Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

La pratica della tortura ad usum del potere politico

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Nel corso dei secoli la tortura, l’infliggere sofferenze e morte agli altri esseri umani, è stata sempre presente come espressione del peggior livello morale di cui è capace la nostra specie.

Jean Paul Sartre, nella prefazione al libro La tortura di Henri Alleg, giornalista francese che l’ha subita personalmente, ha definito la tortura come un crimine ignobile e lurido, commesso da uomini contro altri uomini, e che altri uomini ancora possono e debbono reprimere. Non è inumana perché l’inumano non esiste, se non negli incubi generati dalla paura. Basta il calmo coraggio di una vittima, la sua modestia, la sua lucidità, per liberarci dalla mistificazione.

Per i medici è più difficile affrontare l’argomento sia perché hanno fatto proprio il giuramento d’Ippocrate di perseguire la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica, il trattamento del dolore e il sollievo dalla sofferenza nel rispetto della dignità e libertà della persona, sia perché hanno diretta conoscenza della sofferenza e del dolore e conoscono le misure che la scienza medica mette a disposizione per ridurle o abolirle.

 

Vi sono casi, per fortuna molto rari, di medici che hanno fatto un uso criminale della professione partecipando direttamente o indirettamente alle torture.

La tortura può essere praticata da singoli individui, casi isolati di solito riportati nella cronaca nera, frutto di deviazioni patologiche della psiche; sono reati di pertinenza della polizia per individuare il colpevole, dello psichiatra per studiarne le motivazioni e del magistrato per somministrare le pene.

L’altro aspetto della tortura è quello esercitato dal potere politico per mantenere il potere, terrorizzare i nemici, ottenere informazioni e/o estorcere confessioni religiose. Papa Innocenzo IV nel 1252, durante l’Inquisizione, ne autorizzavò l’utilizzo durante i processi con la bolla Ad extirpanda.

È opportuno sorvolare sui metodi e gli strumenti che la componente diabolica della fantasia umana ha messo in atto dai primordi della storia per infliggere sofferenza e morte (il lungo elenco è consultabile su internet), ma occorre ricordare che si può torturare senza un’azione diretta sul corpo umano, sottoponendo le vittime a condizioni ambientali estreme come fame, freddo, fatiche massacranti, assenza d’igiene come è avvenuto nei campi di concentramento non solo nazisti.

Un'altra metodica è porre l’individuo in isolamento totale in celle insonorizzate per periodi prolungati metodo praticato nelle carceri della ex Repubblica Democratica Tedesca. È cosi possibile applicare la tortura ad un numero elevato di persone o ad intere popolazioni.

La letteratura e i mezzi visivi hanno più volta descritto e mostrato scene di tortura sulle singole persone. Lo ha fatto con tutti i particolari Henri Alleg autore del libro sopracitato. Cittadino francese, giornalista, Alleg si era alleato con gli algerini che nel 1956 lottavano per l’indipendenza del loro Paese.

Nel film Roma città aperta del 1945 è mostrato il partigiano torturato a morte dai nazisti per avere informazioni sulla resistenza, nel film Garage Olimpo del 1999 è sottoposta a tortura nel luogo omonimo una ragazza che si opponeva alla dittatura del generale Videla in Argentina degli anni 70.

Anche se le torture inflitte alle collettività sono ormai ampiamente documentate, alcune sono meno note, come il genocidio degli armeni perpetrato dal governo turco nel 1914/15, il primo di una lunga serie nella storia del ‘900.

Dal romanzo di Antonia Arslan La masseria delle allodole del 2004 è stato tratto il film omonimo dei fratelli Taviani del 2007, la cui visione è raccomandata con le dovute cautele. Al contrario dei libri o dei film horror nei quali il lettore/ spettatore sa trattarsi di realtà virtuali e le emozioni sono transitorie, chi legge o vede le scene dei film sopracitati è a conoscenza che corrispondono a realtà per cui l’impatto emotivo persiste nel tempo.

Nei secoli scorsi sdegno e/o vendetta erano le risposte possibili alla tortura, che comunque era ammessa come mezzo legale, anche esibita al pubblico.

L’unica eccezione riportata nella storia del diritto antico e medievale è la sentenza contro i Templari dell'Italia settentrionale emessa da Rinaldo da Concorezzo, vescovo di Ravenna nel 1311 che, assolvendo gli imputati, condannò la tortura come pratica d'indagine ed escluse l'utilizzabilità delle confessioni estorte con tali mezzi.

