Giovanni Emilio Cerruti, l’esploratore dimenticato
Nei testi che si occupano delle prime ricerche di una colonia da parte dell’Italia da poco unita ci si imbatte inevitabilmente in G. Emilio Cerruti, che in quelle vicende ebbe un ruolo di primo piano, arrivando a concludere, su incarico governativo, trattati che ponevano sotto il controllo italiano alcune isole nei pressi della Nuova Guinea, cui non seguì, però, la ratifica dello Stato italiano. Stranamente, si è scritto molto sui suoi viaggi nelle isole asiatiche ed oceaniche, sulla sua missione ufficiale in quelle zone e sulla sua partecipazione al dibattito sulle colonie e sulla deportazione[1], ma, a differenza delle tante figure che parteciparono a quegli eventi, manca una sua biografia, non si descrivono dettagli della sua vita precedente o successiva. La singolare coincidenza della presenza, alcuni anni dopo, nelle stesse zone del Sud-Est asiatico dove operò il nostro “esploratore dimenticato”, di un suo quasi omonimo, Giovanni Battista Cerruti[2], che compì imprese in qualche modo simili, con alcuni interlocutori in comune e narrò le sue avventurose vicende in pubblicazioni largamente diffuse, ha provocato, inoltre, una facile confusione tra i due personaggi, con il risultato che spesso vengono attribuiti a G. Emilio i dati biografici, ben più noti e consolidati, di Giovanni Battista. Si tratta, invece, senza ombra di dubbio, di due persone ben distinte.
I viaggi di G. Emilio cominciarono quando Giovanni Battista era solo un bambino, e tutti gli altri dati biografici del secondo sono incompatibili con l’attività del primo. Anche la prosa degli scritti dei due viaggiatori era ben diversa. Infine, mentre da tempo sappiamo con certezza che Giovanni Battista nacque a Varazze il 28 novembre 1850 e si spense a Penang, attuale Malaysia, il 28 giugno 1914, adesso possiamo scrivere che G. Emilio nacque a Torino il 13 ottobre 1838 e morì l’undici aprile 1893 a Napoli. In realtà, non vi era certezza neanche sull’esatto nome completo di battesimo di G. Emilio. L’esploratore ha sempre firmato le sue lettere, pubblicazioni e anche i trattati internazionali per i quali aveva ricevuto mandato dal governo italiano usando la formula “G. Emilio Cerruti” o “G.E. Cerruti”. Già in alcune pubblicazioni ottocentesche la “G.” era stata interpretata come “Giovanni” [3], ma in un elenco di membri della Società Geografica Italiana nel gennaio 1878 si legge “Cerruti Giuseppe Emilio”, entrato in tale Società nel 1870[4], e come Giuseppe Emilio viene citato in un recente saggio.[5] In altri testi viene citato come “Giulio Emilio” [6] o “Giorgio Emilio”.[7] In un numero della Gazzetta Ufficiale del 1862, è pubblicato un avviso concernente il fallimento di «Gioanni [sic] Emilio Cerruti già commissionario e domiciliato in Torino, via dell’Ospedale n. 29».[8] G. Emilio Cerruti in quegli anni risultava essere in Oriente, anche se una eventuale procedura di fallimento potrebbe essersi svolta in sua assenza; potrebbe però anche trattarsi di un omonimo. Nel fascicolo della Marina Militare sulla “Missione Cerruti” si trova notizia di una carta da visita intestata a «Giovanni Emilio Cerruti, inviato di S. M. il Re d’Italia”».[9] In un resoconto di una sottoscrizione effettuata a Batumi nel 1887, in un periodo nel quale sappiamo da altre fonti che il nostro G. Emilio era lì presente, il locale agente consolare segnalava “Cerruti Gio. Emilio”.[10] Da una ricerca effettuata dall’Archivio di Stato di Torino, risulta che il nome esatto e completo del nostro personaggio è Chiaffredo Emilio Alessandro Giovanni Pietro Maria Cerruti, nato a Torino il il 13 ottobre 1838.