L’irredentismo italiano
Il termine, adesso in disuso, può dar luogo ad equivoci, confondendolo con altri fenomeni storici più attuali e noti come indipendentismo o separatismo. Anche se schematizzare la storia è improprio, si potrebbe definire l’irredentismo come un movimento ideale che mira a riunire gli individui alla patria comune, gli altri due indicano movimenti politico-economici miranti a creare nuove patrie. Fu un giornalista austriaco che nel 1877 usò per la prima volta il termine “irredentista” per definire dileggiandolo il deputato italiano Matteo Renato Imbriani che aveva salutato i compatrioti italiani, venuti dai territori ancora sotto il dominio austriaco, ad assistere ai funerali del padre a Napoli. Il termine è stato acquisito nella forma italiana anche da altre lingue. Da allora sono definite “terre irredente” luoghi abitati da minoranze che vogliono entrare a far parte dello Stato di cui si ritengono appartenere per ragioni storiche o etniche. Gli irredentisti sono coloro che si esaltano nella difesa dei valori nazionali di fronte a una dominazione o presenza straniera, fino alla ribellione.
Minoranze irredentiste si sono formate nel corso dei secoli in tutte le parti del mondo dalla Norvegia, dall’Africa all’Asia, inevitabili quando si formano i vari Stati e si tracciano confini netti tra popolazioni diverse. L’irredentismo italiano nacque e si diffuse al termine del XIX secolo quando gran parte della penisola italiana, compresa la Sicilia e Sardegna, era ormai unita nel Regno d’Italia., ma vi erano territori come il Trentino, l’Alto Adige e la Venezia Giulia rimasti sotto l'amministrazione austriaca anche dopo la III guerra d’ indipendenza nel 1866. Gli irredentisti erano cittadini di quei territori e costituivano un movimento politico, primariamente anti-austriaco, che mirava al completamento del disegno risorgimentale di unificazione entro i confini dello Stato italiano. Guglielmo Oberdan, Cesare Battisti, Nazario Sauro, Damiano Chiesa e Fabio Filzi furono tra le figure più rappresentative di questo movimento Guglielmo Oberdan nacque a Trieste il 1° febbraio 1858 ed è considerato il protomartire dell’irredentismo. Arruolato nell’esercito austriaco, disertò. Arrestato, confessò di aver voluto attentare all’imperatore Francesco Giuseppe. Giudicato colpevole per alto tradimento, diserzione e cospirazione, fu condannato a morte. Nonostante gli appelli. alla grazia da tutto il mondo intellettuale, tra cui lo scrittore francese Victor Hugo e la richiesta di clemenza all’imperatore da parte della madre, fu impiccato a Trieste il 20 dicembre 1882. Cesare Battisti, il più noto degli irredentisti, nacque a Trento il 4 febbraio 1875, allora provincia dell’Impero austroungarico. Deputato al Parlamento di Vienna, si batté per ottenere l’autonomia amministrativa del Trentino e la nascita di un'università italiana a Trieste con l'obiettivo della trasformazione dell’università di Innsbruck da tedesca a bilingue. Con l’entrata in guerra dell'Italia nel 1915 contro l’Austria, si arruolò volontario nel Regio Esercito italiano. Fatto prigioniero fu processato e impiccato per alto tradimento nel castello del Buonconsiglio a Trento il 12 luglio 1916 Nazario Sauro nacque a Capodistria, territorio dell’Impero Austro-ungarico, il 20 settembre 1880 e si arruolò durante la prima guerra mondiale nella Regia Marina Italiana. Fatto prigioniero nel luglio 1916 e condannato a morte per alto tradimento, fu giustiziato a Pola il 10 agosto. Insignito di medaglia d'oro al valor militare alla memoria, ha lasciato due lettere testamento alla moglie e al figlio, scritte il 20maggio 1915 e conservate nel Museo del Risorgimento al Vittoriano a Roma, espressione massima degli ideali che animarono gli irredentisti italiani.
