Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Emozioni di lettura del libro "Mariano D'Ayala ed il Pantheon dei Martiri del 1799 "a cura di Antonella Orefice

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Il volume “Mariano D’Ayala, Il Pantheon dei Martiri del 1799 " a cura di Antonella Orefice, con la prefazione di Henry John Woodcock, (Istituto Italiano per gli Studi Filosofici Press, Napoli, maggio 2012, pp. 201) è un  libro memorabile dal punto di vista editoriale e scientifico, trattandosi dell’edizione filologica, criticamente inquadrata, di un manoscritto ritenuto introvabile e che la rara passione storica di Antonella Orefice é riuscita a scoprire tra le carte in riordino di uno degli studiosi più religiosamente devoti del Risorgimento meridionale e italiano: Mariano D’Ayala, messinese di nascita, ma napoletano d’adozione fino alla morte con Cappella monumentale al Cimitero di Poggioreale del Comune di Napoli per le sue benemerenze patriottiche e intellettuali (monumento oggi in  scandaloso abbandono, come denuncia Antonella a pagina 7).

La elegante, suggestiva copertina a colori di MariaSole Fanuzzi ti comunica visivamente la preziosità del libro, l’orizzonte glorioso e insieme drammatico, mitico-epico, nel quale intende collocarsi e collocare i Martiri del 1799.

Il libro è stato inserito dall’Istituto (che presenta il senso della sua recentissima attività editoriale accanto a quella storica, notissima, a Palazzo Serra di Cassano e altrove, a pagina IV) come numero 11 di una delle collane più importanti del suo catalogo “Momenti della storia di Napoli e del Mezzogiorno d’Italia’.

 

Sei accompagnato ad una lettura ordinata e profonda dalle indicazioni essenziali già nella retro- copertina date da Riccardo Limongi, ma sopratutto dalla ‘Prefazione’ del noto giudice  Woodcock e dalla ‘Nota introduttiva’ della prof.ssa Renata De Lorenzo.

Il primo, di padre e quindi di cognome inglesi, ma di madre e di formazione partenopei, è stato coinvolto quindi come napoletano legatissimo alle memorie nobili della città, come quelle del 1799. Egli è stato scosso dall’impegno intellettuale e civile della Orefice e dal testo di D’Ayala, i quali,   onorando tanti Martiri che non erano napoletani, ma ‘stranieri’, sono diventati ‘pilastri etici’ della città e della sua memoria, come lo sono anche nel quotidiano di Napoli e d’Italia tanti’stranieri’, che lavorano quotidianamente nella serietà, nella dignità, nell’amore verso la nuova Patria.

 

La seconda, dopo aver sottolineato la “costante passione per i momenti e gli uomini significativi della storia di Napoli e del Mezzogiorno” (p. VII) della Orefie, richiama l’importanza della ripresa di memoria su una figura di studioso e di patriota risorgimentale così importante come Mariano D’Ayala, la cui passione si trasferì nel figlio Michelangelo, che ha donato alla Società Napoletana di Storia Patria (di cui la De Lorenzo è la Presidente) le carte di famiglia, che costituiscono un fondo preziosissimo, ancora in riordino, all’interno del quale, con fiuto e pazienza di vera ricercatrice, Antonella Orefice ha scovato il prezioso manoscritto del ‘Pantheon’, difendendone l’autenticità contro le insinuazioni del segretario dell’Accademia Pontaniana di fine Ottocento, Alberto Agresti, il cui manoscritto è in realtà una copia di quello di D’Ayala.

 

Segue il saggio centrale del libro, con l’inquadramento sapiente della Orefice sulla figura di Mariano D’Ayala , con precise note biografiche dalla sua nascita a Messina il 14 giugno 1808, di antica famiglia spagnola, di tradizioni militari e cattolicissima (tanto che Mariano rischiò la vita monastica), alla venuta a Napoli (che diverrà la sua vera città) presso la Nunziatella nel 1819, di cui da studente divenne anche docente (ed ebbe tra gli allievi anche Cosenz e Pisacane), restando nella memoria dell’importante istituzione militare napoletana come una delle figure più di rilievo fino ad oggi.

 

Ma i sentimenti liberali erano fortissimi in lui e nella sua giovane moglie Giulia Costa, figlia di un generale destituito e incarcerato dai Borboni per le sue idee politiche. Anche Mariano conobbe quindi la persecuzione borbonica, la destituzione dalla Nunziatella, le difficolta e gli stenti.

