Mario Borzaga e la missione cristiana da Napoli
Frequentò l'oratorio dei Bertoniani di Trento per poi entrare ancora giovanissimo in seminario all'epoca trasferito a Drena per via della guerra. Prima ancora dell'ordinazione sacerdotale si occupava di organizzare i pellegrinaggi alla Madonna di Pinè dove conobbe padre Gaetano Liuzzo che lo convinse ad entrare nei Missionari oblati di Maria Immacolata (OMI), un ordine religioso fondato nel 1816 dal sacerdote francese Eugene de Mazenod. Partì da Trento e si spostò prima nel noviziato di Ripalimosani in Molise e poi nello studentato di san Giorgio Canavese. Tra settembre e ottobre 1957 giunse a Napoli dove si stava preparando il viaggio di evangelizzazione in Indocina; vi era già stato cinque anni prima, in occasione della giornata missionaria, per poi passare a Pompei recitando il Rosario nella celebre basilica. Poi il ritorno a Trento per salutare la famiglia. Infine il 28 ottobre di nuovo a Napoli. Le pagine che seguono sono tratte dal suo diario personale.
«Giornate unicamente napoletane quelle che si passarono tra le corsie dell'Ospedale Cardarelli vicino ai corpi sofferenti e alle altezze di anime giovani e felici. I tre Padri Missionari volevano imparare un po' di medicina ed eccoli perciò in camice bianco nelle misteriose spire della sala operatoria, tra il silenzioso ticchettio d'attrezzi delle infermiere, presso i letti bianchi degli ammalati. Una fanciulla ha paura del male: è Pierino che prestando la sua commozione lascia cadere una parola consolatrice; un uomo è rattristato da gravi pensieri: è P. Berti che porge la sorridente parola; un missionario è stanco nella stanzetta dell'ultimo piano. A tutto il sole d'autunno grande e sereno come il golfo che entra dal balcone e lo saluta; un'anima è piena di silenzio e di pace: è P. Borzaga che con la sua presenza curva e pensosa vanamente dilunga il silenzio e la confusione aumenta.» (Napoli 9 settembre 1957).
L'ospedale “XXIII marzo” fu costruito tra il 1934 e il 1942 e ribattezzato l'anno dopo “Cardarelli” in onore dell'omonimo clinico molisano; con i suoi 21 padiglioni, dislocati su una superficie di 250 mila metri quadrati, è una delle aziende ospedaliere più grandi d'Italia. Settembre è un mese particolare nel calendario napoletano perché vi ricadono due eventi religiosi molto importanti: la Madonna di Piedigrotta (8 settembre) e il miracolo di san Gennaro (19 settembre). I tre missionari che viaggiarono con Padre Mario furono Fra' Pierino, un frate bergamasco di 30 anni, e Padre Berti, un prete fiorentino di 32 anni. Padre Mario con i suoi 26 anni era il più giovane della Missione.
«Ma la grande giornata fu Domenica tredici a Napoli. Già il giorno prima tutto il gruppo fu a Santa Maria a Vico per la chiusura d'un piccolo Congresso Mariano. Arrivammo durante la Messa del P. Generale e Sion arrivò con due ore di ritardo perché, pur di non arrivare a tempo, aveva incendiato un vagone del treno. Ci saranno stati presenti circa una cinquantina di P. Oblati. Cosicché nel pomeriggio, stipati come bauli nella macchina di P. Conti Guglia, si fece ritorno a Napoli. Il giorno dopo P. Berti predicò un po' dovunque, P. Staccioli a Bagnoli, P. Marchiol a Pizzofalcone, P. Sion alla Parrocchia della Concordia, P. Borzaga alla Parrocchia di S. Alfonso.» (Napoli 13 ottobre 1957).
I congressi mariani erano iniziati all'inizio del '900, nell'ambito del movimento mariano, a seguito della proclamazione del dogma dell'Immacolata Concezione (1854). I primi congressi furono internazionali ed infatti la metà dei relatori provenivano da paesi stranieri, in seguito furono organizzati anche quelli nazionali e quelli più “piccoli” che interessavano piccole realtà locali come in questo caso la provincia di Napoli. La predicazione si rendeva necessaria non solo per fini di proselitismo ma sopratutto per raccogliere fondi per le missioni. La parrocchia della Concordia, testimonianza del barocco napoletano, si trova ai Quartieri Spagnoli mentre la parrocchia di Sant'Alfonso, anche conosciuta come Sant'Alfonso e Sant'Atanasio, si trova all'Arenaccia. Luigi Sion era uno dei sacerdoti designati per predicare in Laos.
