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Categoria principale: Cultura della Legalità
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Categoria: Cultura della Legalità
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Pubblicato Lunedì, 05 Novembre 2012 09:13
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Aveva venti anni Mah Gul, la giovane donna decapitata tre settimane fa in Afghanistan dai familiari del marito perché non voleva prostituirsi. Il 9 novembre migliaia di donne e uomini afgani la ricorderanno a Kabul, accendendo per lei una candela al Parco Shar-e-Naw.
Si era sposata quattro mesi fa a Herat, nell’Afghanistan occidentale e immediatamente dopo il matrimonio erano iniziate le pressioni e le violenze da parte della famiglia di suo marito per indurla a offrire ad altri uomini il proprio corpo.
Di lei conosciamo soltanto il nome, non ci resta altro, neanche una fotografia.
La sua storia, come quella di molte donne e adolescenti afgane, ha raggiunto a fatica il mondo occidentale.
Come quella di Sahar Gul, un’adolescente di 13 anni, picchiata e rinchiusa per cinque mesi in un ripostiglio a Badakhshan, nel Nord del paese.
Concessa per denaro in matrimonio a Ghulam Sakhi, un uomo di 30 anni, nonostante non avesse ancora raggiunto l’età di 16 anni prevista dalla legge afgana, Sahar Gul è stata indotta alla prostituzione dalla famiglia di suo marito, fino alla liberazione da parte della polizia nel dicembre 2011.
Nel marzo successivo, ancora nel Nord dell’Afghanistan, sono stati arrestati un uomo e sua moglie, accusati di aver torturato con cavi elettrici una giovane donna, andata in sposa a quell'uomo in seconde nozze, la quale rifiutava di concedere per soldi il proprio corpo.
Pochi giornalisti nel mondo occidentale raccontano queste storie.
Lo ha fatto Monica Ricci Sargentini, nel suo Blog “Le persone e la dignità”, nato dalla collaborazione fra Amnesty International e il Corriere della Sera, dove ha denunciato fra l’altro il fenomeno delle bambine vendute per pochi euro dalla famiglia e costrette alla prostituzione in Afghanistan.
Adolescenti offerte per denaro in matrimonio a uomini maturi, costrette a infrangere la legge e fuggire di casa pur di sottrarsi a violenze e abusi familiari.
Anche per Mah Gul il mondo non si è fermato.
La notizia della sua morte per decapitazione non ha raggiunto i media occidentali. Ancora una volta, il corpo delle donne in Afghanistan è stato offeso, venduto, umiliato.
A Mah Gul ha ora dedicato uno scritto Noorjahan Akbar, attivista per i diritti umani, corrispondente dall’Afghanistan per “Safeworld” e co-fondatrice di “Young Women for Change”, un’organizzazione non governativa che si batte per i diritti delle donne in Afghanistan.
E’ l’invito alla memoria che è all’origine della manifestazione del prossimo 9 novembre al Parco Shar-e-Naw di Kabul. Qui di seguito il testo originale e la sua traduzione in italiano.
When Mah Gul Was Beheaded, by Noorjahan Akbar
The World Did Not Shake
When Mah Gul was beheaded, no one lit a candle. No one prayed for her. No one took a photo of her. No one installed billboards with her name and photo in the city. No one recorded her life story, dreams, happiness, sadness, smile or the way she gazed.
When Mah Gul was beheaded, no one praised her integrity, her bravery, her morality.
When Mah Gul was beheaded, my Facebook friends were writing about their favorite foods and difficult days.
When Mah Gul was beheaded, carefree Afghan boys were calling a young woman a “slut.”
When Mah Gul was beheaded, the Taliban were using women as cover-ups to take their injured to the hospitals.
When Mah Gul was beheaded, fatigued Afghan policemen were smoking on the top of Maranjan hill.
When Mah Gul was beheaded, a poet was writing about the taste of his beloved’s lips.
When Mah Gul was beheaded, reports were discussing the presidential debate in America.
When Mah Gul was beheaded, a soldier is Afghanistan was composing a letter to his son.
When Mah Gul was beheaded, Afghan teachers were re-writing boring, skewed history on the blackboards.
When Mah Gul was beheaded, a Kabuli prostitute was lying beside a cold wall and crying out of hunger.
When Mah Gul was beheaded, Afghan television stations were airing Indian soap-operas.
When Mah Gul was beheaded, our neighbor was beating his siasar* again.
When Mah Gul was beheaded, Herati women were hanging shirts on the clothes line, hoping that at least, they would feel freedom.
When Mah Gul was beheaded, American women were practicing yoga to decrease their stress.
