E da Napoli si leva un grido disperato: salviamo la nostra storia!

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E' stato il momento più alto del convegno, quel grido struggente del prof. Nicola Terracciano, oggi 23 gennaio 2012, 213° anniversario della Repubblica Napoletana. Giustizia per i martiri, i cui resti stanno marcendo nel fango dei sacelli al Carmine Maggiore, mentre l'assassino Ferdinando IV ancora troneggia a cavallo in piazza del Plebiscito. Un'invocazione disperata contro l'indifferenza, l'oscurantismo della storia, le falsità della politica di qualsiasi colore essa sia.

La bandiera della Repubblica Napoletana del 1799 sullo sfondo della sala della "Bulla" ha ricordato la storia di quei martiri che ancora è così difficile portare alla memoria dei posteri.

La gente ignora, pochissimi si lasciano almeno incuriosire, tanti altri fanno spallucce. A noi oggi quel grido è giunto assordante, tanto da commuoverci fino alle lacrime, perchè vero, sofferto, come se provenisse da quel tempo lontano, amplificato da centinaia di voci allora messe a tacere sul patibolo.

Ha squarciato il silenzio dell'omertà imposta dal sanguinario regime borbonico che ancora oggi sembra esercitare la sua forza oscura, facendo si che, ora come allora, gli intellettuali siano ridotti ad un numero esiguo di persone, inascoltate e facilmente sopprimibili con letale indifferenza.

Eppure noi stamattina c'eravamo. Uniti da un pezzetto di storia che ci accomuna tutti, noi eravamo lì, nei pressi di piazza Mercato, che allora fu macabro teatro delle esecuzioni capitali. Noi eravamo e ancora ritorneremo ad esserci cercando di unire sempre maggiori forze.

Non saremo gli intellettuali arroccati nelle torri d'avorio, faremo proselitismo, cercando di risvegliare le coscienze della gente comune su quella che è stata la nostra storia nel passato per rapportarla al presente. E' un impegno morale che ci siamo presi prima di tutto con noi stessi.

Noi siamo stati un popolo rivoluzionario da Masaniello fino alle quattro giornate dell'ultima guerra mondiale. Nel 1799  riuscimmo a dare di Napoli un volto diverso, ed ora siamo stanchi  di essere offesi, relegati al ruolo di sud ignorante, parassita e camorrista. Noi siamo persone capaci di lottare, di liberarci dalle catene. Dobbiamo prendere coscienza e riscattarci. Noi non siamo inferiori a nessuno, abbiamo cultura ed intelligenza da vendere e da farci invidiare.

E questo spirito combattivo si è evinto dagli interessanti interventi, ricchi di spunti di riflessione offerti stamane dai relatori e collaboratori del Nuovo Monitore Napoletano, relazioni che in parte pubblicheremo nei prossimi giorni. Ma volutamente abbiamo anche  chiesto a qualcuno di loro di farci ascoltare i rintocchi dell' "altra campana", parlandoci dei caduti realisti che, seppur sotto altra bandiera, comunque sacrificarono la vita.

 

E' la linea del nostro giornale, è un'etica professionale che a me, direttore di questa testata, è stata insegnata dal professore Giuseppe Galasso : "un vero storico non deve avere il paraocchi, ma deve dare una visione quanto più possibile ampia della storia e degli avvenimenti, così come sono realmente accaduti."

Ed è stato proprio da questo insegnamento che, quando tempo fa ebbi tra le mani i registri della Congregazione dei Bianchi della Giustizia, pur essendo per idee e passione, manco a dirlo, schierata dalla parte dei repubblicani, mi scontrai con una realtà che non solo Benedetto Croce, ma anche qualche altro storico, avevano forse "volutamente" omesso di far emergere.

Mi riferisco alle esecuzioni capitali avvenute durante i sei mesi della Repubblica. Si è lasciato credere che solo i fratelli Baccher furono giustiziati (tra l'altro a seguito di una spiata ad opera della Luisa Sanfelice), con l'accusa di cospirazione contro la Repubblica. E invece no. Di esecuzioni ce ne furono a decine e la stessa Eleonora de Fonseca Pimentel ne diede notizia sul Monitore, cosa che ho fatto anch'io pubblicando non solo quei documenti nei miei lavori storici, ma oggi, dando la possibilità di esprimersi anche a chi quella storia, di cui noi stamane abbiano commemorato l'anniversario di un giorno felice, invece la subì come un giorno infausto.

Dei fedeli realisti ci ha parlato il dott. Antonio Salvatore Romano, con un intervento interessante, pur se "scomodo" e che pubblicherò nei prossimi giorni proprio  seguendo la linea di Eleonora. Noi vogliamo la verità, sia da una parte che dall'altra e anche ciò che può apparirci dissacrante è comunque storia, vera ed innegabile. Il dittatore impone, noi siamo eredi dei repubblicani del 1799, della libertà e dell'eguaglianza, e proprio per il principio dell'eguaglianza, è giusto che ad ognuno sia data la possibilità di esprimersi in virtù del reciproco rispetto.

Ringrazio tutti i miei collaboratori che mi hanno accompagnata in questa giornata celebrativa e che stanno contribuendo giorno dopo giorno a rendere il nostro giornale un prezioso strumento di cultura e di riscatto del Monitore stesso dagli obbrobriosi ed offensivi cloni che purtroppo circolano soprattutto in rete. L'armonia, l'intesa, la solidarietà e lo spirito di gruppo sta crescendo tra noi, così come la stima, l'amicizia e la disponibilità ad accogliere nella nostra famiglia, divenuta già numerosa, anche altri collaboratori disposti ad operare per la cultura, la verità e la giustizia.

Grazie di cuore a tutti. Sono fiera della nostra grande famiglia. La Repubblica Napoletana del 1799 continua a vivere in ognuno di noi.


 


 

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