Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Nei campi di lavoro inglesi per gli studenti negli anni ‘50

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Negli anni ‘50 del secolo scorso in tutta l’Europa era in atto la ricostruzione dopo le immani distruzioni dovute alla guerra terminata pochi anni prima. Vi era necessità di forza lavoro, mancavano le braccia per i lavori manuali anche per il numero spaventoso di soldati deceduti o feriti durante il conflitto. Le donne e anche gli studenti potevano contribuire alla ricostruzione.

Nel 1951 frequentavo il I° anno della facoltà di medicina dell’Università di Firenze. Durante le vacanze estive gli studenti potevano partecipare a campi di lavoro volontario in alcuni Paesi europei, durata un mese, vitto e alloggio gratuiti, viaggio di andata e ritorno a carico dello studente. Nel luglio feci la mia prima esperienza in un campo di lavoro in Svizzera con esito positivo, ma l’anno successivo scelsi l’Inghilterra per vari motivi.

Negli anni ‘30, nella mia infanzia, questo Paese, secondo il regime fascista, faceva parte delle odiate “demoplutocrazie” che opprimevano l’Italia.

Nel giugno 1940 con la dichiarazione di guerra, l’Inghilterra divenne la “perfida Albione”, ma nel dopoguerra fu riconosciuta l’eroica resistenza del popolo inglese all’attacco nazista.

Quando Firenze fu liberata, nell’agosto del 1944 avevo avuto rapporti cordiali con i soldati inglesi e negli anni successivi partecipai a corsi di lingua inglese all’Istituto Britannico di Firenze.

Ero l’unico allievo di sesso maschile, l’importanza della conoscenza di quella lingua non era ancora compresa. Nella biblioteca dell’Istituto avevo scoperto poesia e politica di quel popolo leggendo I wandered lonely as a cloud di William Wordsworth, il poeta romantico, con la descrizione dei dancing daffodils, i dorati narcisi danzanti e il romanzo Brave New World di Aldous Husley con la denuncia di una società distopica.

Sono partito per Londra nel luglio del 1952 con altri studenti fiorentini. Il viaggio in treno attraverso la Francia fu lungo e faticoso, ma durante la traversata notturna della Manica, sul traghetto, fummo ripagati dalla apparizione delle bianche scogliere di Dover illuminate dalla luna, una visione molto romantica.

All’arrivo a Victoria Station, alcuni particolari ci fecero subito intravedere un modello sociale diverso dal nostro. Anche per la stanchezza del viaggio, ci colpì la facilità di uscita dai vagoni con le pensiline poste alla stessa altezza dei vagoni, senza gli alti scalini che rendevano faticoso l’accesso e l’uscita dai treni italiani.

Quando ci precipitammo allo sportello di un ufficio d’informazioni ignorando la fila di persone che aspettavano pazientemente il loro turno, venimmo redarguiti con un deciso Dont’jump the queue! (Non saltate la fila!); fuori della stazione notammo che gli uomini, indenni da maschilismo familiare, spingevano le carrozzine con i loro figli.

Il campo di lavoro era in aperta campagna, circa 150 km a nord di Londra, vicino a Coventry; consisteva in semicilindrici hangar metallici, due erano adibiti a dormitorio con circa 20 brande ciascuno, uno per i maschi e uno per le femmine, mensa in comune, cibo modesto per qualità e quantità, la fame costante.

Un giorno tornando dal lavoro inseguimmo una gallina isolata nel vano tentativo vano, d’integrare la dieta. La campagna aveva dolci colline ondulate, coltivate con cura, ma i narcisi dorati descritti da Wordsworth erano già fioriti. Il lavoro piuttosto faticoso, consisteva nella raccolta di grano e fieno, gli orari al campo erano rigidi sia per i pasti che per il riposo notturno, alle 22 tutte le luci dovevano essere spente.

Ci compensavano il fascino e l’allegria della vita collettiva, il contatto con studenti di nazionalità diverse, la cordialità diffusa e il rispetto reciproco.

L’Inghilterra ospitava anche studenti extraeuropei. Alle riunioni uno studente indiano, con un gran turbante ed una bella barba nera, voleva che tutti brindassero con lui e si adirava se rifiutavano. Uno studente giapponese si era arrogato il ruolo di guardiano notturno e alla sera, passeggiando tra le brande, imponeva il silenzio con imperiosi Shut -up! (Chiudete il becco!). Una sera rientrò barcollando, aveva bevuto troppo, e perse ogni autorità. Gli studenti inglesi discutevano animatamente tra loro se il loro Paese dovesse ancora far parte del Commonwealth britannico (leggi impero inglese) e se aderire all’Europa, temi ancora prematuri in Italia. Tra le ragazze del campo c’era Elsa, una graziosa studentessa londinese, che frequentava una scuola artistica.

