Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

L’Ytalia di Cimabue

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Nella Basilica Superiore di San Francesco ad Assisi, tra gli affreschi dipinti da Cimabue, quelli realizzati nella volta a crociera fra la navata e il transetto, suggeriscono alcune affascinanti riflessioni riguardanti l’antico passato dell’Italia.

Le pitture occupano una superficie di circa 80 mq divisa in quattro spicchi da una finta cornice decorata con motivi geometrici e floreali. Ognuna delle quattro vele ospita la figura di un Evangelista intento a scrivere il proprio Vangelo, ispirato da un angelo, posto in alto, e in compagnia del corrispettivo attributo iconografico.

Alla destra del Santo è rappresentata una città identificata da una scritta: Asia per Giovanni, Iudea per Matteo, Ipnacchaia per Luca e Ytalia per Marco. Esse indicano il luogo dove è stato composto il Vangelo, rispettivamente Efeso, Gerusalemme, Acaia e Roma.

Commissionato da Papa Niccolò III Orsini (1277-80), appartenente all’ordine francescano, e realizzato in quel torno d’anni dal pittore fiorentino, l’affresco, così come l’intero ciclo, presenta quelle caratteristiche di novità della pittura rinascimentale che poi Giotto espresse al meglio successivamente (non è un caso che Dante, contemporaneo di Cimabue, lo menzionò nel Purgatorio - canto XI, vv. 94-96 - come il maggiore della generazione antecedente a quella del suo geniale allievo).

 

Se lo sfondo delle vele, oggi perduto, è dipinto in oro alla maniera bizantina, le figure degli Evangelisti, invece, mostrano uno stile più romanico e classico: realismo fisico ed emotivo, pose naturali e morbidezza del modellato, tridimensionalità e spazialità; tutte caratteristiche già presenti nel Cristo di Santa Croce del 1274-75, nel solco di quella rivoluzione artistica attuata contemporaneamente in scultura da Nicola Pisano, con i pulpiti di Siena e Pisa, e, sempre in pittura, da Pietro Cavallini in ambiente romano.

In particolare, è la vela con l’Evangelista Marco a suscitare delle analisi storiche riguardanti non solo elementi coevi agli anni di realizzazione degli affreschi, ma anche aspetti molto più antichi della storia d’Italia. Come già detto, le scritte poste su ognuna delle quattro città rappresentate indicano i luoghi di compilazione dei Vangeli: San Marco, quindi, è l’Evangelista “italiano” con il suo leone alato simbolo di Venezia e della nostra tradizione marinara; ma è l’identificazione Roma/Italia quella più significativa.

Gli studiosi hanno rintracciato otto monumenti legati, in qualche modo, al papato di Niccolò III: il Palazzo Senatorio in Campidoglio, indicato dagli scudi effigiati con la scritta SPQR e alternati agli stemmi del casato Orsini (è curioso ricordare che di fronte ad esso sorge proprio la basilica di San Marco sul luogo della casa in cui, secondo la tradizione, soggiornò l’Evangelista); l’antica fabbrica di San Pietro, diventata in quegli anni sede pontificia al posto del Laterano; la Mole Adriana, ossia Castel Sant’Angelo, il Sepolcrum Romuli, il Pantheon, la Torre della Milizia, una chiesa porticata, forse quella dei Ss. Apostoli e infine, Palazzo Colonna.

Inoltre, la città di Roma era cinta da quelle che sembrano le mura aureliane, poiché la porta d’accesso rappresentava la porta eponima, detta anche “Sancti Petri”, in quanto attraverso essa si raggiungeva il Vaticano.

Il messaggio che traspare dall’affresco è l’esaltazione della nuova Roma Caput Mundi, in quanto centro della fede universale, grazie all’operato di papa Niccolò III signore di Roma, pontefice e senatore.

Roma era l’Italia e l’Italia era Roma. Questa identificazione non è solo meramente geografica, ma affonda le sue radici in quella Tota Italia augustea, momento culminante dell’unificazione romana, quando la Penisola non solo era delineata nei suoi confini naturali, ma raggiungeva anche un’unificazione giuridica e spirituale con l’Urbe.

Si tratta di quella stessa idea seguita da Cola di Rienzo dell’Universa Sacra Italia - cioè un’Italia potente e unificata sotto il nome di Roma - così come la espresse anche Dante con il suo modello imperiale.

La Ypsilon iniziale della scritta Ytalia, inoltre, richiama l’antico simbolo della “teoria degli opposti” (cioè il bivio ideale dei sentieri iniziatici del bene e del male), uno dei pilastri della mitica tradizione pitagorica.

La Schola Italica di Pitagora, il pensatore di Samo vissuto nella prima metà del VI sec. a. C. e giunto a Crotone nel 530 - dove fondò la sua comunità, rappresenta il nucleo centrale di quella teoria del “primato italiano” che vide nei pitagorici la vera origine della filosofia occidentale, così come fu espresso da Vincenzo Cuoco nel Platone in Italia: «I Pittagorici erano italiani: cerchiamo la ragion delle loro cose in Italia».

Questo simbolo si ritrova anche nell’Eneide: era il ramo d’oro rinvenuto dall’eroe virgiliano per il suo viaggio nell’oltretomba; un ramo biforcuto, le cui divaricazioni - la destra ad indicare i Campi Elisi e la sinistra, invece, il Tartaro - esprimono il dualismo bene/male aventi, in realtà, la stessa origine.

La tradizione del ramo d’oro arrivò fino al medioevo, a cui venne attribuito per analogia l’immagine dell’albero della vita. Indicative a riguardo sono le parole di René Guénon riportate da Marcello Veneziani nel saggio Lettera agli italiani: «Da Pitagora a Virgilio da Virgilio a Dante, la “catena della tradizione” non fu senza dubbio rotta sulla terra d’Italia», accostando alla triade degli autori antichi la nuova triade moderna dei filosofi Vico-Gioberti-Cuoco.

Un’ultima osservazione: è altresì affascinante constatare come quest’opera di Cimabue sia custodita nella Basilica superiore di Assisi, città di San Francesco, Patrono d’Italia.

 

Gianluca Rizzi

 

Bibliografia: Cenni di Pepe, detto Cimabue (voce) di M. Boskovits, Dizionario Biografico degli Italiani, 1979, vol. 23 [In rete] ‹treccani.it/enciclopedia/cenni-di-pepe-cimabue_ (Dizionario-Biografico)› [URL consultato il 7 gennaio 2023]; M. Andaloro, Ancora una volta sull’Ytalia di Cimabue, in «Arte Medievale - Periodico internazionale di critica dell’arte medievale», 2, 1984, pp. 143-181; Pitagora e Pitagorismo (voce) di G. Coppola, G. Calogero, G. Diaz De Santillana, A. Lidonnici, Enciclopedia Italiana, 1935 [In rete] ‹treccani.it/enciclopedia/pitagora-e-pitagorismo_%28Enciclopedia-Italiana%29/› [URL consultato il 10 gennaio 2023]; M. Veneziani, Lettera agli italiani. Per quelli che vogliono farla finita con questo paese, Venezia, Marsilio, 2015; V. Cuoco, Platone in Italia, Torino, 1852.

 

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