When Mah Gul was beheaded, an “intellectual” in Afghanistan commented on how women wear smaller scarves now, and a local mullah was preaching about labour girls promoting prostitution.
When Mah Gul was beheaded, Angelina Jolie didn’t know.
When Mah Gul was beheaded, our school girls didn’t wear black scarves to mourn her.
When Mah Gul was beheaded, the President was a busy man.
When Mah Gul was beheaded, the world did not shake. In every part of the world, people follow the assembly line of their lives.
When Mah Gul was beheaded, her mother smiled, for her daughter was at last free.
*siasar: A derogatory word used to describe “woman” and/or “wife.”
Quando Mah Gul è stata decapitata, di Noorjahan Akbar.
Il mondo non ha tremato
Quando Mah Gul è stata decapitata, nessuno ha acceso una candela. Nessuno ha pregato per lei. Nessuno l’ha fotografata. Nessuno ha affisso manifesti con il suo nome e la sua immagine, in città. Nessuno ha registrato la storia della sua vita, i suoi sogni, la sua felicità, la sua tristezza, il suo sorriso o il modo in cui guardava.
Quando Mah Gul è stata decapitata, nessuno l’ha lodata per la sua integrità, per il suo coraggio, per la sua moralità.
Quando Mah Gul è stata decapitata, i miei amici su Facebook stavano scrivendo dei loro cibi preferiti e dei loro giorni difficili.
Quando Mah Gul è stata decapitata, ragazzi afgani spensierati stavano dicendo “sgualdrina” a una ragazza.
Quando Mah Gul è stata decapitata, i talebani stavano usando donne come scudi umani per portare i loro feriti negli ospedali.
Quando Mah Gul è stata decapitata, stanchi poliziotti afgani stavano fumando una sigaretta in cima alla collina di Maranjan.
Quando Mah Gul è stata decapitata, un poeta scriveva della fragranza delle labbra del suo amore.
Quando Mah Gul è stata decapitata, i giornali discutevano del dibattito presidenziale in America.
Quando Mah Gul è stata decapitata, un soldato in Afghanistan stava scrivendo una lettera al figlio.
Quando Mah Gul è stata decapitata, insegnanti afgani stavano riscrivendo una storia noiosa e storta sulle lavagne.
Quando Mah Gul è stata decapitata, una prostituta di Kabul si appoggiava ad un muro freddo, piangendo di fame.
Quando Mah Gul è stata decapitata, la televisione afgana trasmetteva soap-opere provenienti dall’India.
Quando Mah Gul è stata decapitata, il nostro vicino stava ancora picchiando la suasiasar*.
Quando Mah Gul è stata decapitata, le donne di Herat stavano appendendo camicie ad asciugare e speravano che, almeno quelle, avrebbero sperimentato della libertà.
Quando Mah Gul è stata decapitata, donne americane praticavano lo yoga per alleviare il loro stress.
Quando Mah Gul è stata decapitata, un “intellettuale” in Afghanistan ha commentato su come le donne indossino sciarpe più piccole, ora, e un mullah locale predicava sulle ragazze operaie che promuovono la prostituzione.
Quando Mah Gul è stata decapitata, Angelina Jolie non l’ha saputo.
Quando Mah Gul è stata decapitata, le nostre scolare non hanno indossato sciarpe nere di lutto per lei.
Quando Mah Gul è stata decapitata, il Presidente era impegnato.
Quando Mah Gul è stata decapitata, il mondo non ha tremato. In ogni parte del mondo, la gente segue la catena di montaggio della propria vita.
Quando Mah Gul è stata decapitata sua madre ha sorriso, perché sua figlia era, alla fine, libera.
*siasar: termine derogatorio per “donna” o “moglie”.
Suzanne Nossel, Direttore esecutivo di Amnesty International USA, ha denunciato che “la tragica uccisione di Mah Gul accende ancora una volta i riflettori sul clima di violenza che devono subire le donne e le ragazze adolescenti in Afghanistan, violentate, uccise, costrette al matrimonio fin da bambine, allontanate dalle istituzioni educative, sottratte ai loro diritti umani”.
Anche il Rapporto del Dipartimento di Stato americano sul traffico umano in Afghanistan evidenzia i numerosi abusi e le tante violenze contro le ragazze adolescenti, invitando il governo afgano a rendere finalmente operativa una legge che dal 2009 intende eliminare ogni forma di violenza e di sopraffazione dei diritti umani verso le donne.
Una legge che per il momento resta ancora inapplicata, come dimostra il caso di Mah Gul e delle tante spose-bambine costrette alla prostituzione in Afghanistan, di cui forse non conosceremo mai né il nome né la storia.
Luciano Trincia - Linkiesta