Miti e Riti (1)
Quando ero a scuola, sono rimasto sempre stupito dall’amara constatazione che, a parte qualche timido tentativo nella Scuola di base, nelle Superiori di qualunque ordine e grado non si prendevano mai sul serio i grandi miti e i grandi eroi che erano la gioia e il tormento delle nuove generazioni. Non ci si rendeva conto , soprattutto dal lato dei docenti, dei presidi e dei genitori, dell’enorme potenziale evocativo, comunicativo ed educativo che tali miti ed tali eroi potevano fornire a una Didattica moderna ed avanzata. Polarizzare e galvanizzare la motivazione, l’interesse e l’attenzione di intere generazioni studentesche intorno a coinvolgenti ed appassionanti mitologie e simbologie , parti integranti e palpitanti della vita relazionale, affettiva e intellettuale dei nostri giovani ed adolescenti, sfuggiva e sfugge a gran parte della nostra classe docente e dirigente. Infatti la mancanza di tale prospettiva comunicativa ed educativa non è solo un problema scolastico ed universitario, ma anche un dramma politico ed istituzionale che, in verità, non pare attraversare solo le nostre logore e vetuste istituzioni nazionali, ma anche quelle europee ed internazionali i cui rappresentanti sono completamente lontani e alieni da ogni comprensione delle problematiche reali che costituiscono il nerbo essenziale dell’immaginario collettivo delle nuove generazioni non solo studentesche.
La nascita di appositi ministeri per la gioventù all’interno dei vari e numerosi governi europei, compreso il nostro, non ha scalfito minimamente il nocciolo della questione adolescenziale e giovanile: i problemi, le ansie e le speranze di giovani e adolescenti europei sono state ridotte a meri interventi di sostegno e sovvenzione materiale a pioggia. In questo modo, se pure si è potuto risolvere qualche situazione urgente ed aberrante, certamente non si è riusciti ad incidere su un disagio adolescenziale e giovanile, che, prima che materiale, a noi sembra esistenziale e relazionale in un senso sociale e politico che a noi sembra andare al di là se non contro, addirittura, le attuali obsolete ,mummificate e musealizzate rappresentanze istituzionali ufficiali. Qualunque giudizio si possa e si debba dare del fatidico e mitico 1968, una cosa è certa al di là delle nostre posizioni politiche : nella Scuola, nell’Università oltre che nella società, ma soprattutto nelle prime due importanti e strategiche istituzioni formative, era sorto e si era sviluppato, anche al di là delle più ottimistiche o pessimistiche previsioni , il Mito e il Rito della Rivoluzione mondiale. Ora raccomando ai miei dieci eventuali lettori di non pensare alla Rivoluzione come a una idea ben precisa e concreta, cosa credo che anche nei suoi più convinti assertori e sostenitori non fosse ben chiara, ma come a un’appassionante e travolgente possibilità neoromantica di forte comunitarismo e di stringente e possente comunicazione identitaria al di là e contro qualsiasi differenziazione sociale, politica, culturale ed educativa. Se l’idea di una Rivoluzione sociale e politica mondiale fu travolta dagli eventi della dura e spigolosa Realtà, non si può negare, però, che in molti Paesi, compresa la Repubblica italiana, una qualche specie di Rivoluzione scolastica e universitaria ci fu e anche profonda nel bene e nel male. Gli studenti americani ed europei non riuscirono ad imporre l’immaginazione al potere, ma certamente riuscirono ad ottenere istituzioni formative molto meno autoritarie e distanti dalle esigenze e dai bisogni educativi degli adolescenti e dei giovani. Fu una grande vittoria di una intera generazione studentesca che trasformò effettivamente il volto della Scuola e dell’Università, scoprendo e consolidando una propria autonoma, fortissima e irripetibile identità, ritrovando se stessa e promuovendo una formidabile e straordinaria mobilità sociale. Oggi nell’avvitamento, nella obsolescenza e fatiscenza della Scuola, dell’Università e della Società, si avverte sempre più l’esigenza pressante, urgente e inderogabile di un’altra prossima e inevitabile Rivoluzione che, se sarà, non potrà che essere diversa dalla precedente e non meno imprevedibile. Noi, forse in modo fallace, ai posteri l’ardua sentenza, vogliamo cogliere e proporre alcuni deboli e possibili segnali della Palingenesi che verrà. Come stregoni , proveremo a suonare e ad ascoltare i tamburi della pioggia. |
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