Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Le ammalianti sirene nelle leggende e nella letteratura

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Il 18 settembre 1838 venne pubblicato per la prima volta il racconto Ligeia (Ligeia) in American Museum Magazine. Autore: Edgar Allan Poe.

La trama è stata universalmente ritenuta coinvolgente: un uomo racconta della propria compagna, Ligeia. Ne evidenzia i  tratti fisici misteriosi, la erudizione, gli occhi grandi come unità di misura del sentimento. Purtroppo si ammala. Muore.

L’uomo si risposa con lady Rowena Trevanion e parte verso una ex abbazia. L’edificio è riccamente arredato; spicca la camera da letto tappezzata di arazzi che cambiano forma al modificarsi della prospettiva di osservazione.

Perseguitato dal ricordo di Ligeia, l’uomo cade nell’abuso di oppio. Giunge a detestare la nuova moglie che, intanto, comincia a sentire voci e vede figure spettrali. Andando a prendere un elisir, scorge un’ombra su un incensiere.

Mentre la moglie beve il vino, nota alcune gocce cadere nel bicchiere. Lady Rowena peggiora e muore. L’uomo, ormai sconvolto, desume che tutto quanto abbia visto sia dovuto all’effetto dell’oppio, oppure causato dalla fervida immaginazione.

Nella veglia funebre, invece, assiste a un evento prodigioso: più volte nel corso della notte, preannunciato da un singhiozzo, il cadavere riprende vita: il colorito di riaccende; accenna lievi movimenti di palpebre e di labbra; infine si alza ponendosi al centro della stanza.

 

Caduto il velo sepolcrale, lady Rowena assume lentamente i connotati di Ligeia.

Successivamente il racconto venne pubblicato nella celebre raccolta Racconti del grottesco e dell’arabesco.

Il successo di questa operazione editoriale non rappresentò un affare per l’Autore: siamo nel 1840; l’editore, Lea & Blanchard, pubblica l’opera in due volumi, con l’intenzione di sfruttare il successo di La rovina della casa degli  Usher.

Non pagò alcun diritto a Poe, che ottenne solo 20 copie gratuite del libro.

Si tratta dell’opera in cui il geniale scrittore americano si espresse esponendo la parte più irrazionale della sua personalità; contiene anche il celebre La rovina della casa degli Usher, la cui struttura è stata ritenuta complessa.

Il fatto è narrato dall’ospite in visita all’amico Roderick Usher. Tutti gli elementi che via via si affastellano, sono inquietanti: una cupa giornata; la poco tranquillizzante vista della casa che dà su uno stagno nero; una quasi impercettibile fessura nella facciata; le stesse acque malsane; la luce fioca; l’esangue amico; la malattia che affligge la sorella Madeline; la morte, la sepoltura e il ricomparire di Madeline; la morte di Usher; la distruzione immediata di casa Usher.

I sottili meccanismi del racconto creano una situazione scarsamente delineata nei contorni e producono un potente disagio.

Questo magma narrativo rapisce il lettore; nonché la critica, che si è posta il problema di indicare l’atmosfera come materia di studio psicoanalitico. Operazione certamente non limitata a questo racconto: vi è forse una sola opera di E.A. Poe che non abbia richiesto lo sforzo di scendere nei meandri della psiche?.

Ritornando al racconto di Poe, Ligeia: in Italia è stato pubblicato anche dalla Rizzoli nel 1988 nel volume Tre donne, che contiene tre racconti che ruotano ognuno intorno a una figura femminile: Berenice, Morella e, appunto, Ligeia.

Si tratta di un breve racconto che ha posto un problema a un blog di appassionati: come si pronuncia Ligeia?

Lo si è affrontato anche nel blog The Edgar Allan Poe Bicentennial. dove si legge un post intitolato “The pronuncition of Ligeia“, che rinvia a un forum in cui si dibatte della medesima questione. Vi si nota che la parola Ligeia nella poesia Al-Araaf fa rima con la parola “idea“:

Ligeia! Ligeia!