«La notte si contarono i soldi. Succede sempre cosi. Alle dodici presero a Piazza Garibaldi la freccia del Sud per il Nord, tre Garibaldini: fr. Pierino, P. Sion, P. Borzaga. Quest'ultimo balzò sul treno quando già il convoglio era in moto e dovette farsi una bella corsetta. A Bologna scese P. Sion che mi sembrava Compagnoni all'attacco del K2, tanto si era caricato di zaini e ciabattaglia da portare a casa sua per dare un breve saggio di vita laoziana. P. Borzaga e fr. Pierino proseguirono per Milano.» (Napoli 13 ottobre 1957).
La conta dei soldi si riferisce a quanto racimolato per finanziare le missioni in Laos. Forse non tutti sanno che la vecchia stazione dei treni era pronunciata in avanti ed occupava tutta l'attuale piazza. L'abbattimento del fabbricato viaggiatori era stato necessario per ampliare l'offerta di binari e recuperare lo spazio della piazza per le autolinee. Non solo progresso ma anche etica di un passato da dimenticare (barriere architettoniche, divisione in classi sociali, etc.) e di un futuro da costruire (interscambio tra le varie linee, maggiore offerta di binari, etc). La statua di Giuseppe Garibaldi fu collocata nel 1904 da Cesare Zocchi lo stesso che aveva scolpito il monumento di Dante a Trento. Achille Compagnoni (1914-2009) è stato il primo uomo a scalare il K2, il monte più alto del mondo dopo l'Everest.
«I primi a giungere a Napoli, la città del mare, furono P. Berti e P. Marchiol. P. Sion giunse alle ore 23.30 con la berretta di fotoreporter sotto il braccio e una sottana tipo Singapore 1957 che avrebbe potuto servire come vestaglia da notte a una elefantessa tipo supercorazzata russa. Tutto questo finché arrivarono tra i piedi anche P. Borzaga e fr. Pierino, P. Marchiol elemento serio e fidato. Regno del disordine quei giorni nella Comunità di Pizzofalcone. Zaini, registratori, camicie, pantaloni, fucili, telefono, sorelle oblate, scugnizzi, urli, ordini, contrordini, imnpressioni, commenti, auguri, una cavalcata di cose utili e inutili attraverso le stanze e le teste dei partenti e non partenti. Tutta roba che ci voleva, altrimenti non si poteva partire. Esisteva la notte solo per rimpiangere il letto che rimaneva freddo pieno di cianfrusaglie e senza sogni, perché le realtà erano troppo impellenti. Quando Dio volle i bauli furono pronti, pesanti una tonnellata ciascuno, P. Berti era il re di questo Semovente regno del disordine: lui, così compito e sorridente in tutto, sembrava scoronato ma con lo scettro in mano. La mattina dal mercoledì P. Staccioli, suo Padre e suo zio, P. Marchiol, il fratello di P. Berti, Pierino, P. Borzaga e il fratello di P. Borzaga si recarono a Pompei. Nel ritorno, mentre a Pizzofalcone aspettavano la macchina con sette diavoli per capello, fr. Pierino si permise il lusso di una bella passeggiata a Posillipo e al Vomero.» (Napoli 13 ottobre 1957).
L'appellativo “città del mare” denota un elemento non solo geografico ma soprattutto affettivo. Così anche la “bella passeggiata a Posillipo e al Vomero” diventava un lieto evento che contrastava decisamente con il presunto “disordine di quei giorni nella Comunità di Pizzofalcone”. La comunità partenopea degli oblati si formò all'inizio degli anni '20 ed è tuttora attiva nella parrocchia di Maria Immacolata, non molto lontana dalla celebre scuola militare Nunziatella e da Palazzo Reale. C’erano anche “gli scugnizzi” che magari non avevano alcun ruolo diretto nella preparazione della missione ma vennero citati come un elemento identitario della città. È molto probabile che Padre Mario sia rimasto impressionato dall'enorme quantità di minorenni che vagavano per la città, da soli o in gruppo, vestiti con cenci e dai modi di fare inappropriati.
