Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Ernesto Che Guevara: il rischio reca in sè l'audacia, l'audacia reca in sè il coraggio

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Ernesto Guevara de la Serna, per tutti il “Che”, dalla tipica intercalazione argentina, una sorta di “bene”“dunque” italiano, o di “well” inglese!

Uno dei grandi miti del novecento (anzi, … dal novecento!), per tutti i giovani e per quanti giovani, siamo solamente già stati, ahimè!

Basti anche solo pensare alla celeberrima foto guerrillero heroico, scattata ai primi di marzo del 1960 da Alberto Korda (che non ne trasse mai alcun guadagno!), una delle immagini in assoluto più famose e più riprodotte della storia.


Di famiglia piccolo borghese, sofferente di asma, estremamente colto e grandissimo lettore, si laurea in medicina a 25 anni, nel 1953, ma accantona da subito la carriera medica per dedicarsi attivamente ai processi rivoluzionari che infiammano l’America latina.

Nel 1955 incontra Fidel Castro, aderisce al Movimiento 26 de Julio e, da semplice medico del gruppo, diventerà uno dei capi rivoluzionari più carismatici, fino a guidare la decisiva battaglia di Santa Clara, nel dicembre 1958, pochi giorni prima della fuga del dittatore Fulgencio Batista.

In parte deluso dai risultati della rivoluzione, nel 1967 si allontana da Cuba per partecipare ad un’altra rivoluzione, in Bolivia, dove verrà assassinato il 9 ottobre.

Nel 1997, le sue spoglie, ritrovate dopo trent’anni, tornano definitivamente a Cuba, nel mausoleo di Santa Clara.

 

Nell’immaginario collettivo, la figura del “Che” è diventata l’emblema di chi lotta contro ogni ingiustizia, di chi antepone gli ideali a qualsiasi forma di compromesso, di opportunismo e per questi ideali è disposto a dare tutto!

Mi dispiace deludere i giovani e coloro che giovani, siamo solamente stati, ahimè, ma non basta indossare una semplice maglietta o sventolare una bandiera con l’effige del “Che”, per acquistarne lo stesso coraggio, la stessa personalità, lo stesso carisma! Magari fosse così facile!

Ciò non toglie che a qualcuno, a qualche nostro simpatico politicante locale, a qualche cosiddetto ascaro di casa nostra, magari potrebbe far bene leggerne qualcosa, così, con mente libera e senza pregiudizi, solo per il gusto di saperne di più! Sarebbe cosa buona e giusta!

Al “Che” si attribuiscono frasi, aforismi famosi, prima ancora che belli o profondi: “Hasta la victoria siempre!”“Fino alla vittoria, sempre!”, o questi altri, molto … adrenalinici: “E se vale la pena rischiare, io mi gioco anche l’ultimo frammento di cuore”“Chi lotta può perdere, chi non lotta ha già perso”“L’unica battaglia che ho perso è stata quella che ho avuto paura di combattere”,“Preferisco morire in piedi piuttosto che vivere in ginocchio”!

Prescindendo dalla sonorità o dall’intensità espressiva, dalla stessa carica adrenalinica che vorrebbero indurre, personalmente preferisco questi altri, in cui emergono la passione ed il coinvolgimento nella sofferenza, il rispetto per l’uomo: 

“Se tremi per l’indignazione davanti alle ingiustizie, allora sei mio fratello”“Ogni vero uomo deve sentire sulla propria guancia lo schiaffo dato a qualunque altro uomo”“Siate sempre capaci di sentire nel più profondo qualunque ingiustizia commessa contro chiunque in qualunque parte del mondo”“Vale milioni di volte di più la vita di un solo essere umano, che tutte le proprietà dell’uomo più ricco della terra”!

O, ancora, quest’altra, in cui si dà risalto alla forza delle idee ed alla capacità di esprimerle: “O siamo capaci di sconfiggere le idee contrarie con la discussione, o dobbiamo lasciarle esprimere. Non è possibile sconfiggere le idee con la forza, perché questo blocca il libero sviluppo dell’intelligenza”!

Per la verità, al “Che” si attribuiscono anche espressioni di tutt’altro tenore: 

“L’odio come fattore di lotta; l’odio intransigente contro il nemico, che permette all’uomo di superare i suoi limiti naturali e lo trasforma in una efficace, violenta, selettiva e fredda macchina per uccidere”“Bisogna portare la guerra fin dove il nemico la porta: nelle sue case, nei suoi luoghi di divertimento. Renderla totale”.

Ed in effetti al “Che” sono stati anche imputati crimini commessi abusando dell’autorità conferitagli nell’ambito dell’esercito rivoluzionario, è stato accusato di arbitrarietà, di scarso rispetto per i diritti dell’imputato, per il diritto ad un giusto processo, dell’esecuzione sommaria di numerosi oppositori politici.

Non so quanto realistiche siano queste accuse, non le ritengo a priori infondate, ma non ne conosco la reale entità, anche se mi piacerebbe pensare che siano state solamente il frutto, purtroppo inevitabile, di vicende molto, troppo cruente.

I supremi ideali dell’imparzialità e dell’obiettività (nel loro piccolo, come le formiche che s’incazzano, anche loro lo sono!) impongono, tuttavia, che non se ne taccia!

Ad ogni modo, Ernesto “Che” Guevara è stato e continuerà ad essere uno dei grandi miti, delle figure epiche in cui identificarsi.

 

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