Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Il problema del cambiamento climatico

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Vi sono, oggi, argomenti di cui è difficile – e a volte impossibile - discutere serenamente, perché i criteri della correttezza politica impongono risposte e soluzioni preconfezionate.

Si pensi per esempio alle questioni di genere, dove risulta arduo, anche per scrittori e intellettuali famosi, sostenere che i sessi sono soltanto due, e che il genere è un fatto naturale e non culturale.

Altro caso scottante è quello della “cancel culture”, ormai diffusa a macchia d’olio nei Paesi anglosassoni con appendici significative anche altrove. Si ha un bel dire che la storia non si può riscrivere e che il passato non può essere modificato, neppure nei libri. Se lo fate, sarete subito accusati di essere oscurantisti e negazionisti, termini ormai diventati di uso comune.

Ma c’è un altro argomento in cui la discussione serena è pressoché vietata. Parlo dello spinoso tema del cambiamento climatico. Impossibile negarne l’esistenza giacché le sue conseguenze si manifestano davanti ai nostri occhi con ritmo costante. Quando però si parla delle sue cause, la giovanissima Greta Thunberg continua a fare scuola e le sue tesi vengono accettate quasi sempre senza discutere.

Sarebbero gli esseri umani, con il loro comportamento irresponsabile, ad aver causato il cambiamento che influisce in modo pesante sulle nostre vite. Ne consegue che è sufficiente diminuire in modo drastico le attività inquinanti, e in particolare quelle industriali, per invertire la tendenza e rendere di nuovo vivibile il nostro pianeta.

Ma è davvero così? Gli scienziati in cerca di popolarità a buon mercato si accodano al pensiero dominante senza porsi troppi problemi. Altri scienziati, invece, cercano di ragionare e di far capire che lo schema Thunberg è troppo semplicistico per essere accettato, e tentano di fornire spiegazioni più realistiche.

 

Essi notano, ad esempio, che nel corso della storia naturale i cambiamenti climatici sono sempre esistiti, come dimostra l’alternanza tra epoche fredde ed epoche calde non solo nel periodo preistorico, ma anche in secoli abbastanza vicini al nostro.

Ne parlano, in uno studio pubblicato dalla rivista “Science Advances”, alcuni ricercatori del MIT (Massachusetts Institute of Technology), formulando l’ipotesi che le trasformazioni climatiche, inclusa quella che ci coinvolge attualmente, siano dovute a periodici mutamenti dell’inclinazione dell’asse terreste, i quali modificano il modo in cui il nostro pianeta riceve i raggi solari.

Si spiegherebbe così perché la Groenlandia, ora coperta di ghiaccio, fosse un tempo piena di vegetazione come indica il suo stesso nome di “Terra verde”. Si spiegherebbe anche il fatto che il Sahara non sia sempre stato un deserto, bensì un territorio che un tempo ospitava flora e fauna in abbondanza, come indicano numerose incisioni rupestri nello stesso Sahara.

Si dirà che si tratta solo di un’ipotesi, peraltro suffragata da numerosi dati. Ma è meglio prestare attenzione alle ipotesi scientifiche, o a quelle di Greta Thunberg?

Per quanto mi riguarda non ho dubbi: meglio la scienza. Resta il problema di affrontare il cambiamento climatico, impresa non facile. È tuttavia evidente che il modo migliore non è certo quello di danneggiare attività produttive che ci consentono di vivere in condizioni migliori di quelle dei nostri antenati.

 

Michele Marsonet

 

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