«Il Victoria aveva già gettato l'ancora nelle acque del porto di Napoli. Si respirava a pieni polmoni l'aria della partenza. Arrivò da Roma anche P. Drouart. Alle quattro del pomeriggo si prese posto e si fecero vistare i passaporti. Poi si ritornò in città per gli ultimi appunti. Alle nove si salì definitivamente sulla nave. Incominciava una nuova vita quando il rimorchiatore trascinava via dalla banchina la bellissima motonave Victoria. Perciò l'autore disgraziato del diario clandestino prende a parlare in prima persona perché coi propri occhi le cose si vedono meglio e quando uno può dire «do» è come se gli mettessero un binocolo negli occhi e le cose le vede fino in fondo. Anche se il campo si restringe, non fa nulla.» (Napoli 31 ottobre 1957).
Il “Victoria” era il nome della nave che trasportava Padre Mario e gli altri missionari. All'epoca i viaggi via mare erano relativamente tranquilli e decisamente meno cari di quelli via aerea. Padre Mario aveva sempre con sé il suo diario che aveva iniziato a scrivere da circa un anno. “Clandestino” era il suo modo di descrivere il cammino di fede in compagnia di Gesù che si muove al suo fianco «così ogni passo di un missionario, è un passo di Dio sulla terra». Più probabilmente si trattava di un elenco di quanto raccolto grazie alla generosità del popolo napoletano: più di venti bauli pieni di cibo, vestiti, mobilio, posate, pentole e persino un pianoforte. Padre Mario amava suonare ed era un uomo colto e curioso della realtà partenopea: nella chiesa di Santa Maria Egiziaca a Forcella aveva partecipato al rito del bacio dei piedi mentre nella chiesa di Santa Lucia a Mare aveva ricevuto la croce per le Missioni. Non da ultimo aveva servito nell'ospedale Cardarelli il che gli fu molto utile nella missione in Laos dove poté dedicarsi ai malati.
«Con nel cuore pensosi misteri, tutta la notte d'autunno è caduta sul mare. La motonave Victoria, bianca come ala di colomba, illuminata sussulta. I passeggeri in eleganti abiti da sera non possono godersi la consueta passeggiata sui ponti: troppo tramestio. Sono saliti sei Missionari e con essi l'entusiasmo e l'affetto dei loro confratelli e amici, tutta l'irruenta espansività delle Associazioni Cattoliche della capitale del sole. Sulla banchina qualcuno grida: “Viva i missionari oblati!”. Risponde il brontolio sordo dei motori di una nave che parte. Un raggio di luna l'addita lontana sul mare.» (31 ottobre 1957).
Erano trascorse due settimane da quando i missionari erano giunti a Napoli che era sembrata subito una città calda e accogliente (“la capitale del sole”). Padre Mario aveva avuto modo di conoscere il popolo napoletano che lo aveva ricambiato con affetto e fiducia nella speranza di un suo ritorno. Il momento della partenza non fu un giorno come un altro, bensì una celebrazione di questo sodalizio tra due popoli, quello trentino e quello napoletano, da sempre uniti da un destino comune segnato dall'amicizia e dalla solidarietà. Il giorno della partenza divenne un appuntamento a cui non si poté mancare per testimoniare la forza della Chiesa e della sua missione di evangelizzazione nel mondo.
«Mio fratello piangeva, quello di P. Berti singhiozzava. Avevamo ficcato tutta la nostra mercanzia in cabina per poter salutare i nostri. P. Berti, Marchiol, Staccioli e io alla cabina 181, P. Sion e Pierino alla 193 con due Sacerdoti indiani. La banchina brulicava di gente venuta a salutarci: avevamo invaso la nave dalla porticina di servizio e tutto il ponte era un rigiro di ragazzi, di signorine, giovanotti, e Padri. P., Dalla Libera faceva con successo il fotoreporter. Eravamo soli sul mare, soli con la nostra partenza. Per noi era nulla, il mare spumeggiante, le stelle lassù nel gran mạre dell'infinito, le isole di Capri nere come enormi fantasmi sulle acque. Recitammo l'ufficio e poi, dopo qualche breve commento, ci ficcammo a letto. La mattina dopo celebrammo la Santa Messa sugli altarini da campo nella elegante sala di lettura.» (Napoli 31 ottobre 1957).
