Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Il grande imperatore filosofo Giuliano sfregiato nell'immaginario storico

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Nella ‘realtà effettuale’ della storia, quella scientificamente, filologicamente accertata (contro la quale combattono le religioni dogmatiche e acritiche e i vari ignoranti, che circolano sempre in ogni generazione), l’altro grande imperatore filosofo romano, accanto a Marco Arelio, è Giuliano, vissuto tra i 331 e 363 dopo Cristo (appena 32 anni di vita, ma intensa e memorabile), dopo i tre primi imperatori nettamente schierati a favore del Cristianesimo (Costantino, Costantino II, Costanzo II), che favorirono e arricchirono solo e soltanto la nuova religione, contro la linea di millenaria tolleranza religiosa, che era stata una delle ragioni segrete del successo storico romano, poiché si rispettavano accortamente culti e religioni dei popoli conquistati.

Giuliano, pur appartenendo alla stirpe dalla quale era uscito Costantino, seppe intuire dall’alto di una profonda formazione culturale e filosofica i pericoli del privilegio di una sola religione, e di quella cristiana in particolare, e cercò disperatamente, in modo commovente e indimenticabile, di rinnovare l’antico solco di tolleranza e di libertà religiosa romane, non negando alcun diritto ai cristiani di professare la loro religione, ma restaurando la dignità e il diritto dell’antica e millenaria religione greco-romana di avere il suo doveroso spazio e di professare con nuova consapevolezza la sua fede e permettendo ad es. agli stessi Ebrei di ricostituire il loro tempio a Gerusalemme, anche se l’opera rimase poi incompiuta per la sua morte e l’avvento del fanatismo dei suoi successori fino all’indegno imperatore Teodosio, che impose il cristianesimo nel 380, con l’Editto di Tessalonica, come unica e ufficiale religione di stato con la persecuzione e la distruzione ufficiali di tutte le altre, inizio della vera crisi del mondo romano e delle tragedie antropologiche, che proiettano sinistramente le loro ombre anche nel Duemila.


Giuliano, nato a Costantinopoli nel 331 da padre romano e da madre greca, pur con una infanzia e adolescente drammatiche, essendo uno dei due piccoli sopravvissuti alla strage di possibili pretendenti compiuta dagli assassini figli cristiani di Costantino (altro che pietà cristiana e amore dei propri fratelli !), tenuto lontano dalla corte in un sostanziale esilio a Nicomedia prima e in una sperduta località dell’attuale Turchia, Macellum, poi, dedicò la sua vita al sapere letterario e filosofico greco-romano, ritenendolo giustamente il più grande patrimonio dell’umanità, assumendolo come guida intellettuale, morale e religiosa: da Omero soprattutto a Platone, ad Aristotele a Tucidite, a Demostene, ad Eschilo.

Incontrò le personalità filosofiche più importanti del suo tempo e andò a studiare anche ad Atene, che era ancora la capitale degli studi antichi, piena di studenti, provenienti da tutto il mondo mediterraneo.

Fu anche scrittore importante, che ci ha lasciato lettere, opere letterarie, di polemica filosofica e religiosa (pur monche e sparpagliate per la lotta feroce che fu fatta verso la sua memoria dalla chiesa cristiana), che andrebbero diffusamente pubblicate e fatte conoscere con la sua vita e le sue imprese.

Rientrato a corte, per la mancanza di discendenti di Costanzo II, fu mandato in Gallia per affrontare il pericolo delle popolazioni germaniche (gli Alamanni) e franche.

Qui, nel ricordo soprattutto di Alessandro il Grande (che aveva avuto come maestro Aristotele), dei grandi eroi omerici, di Cesare, la cui opera ‘De Bello Gallico’ studiò a lungo, dispiegò una lucida ed efficace strategia e dimostro un valore indimenticabili, da vero romano, fino ad ottenere il consolidamento della frontiera del Reno e il rientro permanente del mondo gallico sotto l’impero romano.

