla città di Napoli. La realtà sociale napoletana preoccupava la Curia romana in quanto a Napoli nel Cinquecento vi era un particolare dissenso religioso con posizioni non ortodosse della scuola di Valdès e delle posizioni di Bernardino Occhino che stavano riscuotendo consenso preoccupante per la Curia romana. Nel Cinquecento e nel primo Seicento le “coppie di fatto” di Napoli erano composte da prostitute che vivevano con il protettore, vedove che avevano trovato una compagnia stabile, giovani coppie che convivevano a seguito di un mancato consenso alle nozze da parte delle famiglie, giovani che firmavano una sorta di intesa davanti al notaio in accordo coi genitori, aristocratici che avevano moglie e concubina, e preti che regolarmente convivevano in forma di “coppia di fatto”. Fu a partire dagli anni Settanta del Cinquecento che la posizione della Curia arcivescovile napoletana gradualmente pose fine alla tolleranza verso le coppie di fatto e nei confronti del concubinato del clero.
Bibliografia Giovanni Romeo , Amori proibiti. I concubini tra Chiesa ed Inquisizione, Laterza, Bari, 2008
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