Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Un ricordo dell’8 settembre 1943

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Quando alla fine di luglio del 1943 tornai dalla colonia estiva a Firenze erano ormai cessate le grandi manifestazioni per la caduta del regime fascista.

La guerra proseguiva anche se la città era stata fino ad allora risparmiata dai bombardamenti; per tutto il mese i bollettini davano notizie sugli scontri tra gli angloamericani e le forze armate italotedesche in Sicilia; il tempo appariva come sospeso in attesa di nuovi avvenimenti.

Alle 19.42 dell'otto settembre la radio trasmise improvvisamente il comunicato del capo del governo successivo provvisorio Pietro Badoglio: «Il governo italiano, riconosciuta la impossibilità di continuare la impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell'intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione, ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane. La richiesta è stata accolta. Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza.» L’affermazione finale era generica, ma era evidente che gli attacchi non potevano che provenire dall’ex alleato tedesco,

Le lezioni scolastiche non erano ancora iniziate e la mattina seguente, una bella giornata di settembre, curavo l’“orto di guerra”, una striscia di terreno di fronte a casa.

Gli orti di guerra consistevano in piccoli appezzamenti che chiunque poteva coltivare in zone non private, erano iniziative Incoraggiati dalla propaganda bellica e dalle necessità alimentari. Fiorirono anche a. Firenze sulle rive dell’Arno, a Bellariva, una zona di aperta campagna dove abitavo. Il nostro orto era poco più di 25-30 metri quadrati, ma erano appena emerse dal suolo le piantine dai fagioli seminati in precedenza, le piante delle patate avevano messo dei bei fiori bianchi e alla grossa zucca era stato necessario mettere un adeguato sostegno.

Improvvisamente voci concitate ruppero il silenzio della campagna; gruppi di giovani, alcuni in divisa militare, provenienti dalla vicina caserma di Rovezzano correvano in via di Bellariva, verso il fiume; dalle finestre dei piani terreni venivano offerti abiti civili; attraversarono il fiume a guado, sollevando grandi spruzzi di acqua, poi scomparvero.,

Pochi giorni dopo, nel primo bombardamento di Firenze, le bombe caddero vicine alla nostra abitazione; l’anno seguente il passaggio del fronte ci costrinse a sfollare in un altro quartiere; l’orto fu abbandonato, ma la visione dei giovani soldati in fuga ritornava sempre alla memoria.

Negli anni successivi vennero alla luce i tragici avvenimenti che seguirono l’8 settembre: l’esercito italiano, oltre un milione di soldati, fu lasciato allo sbando; alcuni reparti scelsero di combattere i tedeschi nelle eroiche battaglie di Porta San Paolo a Roma e a Cefalonia, altri andarono a rinforzare le file partigiane, altri ancora si batterono nella campagna d’ Italia a fianco degli angloamericani nel ricostituito Esercito italiano.

Circa settecentomila furono fatti prigionieri e deportati nei campi di concentramento in Germania; sottoposti a durissime condizioni di vita solo il dieci per cento circa accettò di barattare la libertà con l'arruolamento nelle forze armate tedesche e soprattutto in quelle della Repubblica Sociale Italiana. Furono scelte di resistenza, contributi fondamentali alla causa della libertà e alla costruzione successiva della democrazia in Italia, un patrimonio ideale da ricordare e onorare.

 

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