Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Diverse cornici concettuali

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SpinozaNella nostra vita quotidiana la cornice concettuale del senso comune prevale su quella scientifica, e ciò comporta conseguenze piuttosto importanti. Infatti la visione filosofica degli esseri umani nel mondo può apparire distorta proprio a causa di questo fatto, poiché l’uomo è essenzialmente un essere che concepisce se stesso nei termini dell’immagine del senso comune.

E, se le cose stanno così, è necessario concludere che la concezione che l’uomo ha della propria posizione nel mondo non si accorda facilmente con l’altra immagine (quella scientifica); la rappresentazione dell’uomo nel mondo che l’immagine scientifica ci fornisce è in contrasto con quella del senso comune vi è tensione tra esse.

Se l’immagine scientifica è corretta, allora l’uomo non è il tipo di essere che viene concepito all’interno dell’immagine del senso comune, e la sua intera esistenza appare dunque basata sull’errore.

 

Non si tratta certo di una novità se si guarda con attenzione alla storia della filosofia. Spinoza, per esempio, vide una dicotomia tra il modo in cui l’uomo concepisce falsamente se stesso e quello in cui scopre di essere nell’impresa scientifica.

Si potrebbe ben dire che Spinoza tracciò una distinzione fra un’immagine del senso comune e un’immagine scientifica dell’uomo, rifiutando la prima come falsa ed accettando la seconda come vera.

Se ora notiamo che interrogarsi circa la natura degli oggetti di base di una cornice concettuale significa chiedere una classificazione razionale (e non un semplice elenco), dovrebbe risultare ovvio a chiunque che gli oggetti di base dell’immagine del senso comune sono tutti i tipi di esseri viventi e di cose materiali. Ma la cornice concettuale del senso comune non costituisce affatto un criterio puramente “esterno”, giacché essa possiede un’esistenza oggettiva che trascende le opinioni personali dei singoli individui.

Ciò significa che al suo interno troviamo realmente la verità e l’errore, anche se per molti scienziati e filosofi d’impronta scientifica resta aperta la possibilità che essa debba, in ultima analisi, essere rifiutata in quanto falsa.

In altre parole, possiamo valutare la correttezza o meno delle descrizioni fornite dall’immagine del senso comune facendo ricorso a criteri ben fondati. Se tale è il quadro generale in cui ci troviamo a operare, il fatto che gli esseri umani sono ciò che sono perché pensano a se stessi nei termini dell’immagine del senso comune induce a porsi un quesito fondamentale: fino a che punto può sopravvivere l’immagine tradizionale dell’uomo all’interno di un contesto nel quale l’immagine scientifica, che è cresciuta rapidamente negli ultimi secoli, sembra diventare l’elemento predominante?

È inoltre plausibile pensare che l’immagine del senso comune rappresenti, in maniera più o meno adeguata, la struttura intellegibile del mondo. Si noti che abbiamo nominato la struttura “intellegibile” del mondo, e non la struttura del mondo in quanto tale. Vi è, ovviamente, una grande differenza tra queste due espressioni: l’aggettivo “intellegibile” la esplicita in modo adeguato.

L’immagine del senso comune non include soltanto gli oggetti che ci circondano, ma anche le teorie, le credenze, etc. Si tratta di uno strumento di interpretazione, e non di una riproduzione fedele e meccanica di quanto i nostri sensi percepiscono. E i dati sensoriali, a loro volta, hanno significato solo all’interno di una cornice teorica. Pertanto, anche se l’immagine del senso comune fosse falsa, avremmo comunque verità ed errore al suo interno proprio grazie alla sua oggettività. Tuttavia - è fondamentale rammentarlo - questo genere di oggettività è pur sempre una oggettività-per-noi.

Ecco perché il linguaggio ordinario riflette, per l’appunto, l’immagine del senso comune. Ovviamente tale fatto è molto importante ma, d’altro canto e se adottiamo questa prospettiva, non ci autorizza a sostenere - come alcuni filosofi fanno - che il linguaggio ordinario riflette “il” mondo, cosicché l’analisi del linguaggio ci consentirebbe di costruire un qualche tipo di ontologia assoluta. Se ciò fosse vero Micheal Dummett avrebbe ragione nel sostenere che la filosofia del linguaggio ha rimpiazzato la gnoseologia e la metafisica, diventando quindi la nuova filosofia prima.

Non possiamo accettare una simile posizione perché l’immagine del senso comune non è il mondo. Senza dubbio l’importanza del senso comune non può essere negata: si tratta del principale strumento che abbiamo a disposizione per interagire con l’ambiente circostante. Il nostro linguaggio naturale riflette il mondo del senso comune, e ciò è del tutto ovvio. Ma esso è in difficoltà quando entrano in gioco, ad esempio, i fenomeni della meccanica quantistica, e soltanto chi crede all’equivalenza “linguaggio naturale = ontologia assoluta” può ragionevolmente sposare questa tesi.

Secondo questa concezione il linguaggio è lo strumento migliore che abbiamo a disposizione per ottenere una visione globale della realtà.

Tuttavia, simili affermazioni debbono essere valutate con molta prudenza. Se esse intendono dirci che la rappresentazione del mondo desunta dal linguaggio è la rappresentazione grazie a cui organizziamo la nostra vita ed entriamo in contatto con l’ambiente, non sorge alcuna obiezione significativa. Se, invece, intendono dare l’impressione che questa stessa rappresentazione e il mondo in generale sono la stessa cosa, e se per di più assumiamo tale impressione come scontata, avremo davvero problemi seri qualora volessimo spiegare perché, e come, la scienza dei nostri giorni ci fornisce un genere diverso di informazioni. Dovremmo invece dire che il linguaggio rappresenta le caratteristiche generali della “nostra” realtà. Naturalmente si può sempre tentare di costruire dei ponti tra l’immagine del senso comune e quella della scienza e, alla fine, può risultare che tali ponti siano effettivamente costruibili. Una simile strategia deve però essere supportata da un complesso e paziente lavoro di analisi.

 

Michele Marsonet

 

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