Una riflessione sulle Foibe
Per capire quanto è accaduto è quindi necessario andare indietro nel tempo, alla Storia per eccellenza che nel nostro caso è rappresentata dalla Storia del Novecento, questo secolo terribile e affascinante di cui noi tutti siamo figli, nipoti e pronipoti. Non si può capire cosa sono state le foibe, perché è successo quello che è accaduto, se non torniamo indietro nel tempo, alle ragioni che le hanno provocate. E allora per fare questo dobbiamo tornare alla fine della prima guerra mondiale, alla vittoria mutilata, al processo che portò al fascismo, alla dittatura di un megalomane, a Mussolini e alla sua alleanza con quel folle criminale di guerra che si chiamava Adolf Hitler, assetato di potere e di voglia di conquistare il mondo intero piegandolo alle ragioni, non meno folli e criminali della presunta razza ariana. Premesso che non esistono guerre educate, fatte con i fiori, con i “prego” e con le scuse, bisogna sempre ricordare che la guerra è sangue, violenza brutale, assassinio feroce, dove la pietà è morta e sepolta. Ma detto e chiarito questo concetto, nessuno vuole sminuire, anzi, siamo tutti d'accordo, oltre ogni ragionevole dubbio, come direbbe una sentenza di Tribunale, che quanto accadde nell'Istria e nelle zone limitrofe di Gorizia, Trieste, Udine e nella vicina Dalmazia, fu una tragedia, senza se e senza ma. Ciò che ancora divide, storici di varia provenienza e le diverse forze politiche, è sulle cause all'origine del dramma vissuto da decine di migliaia di italiani, E questo vale ancora oggi, a 80 anni da questi fatti. La differenza fondamentale che ancora oggi vieta una memoria condivisa sta tutta in una semplice frase: La Destra in generale ed i neofascisti in particolare, ricordano solo l'epilogo, la fase finale di questa triste vicenda, quella a loro più favorevole, per la destra le sofferenze patite dalla popolazione istriana e dalmata iniziano l'otto settembre 1943, per la Sinistra queste sofferenze cominciano già nel 1920 con la terribile frase pronunciata da Benito Mussolini, il quale affermò in un famoso discorso tenuto a Pola, esattamente il 24 settembre 1920: «Di fronte a una razza inferiore e barbara come la slava non si deve seguire la politica con lo zuccherino, ma quello del bastone. I confini dell'Italia devono essere il Brennero, il Nevoso e le Dinariche. Io credo che si possono sacrificare 500mila slavi barbari a 50mila italiani.» Fatti materiali dunque, non semplici idee che generano conseguenze, come direbbe il buon Carlo Marx, troppo presto lasciato nel cassetto oscuro della Storia. Di certo non aiuta l'attuale situazione politica, con la dura contrapposizione tra destra e sinistra tornata, per certi versi, a livelli degli anni Cinquanta, dove gli antichi odi, mai veramente sopiti, sembra siano tornati prepotentemente alla ribalta. Basta dare un'occhiata ai vari social per rendersi conto di quello che sta succedendo, anche grazie soprattutto al ritorno di numerose frange neo fasciste che sembrano aver rialzato la testa con le loro continue provocazioni, dall'assalto alla sede nazionale della Cgil da parte di elementi eversivi di Forza Nuova, fatto mai verificatosi in precedenza nella storia repubblicana del Paese, alla manifestazione di Acca Larentia con il raduno di un qualche migliaio di neo fascisti uniti nel saluto romano, fino alle numerose provocazioni di Casa Pound, il movimento di estrema destra forse più conosciuto. Ma torniamo al nostro argomento, ad alcuni fatti oggettivi, come dire alle cause prime che provocarono gli effetti, alle azioni che causarono le reazioni. È vero che con i se e con i ma non si fa la storia, ma un fatto è certo: se quel fanatico di Mussolini, preso dalla sua follia imperiale, non avesse dato ascolto alle sirene hitleriane della facile vittoria e non fosse entrato in guerra al fianco della Germania (come del resto fece il più furbo dittatore spagnolo, Francisco Franco, arrivato al potere grazie al sostanzioso aiuto militare