Eleonora, il cammino della solitudine

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Scrutando in quella profonda oscurità, rimasi a lungo, stupito impaurito
sospettoso, sognando sogni, che nessun mortale mai ha osato sognare;
ma il silenzio rimase intatto, e l'oscurità non diede nessun segno di vita;
e l'unica parola detta colà fu la sussurrata parola «Eleonora!»
Soltanto questo, e nulla più.
(Da: Il corvo, Edgar Allan Poe)

Un uomo che medita la vendetta mantiene le sue ferite sempre sanguinanti. (Bacone)

Eleonora

 

Non ha alcun interesse dire la Verità. Non importa altro se non rappresentare la propria che, seppure possa essere considerata piccola, come tutti siamo, nonché parziale, offre un angolo prospettico alla speculazione di chi vorrà leggere. Forse ascoltare. Dove è la differenza? Inutile perdere tempo nel cercare la risposta: non c’è, se è vero che anche la parole solo lette risuonano e creano la eco nelle profondità della mente.

Da questa passano ad altro: invadono il corpo, travolgendo le ordinarie funzioni di ogni organo. In certi casi vanno a gravare sulla schiena e, così, a capo chino e corpo curvo, non puoi che lasciar deflagrare la eco nelle menti degli altri che sapranno decodificare la tua postura.

È soffrire, autentico e dilagante. È un soffrire che, come certi amori, è più gravoso di quello di ieri e meno devastante di quello di domani. Per certi versi anche questo è amore e, pertanto, anche il camminare in solitudine, con il peso sulla schiena, può lentamente scivolare verso le odi di amore, ma …

Perché si dovrebbe aver timore nell’usare parole chiare, seppure ammantate di profili romanzeschi? D’altronde, si parla di una ricorrenza che ha significati anche truci, fatti di violenza, di mannaie e sibili da brividi. Si parla, peraltro, anche di una Opera che era nella mente di una donna, ma che ancora non è del tutto compiuta.

Ciò implica che il prezzo non è stato ancora del tutto pagato. Ci sarà da soffrire ancora? Forse la risposta è in quella sofferenza, forse è negli ultimi attimi di ELEONORA PIMENTEL FONSECA.

 

Gli ultimi attimi: in realtà Eleonora, seppe che sarebbe morta, per mano di un boia, quando fu letta la sentenza. Era il 17 agosto 1799. L’esecuzione era ravvicinata. Il tempo di pochi battiti di cuore: fissata per il successivo giorno 20. Pochi giorni ancora, dunque, pochi attimi, per permeare il cielo di Napoli con il suo respiro.

Non poteva non sapere che poi ci sarebbe stato il lento ma inesorabile dissolvimento della carne. Non delle idee. Se in pochi sanno di possedere nella propria carne atomi di quella donna, tra questi sono inclusi anche napoletani che ancora la osteggiano e offendono, le sue idee si possono leggere e ancora sperimentare. Per fortuna non manca chi le diffonde instancabilmente.

Tre giorni soltanto, quindi, dalla lettura della sentenza alla sua esecuzione. Quegli attimi lei li visse con consapevolezza e vide, vide davvero tutto.

Quel che sono stata sarò. In questo irrisolvibile problema non conta più il mio residuo presente. Desidero con forza soltanto il dissolvimento delle coltri del tempo che si pretende essere capace di tutto cancellare e addolcire. Se Verità esiste non si dovrà occultarla. Fa nulla che non ci siano più i corpi fisici di chi le ha generate.

Non importa neppure che siano elevati insensati idoli che, seppure dovessero resistere alla quotidiane intemperie, qualcuno prima o poi vorrà abbattere. No! Voglio andarmene con in mente il sapore di miele di questa aria calda e tersa. Voglio andarmene così come sono venuta: sola e nuda.

Voglio andarmene lasciando risuonare nella mente le voci di chi ho amato. Voglio andarmene portando con me la visione dall’alto di questo mare, di questo vulcano, di quel mio lontano Portogallo che porto nella pelle. Voglio portare con me lo sciabordio di queste acque, lo schiaffo dato ai legni delle navi cariche di miei fratelli, le cui idee resteranno carnalmente abbracciate alle mie.

Solo una voce tenta di distogliermi. Lo ha detto. Lo risento. Devo morire. Andare è, dunque, morire.

