Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Storicità e Universalità in Dante

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L’universalità poetica ed umana di Dante scaturisce da avvenimenti storico-politici ben determinati.

Il comune fiorentino del 1300 è messo in crisi da quelle stesse forze sociali e politiche che hanno contribuito in modo determinante a costituirlo: la borghesia comunale.

Dante, pur di origine aristocratica, parteggia per lo schieramento borghese, democratico  e progressista di Firenze, è contro i così detti magnati legati agli interessi fondiari e a  quella borghesia più retriva del Comune fiorentino. Ma a un certo punto si distacca anche dallo schieramento progressista, disgustato dalla faziosità estremistica e violenta di non pochi dei militanti del suo partito, e dopo aver tentato attivamente e personalmente una mediazione tra gli eccessi faziosi ed estremistici del Comune toscano, al fine di un equilibrio interno che probabilmente andasse al di là della semplice ma pure importante coesistenza pacifica.

 

Di conseguenza Dante compie un gesto straordinariamente innovativo per i tempi rompe gli schemi dell’intellettuale  comunale mediatore del consenso alla politica borghese, rifiutando tale ruolo. Egli coglie i dati caratteristici essenziali della borghesia comunale italiana: il particolarismo e il corporativismo. Di queste due piaghe della borghesia comunale, ed è ancora lo stesso Dante a rilevarlo,  approfitterà  sapientemente a salvaguardia dei propri interessi antiunitari quella Chiesa di Roma che Dante accusa di intromissione continua negli affari interni e mondani del Comune fiorentino e di conseguente ideologizzazione  religiosa dei confliti sociali e politici.

Particolarismo, corporativismo, intromissione negli affari interni del  Comune e ideologizzazione  religiosa dei conflitti politici e sociali, non consentono ai banchieri fiorentini di pretendere la resituzione dei capitali dati in prestito alle varie corti straniere, come per esempio a quella francese, mettendo a nudo contemporaneamente la grave fragilità finanziaria, economica e politica della borghesia comunale italiana del 1300.

 

Dante scorge quasi tutti questi limiti insiti nella classe borghese comunale. Nel “  De Monarchia “, egli tenta di uscire dalla crisi storica del 1300, proponendo il ritorno a un mai esistito equilibrio tra due istituzioni  in crisi anche esse, la Chiesa e l’Impero.

Anche l’universalità “atemporale” poetica ed umana della Divina Commedia dantesca nasce da una profonda esigenza  propositiva e oppositiva rispetto alla crisi storica del Comune fiorentino del ‘300  Il capolavoro  dantesco scaturisce  proprio dall’incapacità storica della borghesia italiana comunale  di uno sforzo unitario in direzione della costituzione di un blocco borghese tendente alla formazione di una monarchia nazionale su base borghese.

Dante si rende conto amaramente e sulla propria pelle che una soluzione politica della crisi storica del Comune fiorentino del ‘300 non è più possibile; tanto meno a lui  è possibile indicare e praticare una via politica per uscire da tale crisi storica.

Se allora soluzioni politiche alla crisi storica della società fiorentina e italiana del ‘300 non esistono, a Dante non rimane che appellarsi alla sua  arte, alle sue capacità artistiche che diventano storicamente oppositive a quella società a cui pure Dante appartiene da tutti i punti di vista.

La  Divina Commedia viene a porsi quindi in una dimensione particolare: in netta opposizione alle forze sociali e politiche del  tempo, ma da un punto di vista etico-artistico. Il viaggio di Dante dall’Inferno al Paradiso attraverso il Purgatorio è il viaggio etico, artistico e fantastico di un intellettuale fiorentino del ‘300 alla ricerca di una soluzione politica di un dramma storico che non si vuole assolutamente accettare.

 

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