Scelse per tre inverni di riposare nella colonia romana di ‘Lutetia Parisiorum’, l’attuale Parigi, che ha avuto in Giuliano uno dei primi cari ammiratori, che ne ha lasciato un ricordo affettuoso, come di un suo devoto cittadino(ed è veramente una strana e singolare vicenda storica quella del legame tra il grande imperatore filosofo, dalla viva sensibilità culturale e di difesa della libertà religiosa, e la Parigi destinata a divenire storicamente e nell’immaginario del mondo la città simbolo della Libertà e della Cultura).

Divenuto imperatore per la morte di Costanzo II, si impegnò con viva sensibilità politica e civile nel diminuire il peso fiscale, nel ridurre le fastose spese di corte, nel ridare nuova vitalità alle città, perno delle virtù romane, nel rinnovare il culto della cultura e della religione greco-romane, indicando l’esigenza di una migliore preparazione dei sacerdoti, sapendo trarre come lezione dallo stesso cristianesimo le indicazioni di una apertura ai poveri, ai deboli, ai malati.

Conosceva il vero segreto del consenso verso questa nuova religione, che non stava tanto nella sua pretesa superiorità culturale (Vecchio e Nuovo testamento erano poca cosa, secondo Giuliano, e giustamente, di fronte alla secolare, grande tradizione culturale greca di Omero, di Erodoto, di Tucidite, di Eschilo, di Socrate, di Platone, di Aristotele, di Plotino, erano libri elementari, che non avevano poi bisogno di chissà quali interpretazioni, espressione di un popolo minore e senza rilievo storico come quello degli Ebrei, ai quali appartenevano come eresia i Cristiani, ma nella carità, nell’apertura concreta e quotidiana verso i poveri e i sofferenti.

Pacificato l’impero nella parte occidentale, esso era insidiato ad Oriente dai Persiani della stirpe dei Sasanidi. Giuliano, nei suoi doveri di imperatore e nel solco del grande sogno di Alessandro Magno di portare all’unione o alla collaborazione, in modo profondo, il mondo greco-romano con quello medio-orientale persiano (problema ancora oggi all’ordine del giorno), avviò una campagna militare memorabile, che portò anche alla conquista della stessa capitale di quell’impero Ctesifonte, ma non si giunse alla definitiva e decisiva sfida campale.

In una scaramuccia secondaria, essendo uscito di slancio dalla tenda per andare in prima linea, come sempre, dimenticando quindi di indossare la corazza, fu ferito mortalmente al fianco da una lancia.

Morì così a 32 anni, giovane come Alessandro Magno e come lui carico di futuro, anche se i suoi risultati preziosi furono distrutti dall’ondata fanatica cristiana dei suoi successori.

La chiesa cristiana, nemica da sempre e anche oggi nel profondo (pur con accorte, volpine, collaudate strategie di ‘dialogo’ e di ‘ecumenismo’) di chiunque professa altra religione o ha altra visione del mondo, perché è fanaticamente convinta, come lo stesso islam e altre religioni integraliste, di essere ‘l’unica depositaria della Verità’ e vede quindi tutti gli altri come ‘pecorelle smarrite’, ‘sbandati’, o peggio ‘eretici’, ha scagliato il suo anatema storico, approfittando di tanti eunuchi anche della ricerca storica ufficiale, presentando e facendo passare nella storia il grande imperatore Giuliano’ come ‘l’apostata’, il rinnegato, il traditore, espressione del diavolo.

Questa è la tragica, dura’ ed ’effettuale’ realtà, con la quale ancora oggi devono far fronte, anche per mille altre vicende della complessa realtà storica, la memoria e l’azione degli uomini liberi e onesti intellettualmente e moralmente, che si trovano a vivere nell’orizzonte antropologico dominato in modo pervasivo da questi irriformabili, immodificabili cristiani (sia cattolici che riformati in Occidente e cristiano-ortodossi in Oriente).

 

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