Un fine settimana, ci recammo insieme in un pub nella città di Coventry: erano ancora visibili le macerie dovute ai terribili bombardamenti tedeschi del giugno 1940. Anche Elsa ricordava alcuni eventi bellici nell’infanzia.

Il termine “coventrizzare” era poi entrato nella lingua corrente per indicare un bombardamento a tappeto di una città. Nel febbraio 1945 questa tragica sorte toccò a Dresda la città artistica della Germania, priva di obbiettivi militari, ad opera dell’aviazione alleata. I morti furono 40mila contro i 1500 di Coventry. Fu considerata una vendetta. Anche i popoli più civili perdono in guerra il controllo etico.

La gita successiva fu a Stratford-upon- Avon,una romantica cittadina dove William Shakespeare nacque e trascorse l’infanzia. L’atmosfera era idilliaca, non erano ancora arrivate le folle dei turisti, ora cinque milioni /anno.

Elsa era la mia guida. Avevo conosciuto anche la madre: vivevano in una casetta a due piani con giardino, allineata con le altre in una tipica strada di periferia, con i lampioni illuminati.

Tornai in Inghilterra l’anno successivo e ritrovai Elsa. Il campo, vicino alla città di Birmingham, aveva una struttura simile al precedente, di fronte ad una grande estensione coltivata a fragole. Il nostro lavoro consisteva nella raccolta dei frutti, veniva compensato pesando la quantità raccolta. Il compenso era modesto, ma fu sufficiente per prolungare il soggiorno. Le lunghe ore piegati nella raccolta provocavano un notevole mal di schiena, gli studenti francesi, che non amavano quel lavoro, cercavano di raccogliere le fragole trascinandosi sdraiati tra le file dei cespugli.

Alla fine del mese con un compagno toscano, in perfetto accordo, decidemmo di andare in Scozia: zaini in spalla, percorremmo in autostop la Great North Road, la strada più lunga del Regno Unito, allora non autostrada, da Birmingham attraverso Manchester fino a Edimburgo circa 1000 km tra andata e ritorno.

La strada era costellata di alberghi della gioventù per le soste notturne. Autostop in inglese hitchhiking, o più semplicemente thumbing, agitare il pollice, è stato un gesto popolare per tanti anni sulle strade del mondo, una modalità per viaggiare gratis, adesso praticamente scomparsa.

Con alcuni passaggi il tratto percorso era breve, con altri più lungo. Impiegammo diversi giorni per il viaggio di andata e ritorno, ma questo ci permise di entrare in contatto con un notevole numero di persone di diversa estrazione sociale, scambiando opinioni e commenti. Disponibilità e gentilezza a parte, avvertivamo un comune senso di fierezza di un popolo unito che aveva vinto la guerra, espresso con un tipico understatement, lontano dal trionfalismo italico.

La campagna scozzese era molto diversa da quella toscana, con rare abitazioni.

A Edimburgo dedicammo molto tempo all’acquisto di piccoli regali ricordo da riportare in Italia, voleva essere anche una testimonianza di come eravamo riusciti ad arrivare così lontano.

Al ritorno a Londra dormimmo nell’ostello Deep Shelter, Rifugio profondo, situato in un tratto dismesso della metropolitana a 50 metri di profondità dove vi si rifugiavano i londinesi durante i terribili bombardamenti del 1940-41 e del 1944-45. Anche la foto ricordo con Elsa sul ponte di Waterloo prima della partenza mi fece rivivere la storia: nel 1940 era stato girato un film da nome omonimo, dove si narrava la separazione di due innamorati dovuta alla guerra con esito tragico, quella con Elsa fu definitiva.

Ho avuto spesso nostalgia di quel periodo, avevo addirittura pensato di poter proseguire gli studi in Inghilterra, la perfida Albione mi aveva stregato.

Dopo la laurea e la specializzazione nei decenni successivi ho avuto stretti rapporti con i medici inglesi per progetti comuni d’interesse clinico. Ammiravo il loro SSN istituito rapidamente nel 1947 subito dopo la fine del conflitto mondiale, il nostro sarebbe stato realizzato nel 1978, trent’anni dopo, con faticose lotte politico -sindacali. Ora la Brexit, una decisione populista promossa da politici incompetenti, ha messo a dura prova, ma non del tutto rimossa, la mia giovanile anglofilia.

 

Alberto Dolara

 

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