Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

L'attualità di Antonio Genovesi

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Esaltare il lavoro, colpire le rendite anche ecclesiastiche, puntare in tutti i modi ad aiutare  concretamente  coloro  che  lavorano  e  producono.  E' questa l'idea rivoluzionaria di Antonio Genovesi, spirito ribelle dell'età dei lumi.

Era nato  nel  1713  a  Castiglione, nel  salernitano, nel 1737 prese gli  ordini  religiosi. Figlio di un povero calzolaio, trascorse la gioventù a studiare per essere ordinato sacerdote, e dovendo offrire per questo un sacro patrimonio alla Chiesa, fu aiutato da un ricco  parente  di Buccino (Sa) con immobili per 350 ducati.

Lottatore contro le ingiustizie, a diciotto anni s’innamoro’ della giovane e bella Angela Dragone. La famiglia si oppose e lo relegò a Buccino ed Angela andò in sposa ad un altro pretendente. Da allora il Genovesi si dedicò solo agli studi dalla filosofia, all’economia.

Trasferitosi a Napoli ebbe influenze importanti, anche con Giambattista  Vico. A ventotto  anni, per nomina del Prefetto degli Studi Mons. Celestino Galiani, insegno Metafisica (1741) e poi Etica (1745) all’Univesitài; tredici  anni  più  tardi divennè  il  primo  titolare, in  Europa, di  una  cattedra  di  "Commercio  e  Meccanica". Morì  a  Napoli  nel  1769.

 

Nei  due  volumi   Lezioni  di  commercio  ossia  di  economia  civile (1765-67), tradotti  in  spagnolo  e  tedesco sono racchiuse le sue teorie in materia di economia politica.  Secondo il suo pensiero per superare l’arretratezza economica bisognava acculturare le masse, soprattutto contadini e donne affinchè potessero poi realizzare economie di famiglia e contribuire al benessere comune.

Si preoccupò dei problemi  del  credito  pubblico, dell'inflazione  e  della  circolazione  monetaria, ma anche di come alla fine il lusso e la sua diffusione o ricerca potevano ledere l’etica e la morale.

Il nostro caro abate  salernitano Antonio Genovesi, titolare dal 1750 preso l’Università di Napoli della prima cattedra di Economia della storia, puntava sulla diffusione nella società civile di due concetti: lareciprocità e la pubblica felicità, reciprocità intesa come solidarietà, pubblica felicità  come condivisione con tutti del proprio benessere.

L’Economia Civile del Genovesi preconizzava, dunque, l’utilizzo anche di fondi pubblici, non per stimolare l’offerta di beni e servizi, ma la domanda stessa.

Si trattava di un sistema di welfare non piu basato sull’assistenza  ma una welfare society, aiuti delle classi ricche attraverso il prelievo fiscale e l’adozione di sistemi per far affluire risorse alle classi meno abbienti, quali buoni servizi, o  deducibilità fiscale (si direbbe oggi degli scontrini fiscali e fatture mediche ecc.), e anche la realizzazione di una tutela dell’ambiente di lavoro ed ambiente in senso di natura, di ecologia.

Il Genovesi non era in contrasto con  suo contemporaneo, Adam Smith (1723-1790), economista scozzese, filosofo, moralista, autore tra l’altro della Ricchezza delle Nazioni ed indicato come il primo economista classico, sebbene non sia facile individuare con precisione la fine del mercantilismo e l'inizio dell'età classica, poiché per un certo periodo ci fu una sovrapposizione tra le due correnti di pensiero.

Difatti, anche se Smith attibuiva al Mercato e alle sue regole il compito  di supremo regolatore  in grado di assorbire le numerose scelte economiche, lo stesso eminente economista non si pronuncio’ in alcun modo e mai contro l’aiuto al prossimo e la ricerca del benessere comune e collettivo. Quindi l’aumento del numero degli attori del Mercato passava attraverso consumi e bisogni anche delle classi meno abbienti sempre tenute presenti ed aiutate.

Adam Smith descriveva nella Teoria dei sentimenti morali, un sistema fondato sul principio di simpatia, e per simpatia, sentimento innato nell'uomo, veniva intesa la capacità di identificarsi nell'altro, la capacità di mettersi al posto dell'altro e di comprenderne i sentimenti, in modo da poterne ottenere l'apprezzamento e l'approvazione. E le norme sociali non potevano così che spingere verso modelli di solidarietà ed integrazione sociale.

Dal Genovesi ad oggi è ancora attuale l’Economia Civile, come una prospettiva culturale dalla quale è possibile interpretare l’intera economia.

Infatti, mentre la scuola classica di economisti inglesi vedeva il mercato come luogo in cui l’individuo allocava le risorse fra bisogni privati e bisogni pubblici, e nulla si diceva sul vivere comune e sul benessere comune, rimanendo chiusi nell’economia del singolo, la rivoluzione del Genovesi aveva come idea centrale che la ricerca dell’interesse personale non si trasformava automaticamente e magicamente in bene comune, poiché  la ricerca degli obiettivi privati si trasformava in un ben vivere civile solo all’interno della Civitas . Quindi il Mercato diveniva il mezzo e la socialità il fine.

Veniva così a cadere la teoria secondo la quale il benessere privato alla fine avrebbe dato qualche beneficio alla collettività , e nasceva l’idea che solo attraverso la reciprocità, la solidarietà, l’aiuto ai deboli e la cultura, si realizzava il benessere collettivo.

 

 

Nel 1700, il secolo dei Lumi, fu grazie alle menti illuminate  di Antonio Genovesi, Gaetano Filangieri, Scipione Maffei che si iniziò a diffondere l’idea che il Popolo andava educato e che bisognava apprendere arti e mestieri e  puntare ad un legame stretto tra scuola e mondo del lavoro.

In Italia nel 2012, e soprattutto in Campania, bisognerebbe ripassare le lezioni di questi grandi economisti, sviluppare l’attenzione dei giovani verso gli istituti tecnici  e rivalutare il ruolo regolatore dello Stato.

 

 

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