Le “isole di Capri nere” indicano l'arcipelago campano in cui sono collocate anche Procida e Ischia. Il sostantivo “nere” si riferisce al profilo del monte Solaro che da lontano sembra oscurare l'isola. La città di Napoli nel 1957 era amministrata da Achille Lauro, facoltoso armatore navale, esponente del Partito Monarchico Popolare, un giovane movimento politico che l'anno precedente aveva vinto le elezioni amministrative conquistando la maggioranza dei seggi. Padre Mario non parlava quasi mai di politica ma non poteva non sapere che nei paesi comunisti era vietato il proselitismo religioso. Bisogna però specificare che in Indocina il comunismo non aveva ancora vinto e l'ONU aveva sostenuto un governo di coalizione, perciò, il viaggio dei missionari si collocava in un contesto di pacificazione in un paese con dei villaggi e una comunità che già da tempo si erano attrezzati all'accoglienza dei missionari.
Conclusioni Il Laos era un paese con una lunga storia di predicazione iniziata con i gesuiti fin dal XVII secolo. Nell'800 fu invasa dai francesi che stabilirono una colonia permanente di sfruttamento delle risorse locali. Durante la seconda guerra mondiale fu occupata dal Giappone per essere riconquistata dai francesi che però non riuscirono a debellare la resistenza locale. Gli accordi di Ginevra (1954) stabilirono l'indipendenza del paese senza però un reale processo di pace a causa dell'interesse suscitato dalle due principali potenze mondiali (Unione Sovietica e Stati Uniti d'America) che, nel tentativo di destabilizzare il processo di democratizzazione, si contesero il territorio finanziando gruppi rivali di guerriglieri. Da una parte l'ex dinastia reale con l'aiuto dell'etnia hmong, finanziati dagli Sua, d'altra parte il movimento Pathet Lao, in combutta con la Cina e l'Urss. Il paese attualmente è governato da un partito di ispirazione marxista e tollera una piccola minoranza cristiana (1,5%). L'arrivo di Padre Mario in Laos quindi rifletteva questo clima di forti tensioni politiche e sociali che affliggevano il paese e il breve soggiorno napoletano doveva servire a ritemprare gli animi in attesa di sfide più ardue. Ma il nostro protagonista vi morì poco dopo, nella primavera del 1960, per mano di comuni banditi. Aveva 28 anni. Il processo di canonizzazione iniziato a Trento nel 2006 si è concluso l'11 dicembre 2016 con la sua beatificazione.
Luigi Badolati
Bibliografia
C. Andreozzi, I Missionari Oblati di Maria Immacolata a Napoli, Roma, Ed. Missionari OMI, 4, 2009, pp. 19-22. M. Borzaga, Verso la felicità. La mia scelta di sacerdote missionario, Roma, Città Nuova, 1986. M. Borzaga, Diario di un uomo felice, Roma, Ed. Missionari OMI, 2017. F. Ciardi, Il sogno e la realtà. Beato Mario Borzaga martire, Milano, Ancora, 2000. Gli scritti di Borzaga su “Padre Mario Borzaga. Missionario Oblato di Maria Immacolata” A. Pelis, 1957: in Laos si apre un vasto campo missionario, Roma, Ed. Missionari OMI, 10, 2007, pp. 14-15. R. Silvestri, Cammino cantando. Padre Mario Borzaga martire missionario, Ariccia (RM), Aracne, 2014. G. Viviani, Per le strade che avevo sognato. Il beato Mario Borzaga dalla Bolghera al Laos, Trento, Vita Trentina Editrice, 2016.
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Mario Borzaga nacque a Trento il 27 agosto 1932 da Costante Borzaga e da Ida Conci entrambi modesti lavoratori (lui falegname, lei sarta) di una provincia da poco entrata a far parte del Regno d'Italia. Terzo di quattro fratelli, da bambino subì un attacco di broncopolmonite acuta da cui guarì miracolosamente.