Amelia Pincherle Rosselli (Venezia, 1870-Firenze, 1954)

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Nacque a Venezia il 16 gennaio 1870 da un uomo d’affari, Giacomo, e da Emilia Capon, ebrei. Il padre era rimasto orfano in tenera età ed era stato adottato da uno zio Moravia, che gli diede così il secondo cognome.

La famiglia aveva tradizioni risorgimentali: un prozio Leone Pincherle era stato ministro nel governo provvisorio di Daniele Manin, al tempo della Repubblica Veneta del 1848-1849, e il padre aveva difeso la città contro l’assedio degli austriaci.

Amelia era l’ultima di cinque figli: Elena, Gabriele, nato nel 1851 (che fu giurista ammirato, collaboratore di Giuseppe Zanardelli nella riforma del codice penale, presidente di sezione del Consiglio di Stato, senatore del Regno dal 1913), Anna, Carlo, nato nel 1863, ingegnere e architetto a Roma, padre di Alberto Moravia. Abitavano sul Canal Grande.

Studiò all’Istituto Superiore Femminile. Dopo la morte del padre, Amelia e la  madre  raggiunsero a Roma Gabriele (all’epoca segretario al Ministero di Grazia e Giustizia) e Carlo, abitando in via Nazionale.

A diciannove anni incontrò Giuseppe Emanuele Rosselli. Giuseppe, che nel nome richiamava Mazzini (morto nel 1872 a Pisa in casa Rosselli), era nato a Firenze nel 1867 da famiglia ebraica di origine livornese, laureato in giurisprudenza e musicologo, nipote per parte di madre di Ernesto Nathan, il grande sindaco di Roma.

 

Si sposarono nel 1892 nella sinagoga di Roma.

Poiché Giuseppe voleva perfezionarsi negli studi di composizione musicale a Vienna, si trasferirono nella capitale austriaca, restandovi quattro anni. Lì nacque il 21 luglio 1895 il primogenito Aldo.

Tornati a Roma, Amelia pubblicò il suo primo lavoro teatrale Anima, rappresentato per la prima volta a Torino il 29 ottobre 1898, che ebbe un successo in tutta Italia, criticando il perbenismo della società di fine secolo e i tabù borghesi.

La critica accostò Amelia alle maggiori drammaturghe europee del tempo, la svedese Anne Charlotte Leffler Edgren e la tedesca Elsa Bernstein.

Nel 1899 e nel 1900 nacquero sempre a Roma Carlo e Nello.

Pur dopo la nascita dei due figli, Amelia scrisse ancora una seconda opera Illusione, di impronta ibseniana, rappresentata il 26 gennaio 1901 al teatro ’Carignano’ di Torino.

Separatasi legalmente dal marito (pur mantenendo rapporti di vicinanza e di assistenza, quando Giuseppe si ammalò e morì poi nel 1911), si trasferì nel 1903 con i tre figli a Firenze, vicina agli zii Pellegrino Rosselli e Janet Nathan e a parenti per parte di madre come Giulio Zabban e la moglie Ester Giorgina, che furono carissimi ad Amelia ed ai figli.

Nel salotto di casa Rosselli si potevano trovare varie personalità,  scrittori e pittori, come Eleonora Duse, Ada Negri, Benedetto Croce, Gaetano Salvemini.

Nel 1903 pubblicò una raccolta di novelle Gente oscura, che ricevette il plauso della critica.

Collaborò al ’Marzocco’, punto di riferimento dell’intellettualità ebraica, scrisse recensioni per la rivista della marchesa Maria Bianca Viviani della Robbia ”Società degli Amici del Libro”, fu vice-presidente del circolo culturale”Lyceum”.

L’editore Le Monnier le affidò la direzione della collana”Biblioteca delle Giovani Italiane”.

Nel 1905 diede alle stampe un libro di racconti fantasiosi per ragazzi Topinino, nel 1909 un secondo Topinino garzone di bottega.

Padrona della parlata veneziana, scrisse in dialetto tre commedie di grande successo, recitate dal famoso attore Ferruccio Benini: El refolo, rappresentata al “Quirino” di Roma il 26 gennaio 1909 (poi tradotto in francese e rappresentato all’Odeon di Parigi), El socio del papà, rappresentata il 7 febbraio 1911 al teatro ’Goldoni’ di Venezia, San Marco del 1913, rappresentata al teatro ’Manzoni di Milano. Una quarta opera teatrale fu composta nel dopoguerra, ma non fu mai rappresentata Emma Liona, sulla storia di Lady Hamilton, la compagna di Orazio Nelson, che ebbe un ruolo primario nella sanguinosa repressione della Repubblica Napoletana del 1799.