ricevuto dal Duce e da Hitler, dichiarandosi neutrale), oggi, probabilmente l'Istria sarebbe ancora italiana, una bellissima Regione italiana. Ma purtroppo così non è stato, con tutte le catastrofiche conseguenze di una guerra malamente perduta, di una successiva orribile guerra civile e la perdita di alcuni territori nazionali. Ma quello che dobbiamo fare, come ho già provato a dire, sono diversi passi indietro, dobbiamo infatti tornare all'indomani della prima guerra mondiale, a quella vittoria mutilata che portò all'occupazione di Fiume e alla successiva attribuzione dell'intera Istria e parte della Dalmazia, terre rivendicate da sempre come italiane. Probabilmente nulla sarebbe accaduto se, come ci avevano insegnato gli antichi Romani, dominatori del mondo, avessimo rispettato la lingua, la religione ortodossa e le tradizioni di quelle terre e invece, inseguendo le ubbie del fascismo su una presunta, inesistente superiorità di razza, la stessa che aveva dato vita al feroce, sanguinario antisemitismo, commettemmo da subito una serie di nefandezze. Quali? Nel 1923 con la Riforma Scolastica di Giovanni Gentile, ministro della pubblica istruzione del Governo Mussolini, la più fascista delle riforme, fu abolito e vietato nelle scuole l'insegnamento della lingua croata e slovena, che pure riguardava gran parte della popolazione locale. Sempre nel 1923 furono imposti d'ufficio nomi italiani a tutte le località dei territori assegnati all'Italia con il Trattato di Rapallo (1920 che attribuì all'Italia Trieste, Gorizia Pola, Zara e altri limitrofi territori abitati da 500mila croati e sloveni), pur essendo abitato quasi esclusivamente da croati e da sloveni. Si dice che la dabbenaggine fascista arrivò a italianizzare perfino i nomi dei morti sepolti nei cimiteri! A proposito della bella città di Pola, capoluogo storico dell'Istria e oggi in Croazia, apro una piccola parentesi per dire che qui vi nacque il grande cantautore italiano, Sergio Endrigo, costretto con la famiglia a lasciare la città di origine per rifugiarsi a Venezia e che alla diaspora degli italiani d'Istria dedicò una bellissima, malinconica canzone, poesia pura, intitolata 1947e che vi invito a riascoltare. Nel 1926 le autorità fasciste italianizzarono i cognomi dei croati e degli sloveni. Agli atti seguirono, com'era consuetudine dei fascisti le minacce, del tipo «Noi squadristi con metodi persuasivi faremo rispettare il presente ordine», e si sa quali erano questi metodi, gli stessi fatti provare agli antifascisti italiani nel biennio nero ed oltre. L'italianizzazione forzata e la politica di assimilazione delle minoranze accompagnata da minacce e violenze, feroci pestaggi, fino ad arrivare a bruciare le case del popolo e interi villaggi. Non mancarono le espropriazioni delle terre tolte ai contadini locali e date ai coloni italiani. Si arrivò perfino a proibire l'uscita dei giornali e la pubblicazione di libri nella lingua d'origine. Tutto questo provocò un naturale diffuso senso di paura, di diffidenza e di vendetta covata a lungo ed infine esploso nel settembre ottobre di quel micidiale 1943. Le cose peggiorarono con l'istituzione del Tribunale Speciale per la difesa dello Stato, condannando gli oppositori a lunghi anni di carcere e condanne a morte creando i presupposti che spinse successivamente la popolazione slava a infierire contro gli italiani dell'Istria. Furono 978 gli slavi condannati in quanto antifascisti. Pare anche assodato che i primi ad usare le foibe furono proprio i fascisti, utilizzate contro gli oppositori slavi solo perché si rifiutavano di parlare in italiano o di italianizzare il proprio cognome. Non mancarono diversi campi di concentramento nei quali vennero rinchiusi migliaia di sloveni, croati, bosniaci. Si parla di almeno 23mila persone di cui tremila bambini. Almeno 1500 quelli che vi morirono. E veniamo ai tragici avvenimenti che si susseguirono dopo l'8 settembre 1943, quando si organizzò la resistenza croata e slovena, in particolare