«Caro Nino, tu forse comprendi od altrimenti comprenderai fra qualche anno quale era il mio dovere d'italiano. Diedi a te, a Libero ad Anita a Italo ad Albania nomi di libertà, ma non solo sulla carta; questi nomi avevano bisogno del suggello ed il mio giuramento l'ho mantenuto. Io muoio col solo dispiacere di privare i miei carissimi e buonissimi figli del loro amato padre, ma vi viene in aiuto la Patria che è il plurale di padre, e su questa patria, giura o Nino, e farai giurare ai tuoi fratelli quando avranno l'età per ben comprendere, che sarete sempre, ovunque e prima di tutto italiani! I miei baci e la mia benedizione. Papà. Dà un bacio a mia mamma che è quella che più di tutti soffrirà per me, amate vostra madre! e porta il mio saluto a mio padre.» «Cara Nina, non posso che chiederti perdono per averti lasciato con i nostri cinque bimbi ancora col latte sulle labbra; e so quanto dovrai lottare e patire per portarli e lasciarli sulla buona strada, che li farà proseguire su quella di suo padre: ma non mi resta a dir altro, che io muoio contento di aver fatto soltanto il mio dovere d'italiano. Siate pur felici, che la mia felicità è soltanto quella che gli italiani hanno saputo e voluto fare il loro dovere. Cara consorte, insegna ai nostri figli che il loro padre fu prima italiano, poi padre e poi uomo. Nazario.»
Damiano Chiesa nacque a Rovereto (Trento) il 24 maggio 1894. Nutrito di forti sentimenti irredentisti, fin da piccolo si rifiutava di ritenersi austriaco e detestava la lingua tedesca. Nel maggio 1915 si arruolò volontario nell’esercito italiano. Fatto prigioniero fu incarcerato a Trento; la morte per capestro prevista per il delitto di alto tradimento, fu commutata nella fucilazione. eseguita nella “fossa della cervara” del Castello del Buonconsiglio a Trento, il 19 maggio 1919. Insignito dell'appellativo di “Protomartire della Grande Guerra”, con Cesare Battisti e Fabio Filzi costituisce la triade dei Martiri trentini. Il monumento a loro dedicato presso il museo storico italiano della guerra a Rovereto fu trasformato dal regime fascista in «un tempio della religione politica fascista». Nel museo con gli effetti personali, è custodita l’ultima lettera inviata alla famiglia e le spoglie sono conservate a Rovereto nel Sacrario militare di Castel Dante. Fabio Filzi nacque a Pisino (Istria) il 20 novembre 1884. Nella città giuliana prese parte attiva alla Lega nazionale, alla Società degli studenti trentini e alla Giovine Trieste. Disertò l’esercito austroungarico per combattere, come volontario per l’Italia, nella prima guerra mondiale. Fatto prigioniero fu condotto a Trento insieme a Cesare Battisti il 10 luglio 1916. Processato e condannato a morte per alto tradimento, la sentenza fu eseguita tramite impiccagione due giorni dopo nella fossa del Castello del Buon Consiglio. Dopo la Grande guerra, nel 1919 e negli anni successivi, il movimento eroico dell’irredentismo italiano fu egemonizzato, manipolato e stravolto dal fascismo che ne fece uno strumento di propaganda nazionalista nella quale rientra anche la spedizione di Gabriele d’Annunzio per annettere all’Italia la città di Fiume in Dalmazia. Nel periodo successivo al secondo conflitto mondiale, nel 1945, l’Istria fu assegnata alla Jugoslavia con il drammatico esodo di 3000mila italiani, e Trieste rimase all’Italia. Nel Trentino e Alto Adige, quest’ultimo a maggioranza di lingua tedesca, annessi all’Italia, prosegui una difficile convivenza tra i vari gruppi etnici. Le tensioni portarono alla nascita di movimenti separatisti che tra 1956 e il 1988 sfociarono nel terrorismo con 361 attentati, 21 morti e 157 condanne. La mediazione dell’ONU e l’attività diplomatica tra Italia ed Austria proseguita fino al 2021 ha portato ad una soluzione pacifica, ad un equilibrio tra i vari gruppi italiano, tedesco e ladino. La regione Trentino-Alto Adige/Sud Tirolo è una regione a statuto speciale, gode di un ampio grado di autonomia amministrativa e legislativa, con notevoli vantaggi economici. La sutura tra la comunità tedesca e italiana non è ancora completata come evidenziato dal gesto della neosindaca di Merano Katharina Zeller che nel maggio di quest’anno, durante la cerimonia del passaggio delle consegne, ha lasciato la fascia tricolore su una sedia conservando solo il medaglione tirolese. È stato probabilmente un gesto impulsivo, ma che dimostra la necessità di mantenere l’equilibrio non con soluzioni etniche, ma con politiche di respiro europeo.
Alberto Dolara |
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