Xi Jimping, Presidente della Repubblica Popolare Cinese
Minori, invece, sono le notizie sulla vita personale dei principali personaggi che hanno guidato o guidano il governo della Cina. Eppure le biografie dei capi politici aiutano a comprendere le politiche generali svolte dai Paesi che governano, in particolare se si tratta di regimi autoritari. La storia di Xi Jimping, il leader che guida la Cina ed il Partito Comunista cinese da ben dodici anni, è stata recentemente illustrata da Michael Sheridan, giornalista inglese, corrispondente per l’Asia per il Sunday Times per venti anni, in un libro dal titolo emblematico: The Red Emperor:Xi Jimping and His New China, (Headline Press, 2024). In una recente intervista Filippo Santelli, corrispondente in Cina per La Repubblica dal 2018 al 2021, ha dichiarato che Xi è la perfetta incarnazione del Partito ed ha suggerito di cercare qualche traccia del vero Xi nella sua infanzia. Xi Jimping è nato Pechino il 15 giugno 1953 dal veterano comunista Xi Zhongxun, uno dei compagni con cui Mao Tsetung aveva fatto la rivoluzione. Ha avuto un’infanzia felice in una bella casa al centro di Pechino ed una scuola di élite. Con lo scoppio della rivoluzione culturale lanciata nel 1966 da Mao dopo il fallimento della politica economica, il padre di Xi rimase vittima di una purga e venne esiliato in provincia a dirigere una fabbrica di trattori. La madre si prese cura della famiglia che fu sfrattata. Xi fu vittima dei pestaggi e delle umiliazioni delle guardie rosse: un giorno lo fecero salire su un palco con un elmetto di metallo in testa mentre la madre fu costretta ad assistere alla scena in mezzo alla folla che chiedeva di punirlo.
Una sorella si suicidò per le persecuzioni. Xi venne sottoposto alla “rieducazione” e inviato nelle fattorie povere del nord della Cina, dove per sette anni visse in una grotta svolgendo lavori pesanti. La richiesta di iscrizione al partito venne respinta più volte e concessa solo al tramonto della rivoluzione culturale nel 1975. Il giovane Xi non perse la fede politica e rientrò nel partito come modesto funzionario. Per le” famiglie rosse”, eredi della rivoluzione, il partito era tutto, sapevano che il potere in Cina apparteneva al Partito. La madre di Xi era stata una soldatessa bambina durante la rivoluzione e sulla tomba del padre vi è scritto: «L’interesse del partivo viene prima». Nel 2007 il partito è in crisi, la figura politica più forte era Bo Xilai, un personaggio discusso proveniente anche lui da “famiglie rosse”. Xi era solo un grigio funzionario, ma per l’élite comunista rappresentava una scelta sicura e venne indicato come successore di Hu Jintao alla guida del Partito. Xi iniziò con una violenta campagna contro la corruzione punendo un milione di funzionari, liberandosi al tempo stesso dei nemici politici tra cui Bo Xilai che è tuttora in carcere. Consolidò gli interessi di un piccolo numero di dirigenti di grandi gruppi economici. Attualmente Jimping ha di fronte rilevanti problemi sociali: all’inizio della sua presidenza nel 2012 circa 90 milioni di cinesi erano ancora in povertà assoluta ridotta oggi quasi a zero. È un risultato positivo, ma ottenuto con dislocamenti forzosi dalle campagne alle città che ha determinato un aumento delle disuguaglianze e la difficoltà di assicurare a questa popolazione un lavoro stabile. Inoltre, secondo i parametri della Banca mondiale, riferiti a Paesi con reddito medio alto, nel 2020 ancora il 17 per cento della popolazione cinese (237,2 milioni di persone) vive al di sotto della soglia di povertà con guadagni di meno di 5.50 dollari al giorno. Il controllo del partito sulla popolazione è totale, rinforzato dalla recente pandemia da Covid iniziata nel 2019. Non è autorizzata alcuna forma di dissenso, i diritti umani non sono rispettati, ed ancora è praticata la pena di morte. Amnesty International ha trovato articoli di giornale pubblicati con notizie di almeno 931 esecuzioni individuali avvenute tra il 2014 e il 2016 (solo una parte del totale delle esecuzioni), ma solo 85 di queste sono state registrate nel database nazionale perché la Cina le considera “segreto di Stato”. La bonaria presenza di Xi sulle scene mondiali non deve far dimenticare la politica imperialistica passata e presente della Cina del tutto priva di motivazioni etiche. Da ricordare l’invasione del Tibet nel 1959, con l’imposizione di un regime comunista di tipo cinese che condannava ogni dissenso. Furono distrutti o considerati illegali i simboli tradizionali tibetani, i monasteri, luoghi di culto o forme d’arte. Sono degli anni 70 gli amichevoli rapporti con il regime criminale di Pol Pot in Cambogia responsabile di un milione e mezzo di vittime. A Hong Kong e Taiwan sono represse tutte le manifestazioni che hanno per obbiettivo l’autonomia e la indipendenza di queste popolazioni. Nel nuovo millennio si sono consolidati i rapporti con la Russia di Putin dopo la brutale aggressione dell’Ucraina nel 2022. Dal punto di vista economico – commerciale si assiste ad una espansione ubiquitaria della presenza cinese dall’Asia all’Africa. La Via della seta è stato un tentativo per estenderla a tutta l’Unione Europea. Intanto è in atto uno scontro frontale con gli Stati Uniti per la supremazia tecnologica mondiale. Per il futuro c’è chi ritiene che il Partito di Xi Jinping serva gli interessi di un regime aggressivo, che persegue non solo politiche repressive in patria, ma che vuole costruire un’egemonia all’estero. E chi invece – pur criticando l’autoritarismo – pensa che sia alla ricerca di un metodo di governo efficiente per una nazione-continente complessa come la Cina e di restituirle il ruolo che ritiene le spetti nel mondo. Michael Sheridan, l’autore del libro sopracitato, nella sua lunga esperienza in Cina, asserisce di aver riscontrato nella stragrande maggioranza dei cinesi sogni di pace, vogliono prosperità e possibilità di, educazione per i figli, libertà di vivere la propria vita. Nella conclusione dell’intervista Sheridan affermato che Xi vuole certamente rendere la Cina great again, ma, paradossalmente la più grande garanzia di pace che abbiamo è il fatto che una guerra sarebbe un grande pericolo per Xi e lui non è tipo di rischi azzardati. Un’affermazione incoraggiante, motivo di speranza in un difficile momento della politica mondiale.
Alberto Dolara |
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