Occorre arrivare al secolo dei lumi perché la tortura divenisse illegale: Federico II di Prussia fu il primo a vietarla nel 1740.

Molti pensatori e scrittori cominciarono a denunciarne l'uso come pratica barbara e sanguinosa. Cesare Beccaria nel capitolo XII del suo scritto Dei delitti o delle pene del 1764 dedicò una lunga dimostrazione alla barbarie della tortura e della sua inutilità sia per ottenere confessioni di colpa, sia per ottenere conversioni a fedi religiosi diverse

Nei primi decenni dell’Ottocento quasi tutta l'Europa ne aveva abolito l'utilizzo.

Solo nel codice penale Austro-Ungarico rimase, fino al 1918, la facoltà di ordinare la “bastonatura” dell'imputato o dei testimoni, pratica raramente utilizzata.

È stata bandita dalla Chiesa cattolica da Papa Pio VII col motu proprio del 6 luglio 1816, “Quando per ammirabile disposizione”.

Nel secolo scorso sono nate numerose associazioni come Amnesty International, un’organizzazione non governativa internazionale fondata nel 1961, che si propone di combattere le violazioni dei diritti dell'uomo compiute da governi, da organi che ne dipendano e da singoli funzionari che abusino dei loro poteri.

Nel 1977 Amnesty International è stata insignita del premio Nobel per la pace.

Nel 1984 è entrata in vigore la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti e dal 2002 esiste una Corte penale internazionale per i crimini contro l’umanità.

Nei Paesi con governi dittatoriali la tortura è tuttora usata dal potere politico come mezzo per estorcere informazioni, oppure per tacitare gli oppositori.

Abdel Wahab Daadouch, siriano, liberato dopo la caduta della dittatura di Assad nel dicembre 2024, aveva 20 anni quando, 13 anni prima, studente di medicina di Hama, era sceso in piazza a manifestare per la rivoluzione democratica.

Insieme a migliaia di oppositori fu inghiottito nella prigione di Sednaya, definita “mattatoio umano”. In seguito alle torture ha perso la memoria.

Nei Paesi a regime democratico è vietata la violenza che configura il reato di tortura.

Gli episodi che ancora si verificano di solito in istituzioni carcerarie e in caserme sono denunciati pubblicamente e s’instituiscono processi alla ricerca dei colpevoli.

Particolare impressione nell’opinione pubblica mondiale hanno sollevato le torture inflitte ai prigionieri dal personale militare degli Stati Uniti nella prigione di Abu Ghraib in Iraq nel 2003 e nel carcere di Guantanamo Bay in territorio cubano, istituito nel 2002 per prigionieri ritenuti connessi al terrorismo di matrice islamica.

Un episodio clamoroso si è verificato nel nostro Paese al termine del vertice G8 di Genova nella notte del luglio 2001 quando reparti di Polizia e carabinieri fecero irruzione nella scuola Diaz adibita a centro stampa del Genoa Social Forum.

La violenza degli agenti fu tale che per 63 dei 93 attivisti fermati fu necessario il ricovero in ospedale, tre in prognosi riservata ed uno in coma.

Michelangelo Fournier, all'epoca vicequestore aggiunto del primo Reparto Mobile di Roma, descrisse come una macelleria messicana ciò che vide al momento dell'irruzione nella scuola. Finirono sotto accusa 125 poliziotti compresi dirigenti e capisquadra.

Il processo, durato dieci anni, ha portato alla condanna di tre imputati.

Se è comprensibile la necessità di salvaguardare l’immagine delle istituzioni attribuendo le responsabilità a singole persone, è tuttavia necessario che le denunce siano pubbliche, i processi rapidi e i reati puniti affinché i cittadini non perdano la fiducia nello Stato.

Nel 2017, con un lungo e complesso iter parlamentare, dopo quasi trent’anni dalla ratifica della Convezione delle Nazioni Unite contro la tortura, sono stati introdotti nell’ordinamento penale italiano reati specifici di tortura e di istigazione alla tortura con la legge n.110 (art.613 bis del codice penale).

Non mancano tuttavia tentativi di alcune forze politiche di modificare il testo riducendone la portata innovativa.

 

Alberto Dolara

 

 

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