Antonella Orefice prosegue la sua ricerca storiografica
Antonella Orefice, direttrice del “Nuovo Monitore Napoletano”, continua a pubblicare pregevoli saggi storiografici. Dopo il volume “Le austriache. Maria Antonietta e Maria Carolina, sorelle regine tra Parigi e Napoli” (2022), e “Tra le mani del boia. Tre secoli di pena capitale a Napoli dai Viceré ai Savoia” (2023), esce ora, a sua cura, “Il fondo Sant’Uffizio Dell’Archivio Storico Diocesano di Napoli. Inventario (1648-1766)”. Il libro è pubblicato nell’anno in corso dalla “Editoriale Scientifica” di Napoli. Com’è noto, l’origine dell’Inquisizione risale al Medioevo, e assume forma strutturata nel 1184, nel Concilio di Verona presieduto da Papa Lucio II e dall’imperatore Federico Barbarossa. Molti la conoscono per sentito dire e ne hanno quindi notizie frammentarie e slegate. L’autrice intende porre rimedio a tale situazione illustrando il funzionamento dei tribunali dell’Inquisizione in diversi contesti geografici. Nel Medio Evo l’Inquisizione conobbe una prima fase vescovile (1184-1231), durante la quale vennero condannate soprattutto le dottrine pauperiste sostenute da Catari, Valdesi e altri gruppi eretici. A partire dal 1231 compaiono in varie parti del continente europeo tribunali presieduti da inquisitori permanenti. Fu Papa Gregorio IX a istituirli affidandoli ai frati domenicani.
Si tratta di fatti conosciuti grazie non solo al lavoro degli storici, ma anche al successo di romanzi celeberrimi come “Il nome della rosa” di Umberto Eco. Tutti coloro che venivano accusati a vario titolo di eresia erano indagati da questi tribunali, i quali ricorrevano alla tortura se l’accusato rifiutava di confessare. Gli imputati non potevano evitare la morte. Gli eretici impenitenti erano bruciati vivi, mentre i pentiti venivano impiccati o decapitati. La prima Inquisizione “moderna” ebbe origine in Spagna tra il 1478 e il 1480. Su impulso dei Re cattolici Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia essa fu centralizzata e colpì soprattutto ebrei e musulmani che vivevano da secoli nel Paese iberico. Essi avevano solo due scelte: la conversione o l’espulsione. L’Inquisizione divenne un potente strumento ci controllo di tutti i cittadini (inclusi i cristiani). Circa 200.000 persone furono processate e 12.000 condannate a morte. In seguito, con il Concilio di Trento, le attività inquisitorie si diffusero in Italia prendendo di mira luterani, calvinisti e anglicani dopo lo scisma inglese. Ma vennero condannate anche personalità celebri quali Girolamo Savonarola, giustiziato a Firenze nel 1498, e filosofi quali Tommaso Campanella e Giordano Bruno, arso vivo in Campo de’ Fiori nel 1600. Notissima è pure la vicenda di Galileo Galilei, costretto a rinnegare la teoria eliocentrica per aver salva la vita. Ma anche filosofi come Cartesio e Vico furono sottoposti allo scrutinio dell’Inquisizione poiché le loro tesi non concordavano con quelle della Chiesa cattolica. L’autrice ripercorre con precisione le varie fasi della storia dell’Inquisizione, che con il trascorrere del tempo finì col perdere almeno parte della sua primitiva importanza, anche a causa dell’ostilità manifestata da esponenti di spicco della Chiesa stessa. Fu poi il Concilio Vaticano II, convocato da Papa Giovanni XXIII nel 1959, a dare al Santo Uffizio il nuovo nome di Congregazione per la Dottrina della Fede, presieduta per molti anni dal futuro Pontefice Benedetto XVI. Tale Congregazione ha perduto le caratteristiche peggiori dell’Inquisizione, continuando tuttavia a vigilare su ogni possibile deviazione dalla dottrina della Chiesa. L’operato dell’Inquisizione va quindi giudicato storicamente, pur notando che essa ha caratterizzato con nettezza molti secoli della storia europea. Il volume, come già altre opere di Antonella Orefice, è corredato da un imponente apparato di note, e dall’elenco completo delle denunce ricevute dai tribunali inquisitori e degli atti dei processi, con nome e posizione degli inquisiti e dei condannati. Lavoro davvero encomiabile e completo, messo a disposizione degli specialisti del settore che, finora, non avevano di nulla di simile. Mette tuttavia conto notare che esso presenta anche notevoli spunti per la riflessione dei filosofi, giacché mette in evidenza la continua lotta tra dogma e pensiero libero da pregiudizi.
Michele Marsonet (Docente ordinario di Filosofia delle Scienze Umane nel Dipartimento di Filosofia dell’Università di Genova, dove è stato preside di Facoltà e prorettore alle relazioni internazionali.)
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