Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Enrico Michele L'Aurora e l'eterno disonore dei Borbone

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G. Toma. Luisa Sanfelice trasportata da Palermo a Napoli per essere decapitataEnrico Michele L’aurora, pur con poche notizie che possediamo sulla sua vita e sul suo operato, è stato uno dei repubblicani italiani più coerenti e attivi nella testimonianza di patriota fedele ai principi unitari, democratici e repubblicani.

Il suo nome è da associare alle pagine più vergognose e conseguentemente sanguinose scritte dai Borbone in relazione alla fine della gloriosa Repubblica Napoletana del 1799, in quanto fu uno dei firmatari dell’accordo della resa che prevedeva la scelta per i patrioti repubblicani di imbarcarsi per Tolone o restare a Napoli .

I primi dati certi su Enrico Michele L’Aurora li disponiamo a partire dal febbraio 1793, quando si recò a Nizza. In merito agli anni precedenti, il patriota rivela di essere nato a Roma, senza indicare la data precisa, da un’antica famiglia nobile, e che all’età di sette anni fu costretto a lasciare Roma dal momento che la sua famiglia era invisa allo Stato Pontificio.

Pertanto raggiunse uno zio in Spagna, da cui ricevette un’eredità che gli consentì di esercitare la “mercatura” in Francia.

A Nizza operò per l’organizzazione di una spedizione che liberasse la penisola italiana dallo straniero. Nell’agosto del 1796 fu a Milano e due anni dopo  a Roma, sua città natale, con l’armata francese per  vedere realizzato il suo sogno di un regime democratico e repubblicano.

L’aurora si proponeva di liberare “la penisola italiana da tutti i tiranni e tirannelli che l’usurpavano".

Arrivò a Napoli al seguito di Championnet nel 1799 , ma notizie sulla sua attività quale patriota della Repubblica Napoletana si ritrovano solo a fine giugno, nel corso della difesa della Repubblica, nel corso di quella strenua resistenza dei patrioti repubblicani a Castel dell’Ovo.

Il 21 giugno Enrico Michele L’Aurora fu il firmatario della capitolazione in qualità di comandante di Castel dell’Ovo. Fu in quei giorni precedenti che  dimostrò tutto il suo valore e la sua intraprendenza. Alla proposta del comandante inglese Foote, il quale il 18 giugno offriva un asilo sotto la protezione britannica, L’Aurora rispose che i patrioti erano disponibili a morire per la Repubblica; il che provocò un’intensificazione degli attacchi al castello da parte delle cannoniere inglesi e il 21 la capitolazione fu firmata.

Rilevante è il documento legato alla capitolazione datato 26 giugno al fine di comprendere appieno tutti il disonore di cui i Borbone si macchiarono.

Trattasi del verbale di consegna di Castel dell’Ovo, di fondamentale importanza per la dimostrazione che i patrioti repubblicani lasciarono con l’assoluta convinzione che fossero rispettati gli articoli dell’accordo di resa. Il testo completo del verbale non lascia spazio a dubbi:

- "Oggi 26 luglio 1799, nella città di Napoli al castel dell’Uovo alle ore 6 pomeridiane, si è presentato l’illustrissimo Signor Brigadiere Minichini, incaricato da Sua eccellenza il Ministro Plenipotenziario di S.M. (D.G.) D’Antonio Cavaliere Micheroux per prendere a tenore della capitolazione possesso in nome di S. M. il Re delle Due Sicilie, del detto castel dell’Uovo, ove dopo aver preso formalmente possesso de’ magazzini, si è proceduto nella forma seguente. Si è fatta battere la generale, e chiamati tutti i cittadini della guarnigione chiesero loro di sapere la loro volontà di imbarcarsi a Tolone, o pure restarvi quivi a tenore della capitolazione, si è trovato essere il numero di novantacinque quelli che si sono imbarcati.

Nella prima barca, che è partita da castello dell’Uovo, il Sig. Brigadiere ha preso possesso, con dodici uomini del castello;

alla seconda barca à preso possesso della casa matta;

ed alla terza, che portava seco gli equipaggi di tutti quel c’erano iscritti per partire, il Sig. Brigadiere prese possesso della piazza.