 

Coi moti del 1848, ai quali partecipò con entusiasmo, D’Ayala fu nominato Intendente della Provincia dell’Aquila; ma dovette rifugiarsi in Toscana, quando la fedifraga dinastia borbonica pose fine al regime costituzionale. Passò in Piemonte nel 1852, fondando la ‘Rivista Militare’. Fu anche direttore di biblioteca a Genova e poi professore di arte militare a Firenze.

 

Tornato a Napoli nel 1860 fu Comandante della Guardia Nazionale della Città, che lo individuò come suo sensibile, disinteressato, operoso difensore, tanto che fu consigliere comunale, vice-sindaco, deputato, senatore. Morì l 26 marzo 1877 e il Comune di Napoli, oltre ad avergli intitolato una via, gli eresse, come si è detto, un monumento funebre nel recinto degli Uomini Illustri del Cimitero di Poggioreale.

 

Disse Camillo Minieri Riccio nel suo ricordo nell’Archivio Storico per le Province Napoletane, organo della citata Società Napoletana di Storia Patria, del 1878 “La sua onestà e la onoranda miseria, in cui visse e morì, ed il suo amore disinteressato e spassionato per l’Italia resteranno ad imperitura glora; pochissimi potranno uguagliarlo, nessuno superarlo.” (citato dalla Orefice a pagina  5).

 

A partire dal 1834 e fino alla morte D’Ayala fu scrittore operoso, concentrato anzitutto a indagare con rigore, ridestare con commossa partecipazione, a rinnovare costantemente nella memoria collettiva gli “Italiani benemeriti della Libertà e della Patria’ (titolo di una sua memorabile opera del 1868, uscita a Firenze, che si lega ad un altro edito a Torino nel 1854 ’Pantheon dei Martiri della Libertà italiana), in particolare quindi i Martiri, più in particolare i Martiri del 1799 (dedicando studi specifici a figure come Domenico Cirillo, Vincenzo Russo).

 

Perciò egli è carissimo alla Orefice, che si colloca sul piano degli studi e della fedeltà etico-civile  in quel solco.

 

Il saggio della Orefice, che costituisce il cuore critico del libro, si distende quindi in modo analitico sulla personalità del D’Ayala, sulla sua natura di “ribelle ad ogni tirannia”, politica e religiosa, che diceva a conforto di coscienza morale e di verità “La memoria dei benemeriti sarà il paradiso meritato e l’oblio de’tristi e della gente che non fu mai viva sarà il paradiso perduto.” (citato dalla Orefice in pieno consenso a pagina 12).

 

Egli fu una delle penne e delle spade più importanti del Risorgimento Italiano, evento fondante dell’identità italiana dal punto di vista civile e politico, di cui l’Orefice coglie l’anima profonda, complessa, poliedrica, non racchiudibile nella sola componente moderata, monarchica-costituzionale vincente storicamente nell’Ottocento, ma presente anzitutto in quella repubblicana liberaldemocratica, carica di futuro ( e vincente nel Novecento col referendum del 1946), di cui l’esperienza napoletana del 1799 fu la più ricca in tutti i sensi, intellettuale, di azione, di sacrificio.

 

Perciò ogni reliquia nuova che serve ad illuminare quella esperienza fondamentale è per la Orefice una conquista preziosa, per la quale spende con generosità commovente e indimenticabile energie, giorni e notti e mezzi, con gratitudine di tutti quelli che a quella esperienza sono egualmente devoti.

 

Perciò il ritrovamento del ‘Pantheon’ ha costituito per la Orefice una esperienza così coinvolgente, pur così difficile, come emerge dalla lettura attenta del libro.

 

Ma il fascino della scoperta e della edizione del ‘Pantheon’ non è solo intellettuale, è anche civile e religioso, in senso alto, profondo, commovente. Quel documento così originale si colloca in una luce arcobalenata di ‘Nobile Religione dell’Umanità’, di cui i Martiri e i Protagonisti della Repubblica Liberaldemocratica Napoletana del 1799 sono  'Santi'  che la incarnano, da richiamare e onorare per la testimonianza che essi hanno dato fino al martirio (come tanti santi onorati dalle religioni storiche) dei valori più alti della storia dell’umanità, segnalati dai versi memorabili  della grande letteratura greco-latina, una delle più alte nella storia universale.