del movimento partigiano di Tito, contro la nuova occupazione tedesca, iniziata il 2 ottobre 1943 dei territori di Gorizia, Udine, Trieste, Pola, Fiume e Lubiana provocando, di fatto, i primi episodi, seppure marginali, di violenza anti italiana. I fatti precipitarono quando i nazisti, comandati dal famigerato Ludwig Kubler, avviarono una lotta crudele e senza quartiere al movimento partigiano comandato dal comunista Tito, avvalendosi dell'aiuto di forze armate collaborazioniste italiane della cosiddetta Repubblica di Salò (Guardia nazionale Repubblicana e famigerate Brigare nere), con violenze, torture, fucilazioni, impiccagioni. Tra gli orrori del nazifascismo non possiamo non ricordare il famigerato campo di smistamento e di deportazione della Risiera di san sabba di Trieste, un vecchio stabilimento per la pilatura del riso trasformato in un vero e proprio campo di sterminio a seguito dei vasti rastrellamenti eseguiti dalle SS e dalle criminali Brigate Nere mussoliniane, nelle varie province di Trieste, Udine, Gorizia e loro retroterra. In questo campo sono almeno cinquemila quanti persero la vita nei modi più atroci. Dal 1965, è monumento nazionale e dal 1975 Museo Civico. Fatti che la destra, quella reazionaria e fascista non ama ricordare, come non ama ricordare un altro campo di concentramento, quello di Arbe, un’isola del Quarnaro, oggi in territorio croato. A questo punto la reazione altrettanto terribile fu inevitabile. Seguì la fuga di circa 300mila italiani che abbandonarono l'Istria, trovando rifugio nelle confinate regioni italiane Questi sono gli antefatti, la causa prima di quanto accadde dopo, dalla fine di aprile, tra maggio e giugno del 1945, dando inizio al processo inverso, passando dalla italianizzazione forzata alla slavizzazione forzata. Non si conosce il numero esatto delle vittime italiane trucidate, difficile quantificare il numero di quanti caddero combattendo, tra partigiani e civili uccisi dai tedeschi e sloveni e oppositori di Tito. Si dice fra tremila a trentamila. Il numero degli italiani dovrebbe essere inferiore ai cinquemila, di cui un migliaio fatto precipitare nelle foibe, i restanti fucilati o morti di fame e di stenti nelle prigioni e nei lager. Ma chi erano questi italiani? Sicuramente, inizialmente, a essere arrestati e condannati con giustizia sommaria furono i fascisti che in passato si erano macchiati di efferate atrocità, i Podestà, le camicie nere, gli squadristi, i collaborazionisti, funzionari comunali, esattori delle tasse, insegnanti e, naturalmente, militari, carabinieri e perfino guardie di finanza che non avevano partecipato alla repressione contro i partigiani, ma solo in quanto tutori dell'ordine fascista. Venne poi il turno dei commercianti, degli imprenditori, dei possidenti, dei professionisti. Tra gli assassinati dai partigiani di Tito, vi furono almeno 50 sacerdoti considerati ceto dirigente, complici del fascismo e come tali fucilati, infoibati. Così come furono distrutte delle antiche chiese bizantine, romaniche e veneziane, vandalizzandole. Si colpiva, insomma, chiunque era stato coinvolto nella amministrazione italiana fascista, odiata per le prevaricazioni, il pesante fiscalismo e per la politica di italianizzazione forzata. Lotta politica, dunque ma anche lotta sociale da parte di coloni e mezzadri contro gli odiati possidenti italiani per tutte le angherie che avevano dovuto subire negli ultimi venti anni. Era la giusta vendetta e sete di giustizia contro i crimini di guerra dei fascisti, la rivolta dei rurali slavi contro la borghesia italiana, una sorta di resa dei conti, o, se preferite, la giusta lotta di classe contro la pulizia etnica operata dal fascismo. Poi, purtroppo, inevitabilmente si passò dalla colpevolezza personale alla colpevolezza della nazionalità e ad essere arrestati e spesso fucilati erano anche semplici civili italiani in quanto tali. Dopo la fine della seconda guerra mondiale e la costituzione della nuova Iugoslavia retta dal