Un pensiero, questo, che non può sostituirne mille altri che non mi riguardano come entità individuale, che non riguardano solo me. Sento la vicinanza del mio popolo così come sento la prua di una galera che si fa spazio tra l’acqua e l’aria. Altrove legni simili fendono le nebbie e il dramma è tutto intorno.

Qui no, qui le imbarcazioni giocano con l’acqua anche quando ti trattengono illegittimamente, in attesa di portarti a morte. Non vedo sul ponte lugubri monaci. Non  sento voci salmodianti. Non vedo neppure ceri e catafalchi neri. Non vedo la morte. Mi si dice che è in avvicinamento e che dovrò andarle incontro. Copriremo la distanza che ci separa come fossimo state divise solo per qualche attimo. Dovrò scendere da questa nave, camminare, giungere a piazza del Mercato. Lì dovrò abbracciarla. Non fuggirò. Non resisterò. Nessuno dovrà trascinarmi.

Non mi preoccupa nulla. Le Idee vinceranno anche se c’è già chi sta scrivendo: A signora 'onna Lionora/che cantava 'ncopp' 'o triato/mo abballa mmiez' 'o Mercato/Viva 'o papa santo/ch'ha mannato 'e cannuncine/pe' caccià li giacubine/Viva 'a forca 'e Mastu Donato!/Sant'Antonio sia priato.

Sono una donna. Vedranno la mia figura e capiranno che non starò piangendo per la mia sola vita. Se le lacrime mi dovessero rigare il volto, spero che le mie labbra dicano la serenità mai perduta.

Il sinistro momento è giunto. La folla incalzante ha attraversato la città, i prati, i vicoli scostumati, mentre il corteo muoveva passi lenti. Sono già una silhouette effimera. Il mio è un corpo che sta per essere sopraffatto e io lo so. Sento il sangue scorrere nelle vene e non lo fermerei neppure se ne fossi capace.

Voglio gustarmi le sensazioni della solitudine che sento in questa moltitudine. È come se vedessi già tutto dall’alto. È bello. Sarà così anche dopo? Spero di sì. Ciò che sto vivendo non sarà mai vissuto da chi è mosso da avidità sfrenata e voglia di potere. Tra queste esigenze vibra la loro voglia di sangue.

Lo avranno. Il mio lo avranno, ma non arrosserà inutilmente questa terra. Forse laverà i loro simboli esteriori di ricchezza e i simulacri del loro potere becero, ingiustamente detenuto. Le lotte per accaparrarselo finiranno. Potenti cunei si sono insinuati nei gangli della società che hanno voluto. Non resisterà. Il crollo non sarà indolore, pagheranno il prezzo delle loro colpe. La pietra angolare del loro potere si sfalderà anche grazie ai colpi dell’arte.

Occhi si apriranno e capiranno guardando sculture e quadri, sentendo canzoni, aprendo le orecchie ai racconti. Dovrebbero solo riuscire a fermare il Tempo. Non gli sarà possibile, come non lo è per me che adesso vedo il patibolo. Morte, morte, gridano in tanti. Altri scuotono la testa. Piangono. Tendaggi inutili dappertutto non freneranno la vista dell’orrore. Voci ulteriori, salmodianti, stavolta, si aggiungono: Miseri peccatori, pentitevi! Non so a chi si riferiscano.

Passi lenti disegnano geometrie che non riesco a mettere a fuoco. Forse piango? Sorrido, certamente. La luce si fa spazio tra le poche nubi. I raggi solari le gonfiano e le dissolvono. Vibrante, la stessa luce sfiora i volti. Tutto è più bello. Anche i volti grifagni di chi mi vuole morta.

Qualcuno fa oscillare incensieri. Forse è già il mio funerale? E il mio corpo dove andrà? Ci verrà qualcuno a declamare parole vere, sincere? Spero che accada e che succeda dappertutto anche quel che adesso vedo:  La guerra civile è esplosa. Le immagini si confondono con vicende del passato. Vedo statue ridotte in frantumi. Porte di edifici abbattute. Nella mia mente adesso non c’è più la barriera del tempo. Forse per questo vedo quadri di altre epoche e di altri significati, lontani da quelli per i quali ho combattuto. Sono buttati nelle acque di fiumi e mari. Il passato si allontana.

Io spiro.

 

 

 

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