Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Napoli 1799. La Repubblica ideale

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In questo clima di chiusura dell'anno delle celebrazioni dell'Unità d'Italia, credo opportuno che l'attenzione di tutti sia focalizzata sulla Rivoluzione napoletana del 1799, anche se apparentemente l'evento e il periodo sembrano non appartenere alla storia del Risorgimento così come comunemente la si intende.
Al contrario, se per processo storico si intende correttamente un lungo periodo di cambiamento con due eventi che ne indichino l'inizio e la fine, ne consegue quasi automaticamente che la data e il luogo relativi all'evento d'inizio del Risorgimento, 27 marzo 1848 - Milano, deve essere corretta in 23 gennaio 1799 - Napoli. Fermo restando il 25 aprile 1945 a segnare l'evento finale, con il suggello finale posto dalla pubblicazione della Carta Costituzionale ancor oggi in vigore.
Ma anche la Rivoluzione di Napoli del 1799 fu caratterizzata dalla costituzione di uno Stato repubblicano e dalla stesura di una Carta Fondamentale dei diritti e dei doveri del cittadino, sebbene mai applicata. Nella Costituzione della Repubblica Partenopea, poi, si possono leggere in bella evidenza certi princìpi, che ricompariranno nelle successive esperienze del 1849 a Roma e del 1948:

libertà di culto, di stampa, di opinione, scuola obbligatoria e gratuita per tutti, laicità dello stato, meritocrazia, pari opportunità, libertà di associazione e di organizzazione di partiti politici e tutto ciò che connota oggi ogni Stato democratico.

 

Allora perché dopo il 1861 non si volle rivalutare nè riscoprire quanto accadde a Napoli e nel Sud nell'anno 1799?

Semplicemente perché la damnatio memoriae degli Eroi di Napoli era forse più vantaggiosa per i Savoia di quanto non lo fosse stata per i Borboni, in quanto permetteva loro: a) di nascondere il fatto che era comunque possibile governare uno Stato in forma repubblicana anziché monarchica; b) di aiutare la Monarchia sabauda a divulgare un mito fondativo basato tutto sulle gesta di eroi del Nord (Garibaldi, Cavour, Vittorio Emanuele II e, molto defilato, Mazzini).
Per cui, a rigor di logica, si potrebbe affermare con sufficiente correttezza, rispetto a ciò che avvenne in quegli anni, che il vero processo per l' Unità della nazione mosse non già da MIlano nel 1848, ma da Napoli, quasi mezzo secolo prima. E, inoltre, che l'Unità auspicata dai nobili e dagli intellettuali del 1799 napoletani non si sarebbe basata mai sulla conquista dei territori manu militari, o su una monarchia, ma su una Repubblica unitaria, nata da una fusione-omologazione delle varie culture, come auspicato da Dante e da Leopardi e prefigurato geograficamente dal Petrarca nel suo poeticamente meraviglioso detto "... il bel Paese/ ch'Appennin parte, il mar circonda e l'Alpe".

 

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