comunista Josef Broz, meglio conosciuto comunemente come Tito, si passò al processo inverso: dalla italianizzazione forzata alla slavizzazione forzata, fino ad arrivare a una vera e propria seconda pulizia etnica e politica con la eliminazione fisica di tutti gli oppositori, sia essi militari, poliziotti, collaborazionisti, spie, delatori e in particolari tutti i militari della Repubblica Sociale Italiana catturati dopo la cacciata definitiva dei tedeschi. Tutti passati per armi o morti nei campi di prigionia. Catturati e fucilati furono perfino numerosi antifascisti, membri del Comitato di Liberazione Nazionaleche avevano collaborato con i partigiani di Tito. Erano colpevoli di essere italiani o comunque filo italiani. Intanto continuò sistematicamente la propaganda anti italiana tesa ad obbligare i nostri connazionali ad abbandonare quelle terre, ormai ostili. Abbiamo su queste testimonianze opposte, tese a smentire la sistematica pulizia etnica fatta con diversi metodi, ora persuasivi, ora violenti. Di fatto assistiamo ad un processo inverso di cancellazione totale di ogni italianità, con l'abbattimento dei monumenti, la cancellazione dei nomi italiani delle strade, le proprietà italiane confiscate e assegnate agli slavi. Di certo molte uccisioni avvenivano in maniera spaventosamente crudele, con i condannati legati in una lunga catena, l'uno dietro l'altro, con filo di ferro stretto ai polsi e schierati sugli argini delle foibe. I primi, precipitando trascinavano gli altri sventurati condannandoli a una lunga atroce sofferenza per diversi giorni sui cadaveri dei loro compagni ammazzati. Insomma un eterno ritorno, di vittorie e sconfitte, di orrori senza fine, ora di una parte ora dell'altra, ma a pagare il prezzo più alto sono sempre e soltanto gli stessi: gli ultimi, i più deboli, i più poveri, gli innocenti di sempre, ieri come oggi, così come ci stanno insegnando gli avvenimenti di questi nostri tempi infelici, con le guerre in Ucraina, con le stragi degli israeliani da parte dei terroristi di Hamas e il successivo genocidio dei palestinesi da parte dell'esercito israeliano, una vera e propria pulizia etnica di un popolo da sempre martire. Ma da tutto questo noi non impareremo nulla, perché da sempre non vi è nulla di nuovo sotto il sole dell'umanità e a vincere sarà sempre e soltanto l'egoismo dei potenti, della razza padrona. In definitiva per chiudere questa mia riflessione sento l'obbligo di dire che il grande errore dell’Italia è stato di non aver mai parlato dell’atroce politica colonizzatrice nella ex Jugoslavia e di non aver mai ammesso e chiesto scusa per i crimini del regime fascista. Mentre a Norimberga i criminali nazisti vennero messi alla sbarra, in Italia non si celebrò mai un processo e non ci fu nessun condannato per gli altrettanto gravi fatti commessi in Istria e in Dalmazia. Non è solo una questione di essere comunisti, fascisti, democristiani, leghisti o che altro, ma di riconoscere il reale corso degli eventi della storia, quello che oggettivamente è stato. Ma questo processo in Italia sembra ancora lontano, siamo ancora tutti eccessivamente tifosi e questo non è un bene e non aiuta la pacificazione, come dimostra, per esempio, il modo di governare di questo governo di destra, teso a smantellare le poche cose buone fatte dai precedenti governi, priva di una reale classe dirigente capace di governare i moderni processi, ridotta a nominare ministri che poco o nulla sanno dell'arte del governare, spesso dal passato poco chiaro, finanche pregiudicati, pieni di arroganza, consapevoli del potere che hanno e usano spesso indiscriminatamente e come dimostra la stessa opposizione di presunta sinistra chiusa nei suoi recinti pseudo ideologici, la cui superiorità morale è in gran parte andata perduta, uccisa da una falsa modernità, inseguendo il falso consumismo e un capitalismo che di umano ha ancora molto poco, oggi come duecento anni fa.
Raffaele Scala
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