Aldo, Carlo e Nello erano indicati come i figli dell’autrice di Anima, ricevevano luce di notorietà dalla madre, che aveva un rilievo letterario italiano ed europeo.

Già a Roma si era battuta per i diritti delle domestiche, onde garantire loro una forma di previdenza, e per accrescere la formazione professionale nel mondo femminile.

Allo scoppio della prima guerra mondiale, con spirito risorgimentale, di vibrante italianità, tutti i membri della Famiglia Rosselli (“ebrei, ma prima di tutto italiani”) furono  interventisti, per liberare il Trentino, la Venezia Giulia,  ancora sotto il dominio austriaco.

Aldo, ufficiale di fanteria, morì in prima linea nel 1916 a 21 anni, meritando una medaglia d'argento (era stata proposta quella d'oro), Carlo fu chiamato a 17 anni sotto le armi, uno dei ’ragazzi del 1899’ e, da ufficiale degli alpini, fece il suo dovere per 31 mesi; anche Nello fece il suo dovere come ufficiale di fanteria.

Nel dopoguerra Amelia scrisse la sua ultima opera, prima degli anni drammatici del fascismo, dell’assassinio dei figli, dell’esilio, del ritorno: Figli minori, del 1921.

Fu vicina ai figli, alle nuore, ai nipoti, trepidando in modo intenso, mai contrastando le scelte politiche di Carlo e Nello, che sentiva provenire dal fondo della loro coscienza morale e della loro intensa vita intellettuale, costituendo quasi la loro solida retroguardia nelle lotte che portavano avanti per quell’Italia libera, democratica, socialista, europea, che era stata e rimarrà la loro stella polare, che spiega l’immediata, istintiva lotta contro il fascismo, che quell’Italia offendeva e tradiva.

Dopo l’assassinio dei due figli amatissimi nel 1937 in Francia presso la stazione termale di Bagnoles de l’Orne, in Normandia, per opera dell’associazione terroristica ‘La Cagoule’, su mandato del fascismo italiano,  con la nuora Maria portò via i nipoti prima in Svizzera, vicino anche agli amici Ferrero,  poi in Inghilterra, poi, a fine agosto 1940, in America, quando, per la seconda guerra mondiale, era diventato pericoloso vivere in Europa, specialmente poi per degli ebrei, stabilendosi in un sobborgo vicino a New York.

Ritornò in Italia a Firenze nel luglio 1946.

Si aspettava un’altra Italia, fu delusa: molto del fascismo era e fu mantenuto anche dopo la disfatta.

Impegnò tutte le energie per difendere e promuovere la memoria dei figli.

E’ morta il 24 dicembre 1954 a Firenze ed è sepolta nel cimitero ebraico di Roma.

La nipote Amelia, figlia di Carlo, alla quale era legatissima, è stata una delle più grandi poetesse italiane del Novecento.

Le sue preziose Memorie sono state pubblicate a cura della prof.ssa Marina Calloni presso la casa editrice ‘Il Mulino’ di Bologna nel 2001.

Recentemente i “Quaderni del Circolo Rosselli” (diretti da Valdo Spini, una delle espressioni della preziosa, lodevole ‘Fondazione Circolo Fratelli Rosselli’ di Firenze), Alinea Editrice, Firenze, hanno dedicato il primo numero del 2012 proprio ad Amelia Picherle Rosselli, curato da Giovanna Amato, giovane studiosa napoletana, con scritti di Marina Calloni e Biancamaria Frabotta.

Esso è stato presentato il 2 maggio all’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli e il 16 maggio alla Casa della Memoria e della Storia di Roma.

Amelia Picherle Rosselli, con tanti altri e altre,  appartiene a quella Italia nobile, che è sistematicamente, costantemente rimossa e ignorata dall’Italia incolta, stordita e distratta per l’opera scientifica e machiavellica dei soliti noti (con varie maschere e collocati nei posti più imprevedibili) di origine intellettuale, mediatica, clericale, politica.

 

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