Il liberalismo coerente di F. von Hayek
Il nostro autore è chiarissimo al riguardo: «Per ragione correttamente usata intendo una ragione che riconosce i suoi limiti e affronta le conseguenze del fatto sorprendente, rivelato dall’economia e dalla biologia, che un ordine generato senza disegno può di gran lunga superare i piani che gli uomini creano consapevolmente». A suo avviso è necessario riconoscere il carattere specificatamente umano di quel particolare tipo di attività intellettuale rappresentato dalla ricerca scientifica. Non è quindi possibile che un uomo sia in possesso di un punto di vista superiore e neutrale, la cosiddetta “visione dell’occhio di Dio”.
A questo riguardo, Hayek la pensa come Neurath, neopositivista anomalo che ammise che “noi siamo marinai che devono ricostruire la loro nave in mare aperto”. Hayek si riconosce in quella tradizione di ricerca che trova il suo nucleo nell’espressione che ci invita ad abbandonare l’idea per cui lo scopo del pensiero è il raggiungimento della visione dell’occhio di Dio. L’acquisizione della verità non è sempre questione di collocare dati in uno schema predeterminato. Hayek insomma invita l’uomo a riconoscere i suoi limiti. E da lì lo esorta a progredire: bisogna leggere il suo pensiero come un tentativo di trarre i maggiori vantaggi possibili dalla naturale limitatezza e fallibilità della conoscenza umana. Per il pensatore austriaco è sempre stato il riconoscimento dei limiti del possibile a rendere l’uomo in grado di utilizzare appieno le proprie capacità. È questo il tipico paradosso hayekiano: affinché l’uomo progredisca correttamente, deve innanzitutto riconoscere la propria fallibilità. Il progresso della conoscenza sta davvero a cuore ad Hayek, ma l’ammissione dei propri limiti è una condizione irrinunciabile affinché questo avvenga. È quindi errato scambiare la prudenza di Hayek per mero pessimismo o fatalismo: egli è ben lontano dall’essere un antirazionalista o uno scettico. È vero che quando si confronta con le principali correnti di pensiero, egli ripudia l’Illuminismo francese, dominato da una fede cieca nella ragione umana e fiduciosa solo in ciò che essa può costruire. Ammira però l’Illuminismo inglese, contrassegnato dalla consapevolezza dei limiti e delle imperfezioni della ragione e da un atteggiamento di umiltà e rispetto verso i processi storici e sociali. Hayek vuole richiamare l’attenzione sui suoi abusi, ricordarci che non è onnipotente. Hayek non si pone su una posizione irrazionalistica basata su mistica difesa della spontaneità dell’evoluzione ma, come Hume, sollecita la necessità di considerare criticamente la ragione medesima. Non è tanto contrapporre l’evoluzionismo al razionalismo, quanto ridimensionare le pretese di quest’ultimo. Il campo verso cui Hayek ha mostrato maggior interesse sono le scienze sociali. E parlando di ciò, il concetto principale ricorrente nei suoi vari scritti è quello di “ordine”; questo suo concetto centrale si articola nei vari campi cui Hayek si è interessato: sfogliando la sua bibliografia ci si imbatte infatti in Sensory, Political e Economic Order, il che ci fa capire come affronti il problema dell’ordine nel campo dell’epistemologia, della politica e dell’economia partendo sempre dalla medesima prospettiva teorica. Ciò avviene perché Hayek ritiene che prima di ogni distinzione la teoria dell’azione umana è innanzitutto unica. Eventualmente la si potrà poi distinguere a seconda dell’ambito problematico o delle finalità che l’individuo soggettivamente le attribuisce, o a seconda dell’interpretazione che di essa viene data. La proposta di Hayek è di abbandonare l’impianto analitico del “sistema” e introdurre come concetto basilare “l’ordine”; per lui è netta la differenza tra i due concetti: l’equilibrio è un’astrazione, formulata a priori, matematicamente e dotata di una natura statica; l’ordine è invece solo un criterio interpretativo per intendere una realtà in movimento: «non è un fatto, ma un farsi». Questo concetto è per lui talmente fondamentale che Hayek arrivò addirittura a sostenere che, per quanto ne sappiamo, l’ordine esteso è probabilmente la più complessa struttura che esiste nell’universo. Ciò che importa sottolineare è che la razionalità umana è dentro, non al di fuori di questa struttura. È quindi al suo interno che è possibile la conoscenza. La maggior parte del nostro sapere è ottenuto non dall’esperienza immediata o dall’osservazione, ma dal continuo processo consistente nel controllare una tradizione appresa. La tradizione è, sotto alcuni aspetti, superiore o “più saggia” della ragione umana.
Michele Marsonet |
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Il principio fondamentale cui Hayek si è sempre attenuto è che per sfruttare al meglio le proprie possibilità di conoscenza gli esseri umani non devono farsi dominare da un “abuso della ragione”, ma rimanere nei limiti di una ragione usata in modo corretto. Questo affinché la scienza progredisca senza cadere in facili utopie.