Fatte in seguito le formalità, e presentate le chiavi del castello, esso Brigadiere fece elevare la bandiera di S.M. il Re delle due Sicilie. Indi si è convenuto tra me Comandante della piazza ed il Brigadiere suddetto, che i trentaquattro che ànno dichiarato di voler rimanere in Napoli, sarebbero questi alle ore undici di Francia lasciati sortire in libertà.

Tutte queste operazioni furono terminate alle ore otto ed un quarto: indi sottoscritto da’ due accennati Comandante di piazza, e sig. Brigadiere: in fede di che si è formato il presente.

Il brigadiere MINICHINI.

Le Commandant de place L’AURORA. "

Enrico Michele L’Aurora, quando fu chiaro che i Borbone non intendevano rispettare tale accordo verbalizzato e sottoscritto da lui stesso, denunciò con tutta la sua forza come violare un accordo fosse un tale crimine “tale da porre la ferocia in cui si era caduti al di sotto del livello di vita dei selvaggi e dei cannibali”.

Il tradimento dei patti stabiliti era una “turpe infamia” di cui i Borbone e gli inglesi si accingevano a macchiarsi e sarebbe stato un ‘esecrazione che tutti gli uomini giusti, le Nazioni imparziali avrebbero ricordato e additato alla posterità”.

Il patriota L’Aurora lo scrisse in termini chiari a Micheroux, dichiarando che aveva conosciuto le grandezze e miserie della vita, ma ciò che si stava per compiere era un crimine da selvaggi e si dichiarava pronto a raggiungere almeno i suoi compagni nel martirio che li attendeva.

Pur senza speranza, L’Aurora scrisse allo stesso Nelson, che in quell’occasione si macchiò di un’infamia riconosciuta anche dai suo biografi, non rispondendo alle accorate parole di Enrico Michele L’Aurora che aveva sottoscritto l’accordo di capitolazione che garantiva ai patrioti repubblicani la scelta di raggiungere Tolone o restare a Napoli da persone libere.

Scrisse L’Aurora il 9 luglio 1799: “Ero il comandante di Castel dell’Uovo al momento della capitolazione. Era convenuto che insieme ai miei compagni avrei raggiunto Tolone. Vi prego, date l’ordine di partenza”.

Tutto fu inutile. I Borbone, che si erano serviti delle potenze straniere reazionarie, assassinarono le menti più illuminate di Napoli e del Sud e la violazione dell’accordo fu considerato successivamente un “eterno obbrobrio” che L’Aurora avrà modo di sottolineare, scrivendo il 14 settembre 1801 al Ministro della ricostituita Repubblica Cisalpina.

In particolare si dichiara certo che “la posterità riguarderà il nome di Nelson con orrore e esecrazione“. Quando Nelson gli fece intendere che, allontanandosi da Napoli, Enrico Michele L’Aurora rispose con determinazione che lo avrebbe fatto solo insieme a tutti i suoi compagni repubblicani, come stabilito dai termini dell’accordo da lui firmato.

L’Aurora fu incarcerato e passò ventuno mesi in prigionia. Fu liberato nel marzo 1801 in seguito alla pace di Firenze tra la Francia e il Regno di Napoli, che prevedeva il rilascio dei prigionieri politici.

Negli anni successivi fu a Milano, Bologna, Firenze a promuovere movimenti insurrezionali e promuovere gli ideali repubblicani e, come scrive Lauro Rossi, non si hanno più notizie di L’Aurora fino al giugno 1809, allorché fu tra i componenti di un Corpo di volontari scelti di Napoli, organizzato con decreto del 16 giugno 1809 da Gioacchino Murat re di Napoli, per timore di una rivolta popolare in caso di un possibile sbarco inglese.

Scampato il pericolo, tale corpo fu disciolto il successivo 31 luglio. Da questo momento le sue tracce si perdono; non sono noti né suoi ulteriori spostamenti né la data e il luogo della morte.

Fu nella Repubblica Napoletana che Enrico Michele L’Aurora si ritrovò a combattere da protagonista per sostenere una repubblica viva, operante, che fu repressa dalla reazione borbonica e dalle potenze straniere, il cui intervento fu determinante per sopprimere gli ideali dei migliori uomini di Napoli e del Sud.

 

Bibliografia:

Lauro Rossi,  Enrico Michele L’Aurora nella Repubblica napoletana in Napoli 1799 fra storia e storiografia, Napoli 2002

 

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