Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Nel mondo tecnologico risuona il cuore della voce

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Scatto di Alessia e Michela Orlando, progetto AMO.La bellissima poesia Remember, di Christina Georgina Rossetti, segnalata e tradotta per l’Italiano da Dida Paggi, è stata al centro di un gioco nelle pagine di Pragmata Edizioni, ideato da Monica Palozzi, la quale coordina l’associazione romana, che si occupa soprattutto di diffondere la passione per la lettura.

Tante le traduzioni giunte da varie zone del mondo, anche in vernacolo. Se ne trova tracce in questa pagina:

Accedendo alla pagina segnalata si potrà analizzare il serrato ed entusiastico dibattito, ma anche leggere la versione in Siciliano e quella in Romanesco di un anonimo.

Si tratta di diverse declinazioni dovute agli studi effettuati, ai ricordi, alla individuale capacità di cogliere il senso poetico delle parole.

La versione in Napoletano è stata realizzata da Antonella Orefice (Direttore Responsabile di Il Nuovo Monitore Napoletano), che l’ha anche registrata e la si può ascoltare su You Tube.

Per uno strano gioco del destino, quasi a voler raccontare la forza caratterizzante del Napoletano, che fu in lotta con il Toscano per assurgere al ruolo di Lingua comune degli italiani, chi l’ha pubblicata, l’attribuisce alla stessa Antonella Orefice che, invece, ha segnalato la errata attribuzione.

 

Quindi: meriti a Christina Georgina Rossetti che seppe trovare quelle parole per parlarci ancora dopo tanto tempo; meriti a Dida Paggi per averla segnalata e tradotta; meriti a chi ha sbagliato l’attribuzione che ci consente, così, di tornare sul tema e riproporre sia la poesia che la voce di Antonella Orefice.

Abbiamo scritto a Antonella Orefice per farle sapere quale fosse la nostra intenzione. Parlare della sua voce ci pareva una intromissione eccessiva nella sua vita, nel suo corpo e finanche nell’anima. Perché? Perché abbiamo letto più volte "L’arte di ascoltare" (De recta ratione audiendi) di Plutarco di Cheronea.

Sappiamo quanto l’ascoltare e, quindi, la voce, possano essere rilevanti nella vita di ognuno. Ciò ci consente di dire la nostra verità, ma anche di stravolgere l’articolo, partendo proprio dalla mail speditale:

«Confessiamo: troviamo dello straordinario in quel che tu fai, ma anche nella tua passionalità, di cui non abbiamo prove oltre qualche immagine e la voce che attinge a livelli profondi (la voce è importante, ne riparleremo: stiamo scrivendo un articolo sulla tua voce. Ti anticipiamo: C’è, non è solo una traccia, la eco di retaggi epici … ) ».

La rilettura non tanto delle parole, bensì delle nostre intenzioni, ci frena. È una specie di promessa, inizialmente silenziosa e poi espressa, che abbiamo fatto a Dida Paggi, colei che ha dato la stura a tanto impegno, da parte di molte persone, inducendo Antonella Orefice a regalarci i suoi accenti, cioè la sua anima poetica.

La prudenza che dovremmo usare non può trasformarsi in un filtro che riduca il piacere di ascoltare quella voce. C’è il miele di montagna, il più raro.

La dolcezza di Antonella Orefice, che ci pare di cogliere appena inizia a vibrare, è minaccia sensuale, avvolgente e, proiettata nell’arido mondo tecnologico, fatto di echi metallici, riconduce alle radici africane.

È come se l’intera e varia umanità che ha prodotto la napoletanità, adesso si mettesse davanti a noi, davanti a chiunque l’ascolti, per darsi e interpellarci.

Ciò ci mette in seria difficoltà giacché, pur essendo campane anche di origini, la nostra cultura non è permeata da quella napoletana.

Siamo una nullità, ma consapevoli. Non supereremmo mai un esame che ruotasse attorno a quel mondo così complesso e ricco.

Così, noi, come tutti quelli disabituati a sentire la eco di rumori sacri, simbolicamente legati al quotidiano vivere alto e profondo di coloro che la cultura sanno padroneggiarla davvero, ci approssimiamo al limite della bellezza sopportabile.

Al di là c’è il gorgo del vuoto interstellare; al di qua c’è l’ancora che ti può tuttora radicare alla carne, alla voglia di vivere qui e ora.

Le parole di Christina Georgina Rossetti, così come trascinate elegantemente in un Italiano poetico ineccepibile da Dida Paggi, vengono impugnate da Antonella Orefice e rivestite da una patina dorata, dolce e violenta allo stesso tempo: è la passionalità napoletana fatta di tragedia, di sensazioni estreme, cui lei aggiunge la propria identità di storica sensibile e scrupolosa.

Siamo riconoscenti a Antonella Orefice, così come saremmo riconoscenti a Plutarco se, coinvolte in un salto indietro nel tempo, potessimo osservarlo mentre scrive:

«L’antico Biante, quando Amasi gli chiese di inviargli la porzione di vittima sacrificale che a suo giudizio fosse migliore e al tempo stesso peggiore, ne recise la lingua e gliela mandò, intendendo dire che nella parola sono insiti i danni e i vantaggi più grandi.

La maggior parte delle persone, quando bacia teneramente i propri piccoli, ne prende le orecchie tra le mani e li invita a fare altrettanto, con scherzosa allusione al fatto che essi devono amare soprattutto chi fa loro del bene attraverso le orecchie.

È evidente che un giovane che fosse tenuto lontano da qualunque occasione di ascolto e non assaporasse nessuna parola, non solo rimarrebbe completamente sterile e non potrebbe germogliare verso la virtù, ma rischierebbe anche di essere traviato verso il vizio, facendo proliferare molte piante selvatiche dalla sua anima, quasi fosse un terreno non smosso ed incolto.

Le pulsioni verso il piacere e le diffidenze verso la fatica sono sorgenti per così dire native, e non esterne o fatte affluire in noi dalle parole, di infinite passioni e malattie, e se sono lasciate libere di riversarsi dove natura le guida e non si provvede a frenarle con buoni ragionamenti, bloccandone o deviandone il naturale fluire, non c’è belva che non possa apparire più mansueta di un uomo.»

Pertanto, con la sensazione di essere state ammansite dalle parole di Christina Georgina Rossetti, cos' come tradotte in italiano da Dida Paggi, nonchè dalla voce di Antonella Orefice, le riscoltiamo, certe che di fronte al loro fare cultura noi dobbiamo solo leggere ed ascoltare.

 

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