 

I nostri ‘Santi Umani’ sono giustamente collocati in uno spazio solenne, religioso, giacchè al di là della scandalosa collocazione storica ad opera di infami borbonici, napoleonici, monarchici, fascisti, democristiani, socialcomunisti, cosiddetti ‘laici, qualunquisti, clericali, nel fango del pronao della chiesa del Carmine fino ad oggi, essi sono eternamente assunti e collocati lassù nel ‘Pantheon dell'Umanità’, avendola testimoniata nei suoi valori più alti fino al martirio, come e più dei santi delle tradizioni religiose storiche.

 

Come dice il manoscritto ”sull’antica Mole Ercolanese che si trovava sulla costa vicina al Vesuvio, si allestiva il Pantheon per i cittadini più illustri e lì si erigevano le loro Apoteosi e i loro Cenotafi” (p.66).

 

L’auspicio segreto di Antonella e di tutti noi è che un Pantheon del genere si innalzi a Napoli prima o poi.

 

Il manoscritto inedito denominato dal D’Ayala ‘Pantheon dei Martiri del 1799’ (mentre sul testo è scritto ‘Apoteosi  dei Patrioti’), prodotto alla fine del 1799, di autore ancora ignoto (anche se alcuni parlano dell’abate calabrese Antonio Jerocades), si compone di 57 fogli scritti in lingua latina e greca.

 

Segue la ‘Perizia grafologica sui frontespizi del  Pantheon di Mariano D’Ayala ed Alberto Agresti’ del dott. Alberto Mario D’Alessandro, esperto di Grafologia Criminale, che conclude con la riconosciuta autenticità del manoscritto del D’Ayala e la dipendenza come copia di quello dell’Agresti.

 

Si distende da pagina 54 a pagina 175 il prezioso manoscritto inedito, con la riproduzione a destra dell’originale, con la traduzione integrale e le note curate dal preciso e rigoroso dott. Antonio Salvatore Romano, giovane studioso napoletano che, al dottorato di ricerca in storia, ha abbinato il perfezionamento in paleografia, diplomatica e archivistica presso la Scuola Vaticana di Roma e l’Archivio di Stato di Napoli.

 

Il libro anche per questi aspetti si configura come opera di alto e rigoroso valore scientifico.

 

La traduzione ha richiesto competenza e sensibilità e ne vengono profonde emozione nel leggere i versi sui nostri grandi Patrioti. Si comincia da Orazio “Dopo imprese straordinarie, furono accolti nei templi degli Dei” (p.58), per continuare con la descrizione dell’Apoteosi, con la mole quadrata di marmo posta al centro, al posto dell’altare, e i richiami della Libertà e dell’Uguaglianza, dalle quali germogliano Virtù, Pace, Amicizia, “E’ bello primeggiare tra uomini illustri/ prendersi cura della Patria, consolare gli afflitti/ astenersi dagli assassini, dare tempo per far passare l’ira/ dare la quiete al mondo e la pace al proprio tempo/. Questa è la somma virtù, questa è la via che porta al Cielo.”(Pseudo-Seneca, riportato a pagina 76).

 

Si passa ai Cenotafi, contenuti nel muro e disposti tutti attorno ”Ogni eroe defunto ha inciso sul sarcofago il proprio nome, un epiteto e un elogio conciso tratto dai più illustri poeti greci e latini.”(p.78).

 

Si comincia dal martire del 1794 Vincenzo Galiani, che incarnò la ‘Verità’, primo fondamentale valore da coltivare e testimoniare, per continuare con tanti altri, tra i quali il vescovo martire Michele Natale che ha incarnato la sua vera ‘religione’ (cioè il Cattolicesimo conciliato con la Repubblica, con la Libertà, con la Democrazia), alla nostra cara Eleonora “Lieta dono il mio corpo per la mia Patria.”(p.100), a Ettore Carafa, collegato con l’Ettore omerico, a Francesco Conforti, avvicinato a Platone, “Portando questa schiera di cittadini dalla mancanza di senno verso l’illuminazione” (verso di Pindaro, p.170).

 

Chiudono il libro le note biografiche del Patrioti citati nel ‘Pantheon’ (pp.177-186) ed  una utile presentazione degli autori di questa impresa collettiva non facile, ma difficile e complessa, con un rilievo particolare dell'autrice, della promotrice di questa impresa editoriale e intellettuale, la nostra cara direttrice Antonella, che aggiunge un’altra perla scientifica al suo prezioso lavoro di ricerca, sempre capace di arricchire di luce nuova la vicenda storica della nostra cara Repubblica Liberaldemocratica Napoletana del 1799  durata pochi mesi, ma, come poche altre nella storia universale, sempre carica di futuro, quindi capace di alimento etico-politico e civile per il presente e le future generazioni.

 

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