Quello che non c’è nei libri di storia (3)

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Il sistema commerciale bizantino

Quali sono le caratteristiche della politica economica e non solo economica dell’Impero bizantino nel mondo mediterraneo e orientale? Qui ancora una volta i nostri manuali di storia, come le fonti occidentali medioevali e la “vulgata” imperante forniscono un’immagine distorta e fuorviante: semplicemente i Bizantini non esistono come “produttori” di politica e storia nel Mediterraneo. La realtà storica dell’indagine scientifica più recente è del tutto diversa se non opposta a tale vulgata.


L’attività produttiva e commerciale per una politica di prestigio


Abbiamo già visto i Romani d’Oriente costituirsi un solido apparato produttivo e militare  all’ombra del quale i commerci bizantini prosperarono con relativa facilità nel Mediterraneo. All’espansione non solo commerciale di Bisanzio nel Mediterraneo contribuirono anche l’abile e spregiudicata diplomazia e gli stessi monaci. Là dove gli eserciti, la flotta e il commercio non riuscivano nel loro compito “avvolgente”, ci pensavano gli agenti ufficiali e segreti della diplomazia affiancati da quegli altri “agenti” culturali e religiosi che erano i monaci. Tutta l’attività economica dell’Impero bizantino, ma anche altre attività, come quella culturale e religiosa, erano tutte finalizzate a una politica di prestigio. Gran parte della produzione e del commercio romano-orientale era considerato strategico ed essenziale alla politica di dominio globale dello stato Bizantino nel Mediterraneo e quindi soggetto ad un ferreo controllo dello Stato attraverso la sua massima espressione, l’imperatore.

 

La produzione e il commercio del legname e del petrolio erano rigorosamente controllate e limitate.

Conseguentemente le aree geografiche della Mesopotamia, del Caucaso e dell’Asia Minore assumevano un valore economico e strategico enorme nella politica bizantina, perché qui vi erano concentrate grosse riserve di legname e petrolio utili per la fabbricazione delle navi e del fuoco greco.

Quando i Romani d’Oriente, attraverso il loro agguerrito e sofisticato servizio di informazioni, venivano a sapere che alcune città autonome dell’Italia meridionale esportavano legname, materiale strategico, essi adoperavano in questi casi l’arma dell’ “embargo”, cioè vietavano a queste città la vendita del materiale strategico. L’altra produzione bizantina soggetta, secondo le direttive politiche, a forti limitazioni nella esportazione e nella vendita, era quella serica di cui il governo bizantino aveva il monopolio. Era anch’essa una sorta di merce strategica perché fortemente desiderata e richiesta dalle elites barbare d’Occidente e dei Balcani. Essa consentiva agli imperatori di Costantinopoli di prendere, in un certo senso, “per la gola” i tirannelli locali longobardi o slavi che ne facessero richiesta.

La costruzione di fortezze e, in genere, di grandi opere militari per conto terzi era un’attività molto remunerativa per i Bizantini che, a caro prezzo, prevalentemente politico, si facevano pagare queste prestazioni d’opera elargite con estrema parsimonia ai piccoli e grandi sovrani d’Occidente e dei Balcani.

Il flusso delle merci di lusso provenienti dall’Oriente estremo era sapientemente e attentamente filtrato da Bisanzio nei suoi accessi orientali: spezie, profumi, stoffe e pietre preziose, oro ed altro ancora proveniente dall’Oriente veniva “ricaricato” e venduto in Occidente a prezzi stratosferici.

 

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