Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

"Moby Prince" la strage nella nebbia

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“Le menzogne o le mezze verità non possono farla franca di fronte alla morte di 140 persone: le menzogne si, come quelle della nebbia che la notte della tragedia come un fantasma aleggiava guarda caso solo intorno alla Moby Prince, è vero la nebbia c’era ma non una nebbia climatica ma una nube di malaffare, di navi militarizzate, una nebbia di bugie che continua ancora oggi ad infiltrarsi subdolamente nel nostro cammino, dato che la giustizia a cui ci siamo rivolti nel nostro vano iter giudiziario ma soprattutto gli uomini a cui ci siamo rivolti hanno la nebbia negli occhi nel cuore e sulla coscienza e quindi non possono vedere limpidamente le colpevolezze di chi ancora oggi tace la verità. E’ incredibile sapere che ci sono ancora tanti, troppi, lati oscuri in questo drammatico incidente e che le sporche politiche d’interesse riescano ad occultare la realtà dei fatti”.

Queste le parole di Sara Baffa, la figlia orfana di Nicodemo, il caporale di macchina della nave traghetto Moby Prince che, il 10 aprile del 1991, entrò in collisione con la nave petroliera Agip Abruzzo nella rada di Livorno.

Morirono 140 persone, un solo superstite“tanti si potevano salvare dall’inferno della MobyPrince. Ho visto morire tanta gente e poteva essere salvata. L’orrore di quella sera miaccompagnerà per tutta la vita”. Scrive ’Il Fatto Quotidiano“il processo di primo grado – presidente del collegio il giudice Germano Lamberti, che anni dopo finirà agli arresti per corruzione in atti giudiziari (nella stessa vicenda entrò con l’accusa di favoreggiamento l’ex ministro Altero Matteoli), successivamente condannato e congedato dalla magistratura – si concluse senza risposta alcuna. O, meglio, una risposta ci fu: il fatto non sussiste.

Abbiamo contattato Sara Baffa per ricordare insieme a lei quel momento e per ricominciare a parlare di una tragedia dimenticata da tutti. Facevo la 4° ginnasio – racconta Sara – quella mattina ci svegliammo e presto chiamò mio cognato dicendo che aveva sentito in televisione questa notizia.

Inizialmente era tutto un po’ sfocato, perché il nome di mio padre non risultava nell’elenco delle persone trovate o meglio risultava nell’elenco delle persone scomparse ma con un cognome diverso. Per tanti giorni si è pensato che non fosse lui, ma dato che mio padre aveva un nome particolare era difficile che ce ne fossero due con lo stesso nome. Dopo quel ricordo, il buio”.

 

Oggi, dopo tanti anni, che effetto fa ricordare il 10 aprile?

Terribile, la mancanza di mio padre, è ovvio c’è e ci sarà sempre. La vicinanza del 10 aprile mi porta ad andare fuori di testa, nel senso che non so cosa vorrei fare prima, chi contattare prima. Quest’anno ho avuto l’idea di una commissione parlamentare. Quando si torna a Livorno si è un po’ inermi di fronte a tutto: l’unico punto di forza è che si rincontrano gli altri parenti, si trova il loro conforto e si tenta di parlare per vedere quali possono essere le evoluzioni.

Lei parla di una questione “troppo scomoda” e chiede “come mai su questa vicenda sia calato il buio mediatico ed anche quello dell’ingiustizia”. Perché usa questi termini?

Penso che si sia voluto insabbiare una vicenda scomoda per tanti fronti, sia a livello politico che della Procura, della magistratura. La maggior parte dei giornali che ricevono queste informazioni o le passano a trafiletto oppure rispondono ‘picche’. Ho contattato anche politici e altre persone che si sono dimostrate molto restie nei confronti di questa vicenda.

Come spiega questo comportamento?

Secondo me non c’è la volontà di arrivare fino in fondo.

Anche di fronte alla morte di 140 persone?

Purtroppo soprattutto di fronte a questo. E’ vero che non ci sono grosse novità processuali, però si è chiusa l’inchiesta bis qualche anno fa con quattro parole. La Procura di Livorno si è mostrata sempre molto poco propensa ad andare fino in fondo: sono cambiati i giudici, sono stati inquisiti per altre cose e poi tutto è calato nel buio. Secondo me non c’è una volontà seria di scoprire la verità. Non penso ci sia una sola causa dell’incidente, ci sono diverse concause: il rallentamento dei soccorsi, la nave in alcuni punti non era ’impeccabile’. Ma anche la stessa città di Livorno non parla volentieri di questi fatti. Quanta gente sa che quella notte dalla Capitaneria di Porto i soccorsi non sono partiti?

Nube di malaffare”, “navi militarizzate”, “menzogne”, “nebbia di bugie”: questi sono i termini che lei ha utilizzato. Ma che idea si è fatta, di preciso?

Alcune volte quando si parla di questa vicenda si dice: ‘non creiamo fantasmi, non creiamo scenari di guerra’. Invece io penso che sia proprio quello. Bisogna calarsi, innanzitutto, nella dimensione che siamo in piena guerra del Golfo. La base di Camp Darby di Pisa è una delle basi americane più grandi, che fino a 10anni fa funzionava attivamente. Ci sono navi in radar che non vengono riconosciute quella notte. Ci sono navi in radar che dichiarano di avere un nome, ma questo nome poi non esiste. Non penso che sia molto sbagliato incanalarsi verso una storia tipo Ilaria Alpi. Ovviamente c’era qualcosa quella notte.

Cosa?

Dirti del traffico d’armi, chi lo faceva, quando lo faceva o a che ora non lo so.

Lei cosa pensa di quella notte?

Che li abbiano lasciati morire volontariamente, perché avevano visto qualcosa che probabilmente non avrebbero dovuto riferire.

L’unico superstite ha affermato: “ho visto morire tanta gente e poteva essere salvata”.

E’ così, ha ragione. La vita a bordo è continuata, c’erano degli orologi che non si sono fermati subito, sono stati trovati dei corpi non carbonizzati. Credo che non abbiano atto niente mentre avrebbero potuto fare tanto. Non dico salvarli tutti…

Il possibile per salvare più vite umane…

La prima persona che è salita sulla nave lo ha fatto senza una tuta ignifuga. Questo significa che la temperatura non era così alta, che si poteva intervenire. Sulla Moby Prince hanno iniziato a gettare acqua il 15 aprile.

E cinque giorni dopo…

Sono state fatte delle manomissioni a bordo: che interesse c’era di spostare il timone? Se era stato semplicemente un incidente perché occuparsi di insabbiare tutto già dall’inizio? Perché la nave è stata affondata in Turchia e non hanno pensato di rifare una perizia? Non c’è stata la volontà contraria da parte di nessuno. La Moby Prince è una strage a tutti gli effetti, 140 morti e nessun colpevole.

Esiste l’Associazione ‘10Aprile’, composta dai familiari delle vittime del Moby Prince. Per continuare a cercare la verità?

Si, assolutamente si.

Siete stanchi di questa situazione?

Molto stanchi. Ogni anno a Livorno siamo sempre di meno. Ma non è così facile arrendersi, non è facile. Uno si arrende di fronte a una verità evidente, così sono nel limbo: non so perché mio padre è morto. Non ho visto il corpo di mio padre, non ho visto la bara di mio padre. Non so come è morto mio padre.


 

[DA L’Indro.it di lunedì 16 Aprile 2012, ore 19:37]

 

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