My beautiful one!

Whose harshest idea

Will to melody run

(…)

Noi, per quanto rilevanti siano i problemi connessi alla pronuncia, troviamo più interessante approfondire la figura di Ligeia, al di là dei problemi di pronuncia del bellissimo nome. Figura, peraltro, ben nota a Edgar Allan Poe.

Oltretutto: anche Tomasi di Lampedusa narrò di una sirena; di Lighea, appunto, in un suo racconto che aveva titolato La sirena. La moglie, tre anni dopo la sua morte, gli attribuì il titolo Lighea (Feltrinelli, 1961).

La struttura del racconto è singolare: narra di due storie che si sviluppano in epoche diverse (1938 e 1887).

Un racconto funge da cornice-contenitore e l’altro è l’affresco pittorico inscritto nella cornice. È l’incontro tra il surreale e il reale. L’uso di alcuni termini dialettali rendono il tutto più realistico.

E veniamo al nome Ligheia: deriva dalla sirena greca dotata della più melodiosa voce; ma non è il primo esempio di essere incerto (animale-essere umano-uccello-pesce, o cosa altro ancora?).

Tracce di sirene si rinvengono dappertutto e già nell’ottavo secolo prima di Cristo: i Babilonesi adoravano un dio sorto dalle acque.

Insegnava le arti e le scienze agli esseri umani. I Siriani, invece, adoravano una dea legata all’influenza della luna e delle maree: Atargatis. Veniva rappresentata come una sirena; subì la trasformazione in pesce giacché aveva dato alla luce un bambino. lavò l’onta vergognosa abbandonandolo e uccidendo l’uomo con cui l’aveva generato.

Nella cultura tedesca si parla delle sirene: Meerfrau, Nix e Nixe. Abitavano in acque fiumi ed erano capaci di ammaliare l’uomo per poi affogarlo.

Nella mitologia russa sono presenti creature marine come il Dio dell’acqua e le figlie nonché le ninfe maligne: al solito, facevano morire affogati i nuotatori.

Per i giapponesi è leggendaria la figura di Ningyo, un pesce con testa umana.

In Polinesia il creatore, Vatea, veniva dipinto come un ibrido umano – delfino.

In Irlanda si rinvengono le sirene: Merrows o Muirruhgach. Stavolta, stranamente, scopriamo che vivevano su una terra asciutta, ma si trovava sotto il mare.

Anche in Scandinavia e in Norvegia si può leggere una ricca mitologia popolata di tritoni e sirene. In Norvegia, le sirene sono descritte come creature spesso crudeli e il loro avvistamento non era ritenuto di buon auspicio.

Ligea, come figura mitologica, la si ritrova sia nell’antica Grecia che in Roma. Nell’arte greca, fin dal periodo arcaico, venne rappresentata con busto di donna dalle braccia nude e con corpo di uccello con coda e ali.

Compare anche in molte opere scultoree e in fregi posti a ornamento di tombe. Di solito è intenta a suonare la cetra.

In origine erano ritenute geni della morte. Finalmente, però, le sirene, ammalianti conquistatrici degli uomini, appaiono nell’Odissea di Omero. Sono, ovviamente, le tentatrici di Ulisse. Per legarlo usano il canto.

Sono state genericamente collocate in Italia meridionale. Figlie di Forci e di Ceto. La leggenda dice che erano due o quattro, nonché vergini e compagne di giochi di Persefone.  Giacché non erano state capaci di evitare il rapimento della figlia di Persefone, architettato da Plutone, vennero trasformate in sirene dalla potente Demetra.

La leggenda vuole che Ligea, la più piccola delle sirene, decisa a morire, si lasciò andare nel mare in tempesta. Giunta nel Golfo di Sant’Eufemia, fu rinvenuta, morta, dai marinai sulla riva dell’Ocinaro (Okinaros). È lì che sarebbe stata sepolta.

 

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