Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Salvo D'acquisto, Orlando De Tommaso e Achille Barilatti: eroi della Resistenza

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I tedeschi avevano rastrellato ventidue innocenti perché due dei loro soldati erano morti in un attentato: dieci italiani per ogni tedesco era la regola. Ma quella volta ne avevano buttati in mezzo due in più.

A tutti loro fecero scavare, anche a mani nude, le fosse dove li avrebbero gettati dopo l’esecuzione. La disperazione aveva colto tutti i prigionieri, perché la morte sembrava ormai inevitabile.
Ma d’un tratto, incredibilmente, vennero tutti rilasciati. Tutti tranne uno: il vicebrigadiere Salvo D’Acquisto.

Salvo aveva parlato con l’ufficiale tedesco in comando e si era preso la colpa dell’attentato, anche se non c’entrava niente. Sapeva che se i tedeschi avessero trovato il colpevole, non avrebbero potuto uccidere degli innocenti. E così fece: si prese lui la colpa. I

prigionieri rilasciati corsero subito via da quell’orrore. Ma uno di loro, il più giovane, Armando, indugiò per vedere cosa accadeva. Vide il plotone schierarsi di fronte a Salvo, in divisa. Sentì le sue ultime parole: “Viva l’Italia”. Poi la scarica di mitra.

Era il 23 settembre 1943. Aveva 23 anni quando fu crivellato dai colpi nazisti per salvare ventidue innocenti. Moriva un grande uomo, un eroe vero, un eroe italiano la cui memoria non andrà mai dimenticata.

Per decisione di Papa Francesco, il 25 febbraio del 2025 Salvo d’Acquisto è stato riconosciuto “venerabile”.

 

Nasceva il 16 febbraio 1897, uno degli eroi silenziosi e sconosciuti della nostra storia, il capitano dei carabinieri Orlando De Tommaso, medaglia d’oro.

Come tanti, pagò con la vita la codardia di un Re vigliacco che anziché assumersi la responsabilità dell’armistizio fuggì via, lasciando i civili alla mercé dei tedeschi.

A difenderli furono uomini come De Tommaso assieme ai suoi “ragazzi”, tutti allievi carabinieri e qualche maresciallo.  il 9 settembre del 1943 bloccarono i tedeschi sull’Ostiense, pur di non farli entrare in città. Ma loro erano in pochi e peggio armati, e poi tanti erano solo ragazzi che non avevano mai combattuto.

Allora quando il capitano si rese conto che la situazione stava precipitando, giocò la sua ultima carta: saltò in mezzo alla strada sotto il fuoco nemico e incitò tutti gli altri ad andare avanti. Infuse loro coraggio, li spronò. Fu falciato da una raffica di mitra, come d’altronde sapeva sarebbe accaduto; ma mentre moriva continuò ad incitare i carabinieri. Colpiti dal suo coraggio, i ragazzi andarono all’assalto e fermarono i tedeschi.

Il tenente Achille Barilatti era nato a Macerata il 16 settembre del 1921. Fu portato  davanti ai suoi uomini perché volevano che vedesse mentre li fucilavano tutti.

Poi, a esecuzione finita, i nazifascisti lo spostarono in caserma: lo torturarono, lo seviziarono, lo minacciarono di fargli fare la stessa fine. Volevano informazioni sulla Resistenza. Ma quando si resero conto che né le torture né le minacce funzionavano, gli fecero vedere la fidanzata con la speranza che si convincesse a passare al nemico.

«Meglio la morte che il tradimento» rispose lui.

L'ultima lettera che inviò fu alla madre.

« Mamma adorata,
quando riceverai la presente sarai già straziata dal dolore. Mamma, muoio fucilato per la mia idea. Non vergognarti di tuo figlio, ma sii fiera di lui. Non piangere Mamma, il mio sangue non si verserà invano e l'Italia sarà di nuovo grande. Da Dita Marasli di Atene potrai avere i particolari sui miei ultimi giorni.

Addio Mamma, addio Papà, addio Marisa e tutti i miei cari; muoio per l'Italia. Ricordatevi della donna di cui sopra che tanto ho amata. Ci rivedremo nella gloria celeste.Viva l'Italia libera!».

Morì all'alba del 23 marzo 1944, fucilato da italiani che, come gli ricordò anche lui pochi attimi prima di morire, avevano tradito l'Italia asservendosi ai tedeschi.

 

Leonardo Cecchi

 

 

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