[11] Si può concludere, quindi, che la “G.” stava effettivamente per “Giovanni”, unico dei suoi molti nomi ad avere tale iniziale. La data di nascita conferma gli indizi sulla giovane età del Cerruti nel periodo della sua missione deducibili dal successivo dibattito sulle colonie penali. In una polemica con Martino Beltrani Scalia[12], nato nel 1828, egli scrive: «avrebbe il Beltrani dovuto scusarla per riguardi all’entusiasmo dell’età”; veniva descritto come giovane ancora nel 1873 in un articolo del Secolo di Milano: “Un tale signor Emilio Cerruti, credo piemontese, si dimostra nei suoi lavori giovane di tempra forte».[13] Nel citato elenco della Società Geografica Italiana del 1878 si legge che G. Emilio Cerruti era residente a Genova Quinto, Villa Oliva 208, e da Genova, Cornigliano Ligure e Piazza Vigne-Greci 2, partirono poi alcune sue lettere. La sua città di origine, però, era Torino, come indicato già in Amat di San Filippo[14]. L’esploratore è, infatti, indicato come “piemontese” da Enrico De Leone [15] e da Alessandro Di Meo.[16] G. Emilio Cerruti era figlio di Buonaventura, come si deduce da un brano di un suo scritto in cui afferma: “chiamai Buonaventura in onore di mio padre il canale fra l’isola Gide e la costa della Nuova Guinea”. [17]. A Torino troviamo, in quel periodo, un Pietro Bonaventura Cerruti e una Marianna Cerruti nata Castelli, evidentemente la moglie, entrambi azionisti dell’Ospedale oftalmico ed infantile di Torino nel 1862, come risulta da un rendiconto in cui sono riportati di seguito.[18] Egli era un fabbricante di seta e tessuti, nel 1844 e nel 1846 azionista della Banca di Genova, poi Banca Nazionale degli Stati Sardi, poi Banca Nazionale del Regno d’Italia[19], agente di cambio accreditato al Debito Pubblico, membro della Camera di Commercio ed Arti e del collegio sindacale della stessa, delegato presso il Monte di Pietà e amministratore del Regio Ricovero di Mendicità nel 1852, residente in Piazza Vittorio Emanuele 14, Torino.[20] La corrispondenza di G. Emilio Cerruti degli anni 1870-1874 era inviata esattamente da quello stesso indirizzo[21]: sembra molto probabile, quindi, che Pietro Bonaventura Cerruti fosse proprio suo padre. Egli è identificabile con il Pietro, figlio di Giuseppe Fedele Cerruti nato a Montechiaro d’Asti il 1° gennaio 1760, morto il 4 novembre 1837 a Torino, mercante [22], probabilmente corrispondente al Giuseppe Fedele Cerruti produttore di opere in seta, la cui ditta di tessuti e di stoffe in seta risultava comunque ancora attiva nel 1854 [23], fornitore di Casa Savoia: “Torino (…) città che i Savoia sembrano prediligere per i loro acquisti, come testimonia, ad esempio, l'acquisto di damasco verde «per formare due pianete compite, e due paliotti per la Cappella della SS. Sindone” dal fabbricante Giuseppe Fedele Cerruti, effettuato il 1828”».[24] Pietro Bonaventura Cerruti fu Giuseppe Fedele, di Torino, il 30 aprile 1845 acquistò da Augusto Castelli fu Giovanni (forse parente della moglie), di Torino, una proprietà.[25] Secondo il resoconto di G. E. Cerruti, egli era fratello di Pier Fedele (secondo Enrico De Leone, Pier Felice, ma tutte le altre fonti riportano “Fedele”), che lo accompagnò nell’avventurosa missione nelle isole indonesiane nel 1869-1870, venendo appellato “Tuan Muda”, ovvero “giovane signore” (così erano chiamati anche gli eredi al trono di Sarawak della famiglia Brooke), dagli abitanti locali, il che fa pensare che fosse il suo fratello minore.[26] Il nome sembra un omaggio al padre, Pietro, abbreviato in Pier, e al nonno, Fedele. In un sito genealogico c’è traccia di un Pietro Emilio Fedele Fortunato Cerruti Castelli, nato a Torino il 21 febbraio 1850 da Pietro Tommaso Buonaventura (sic) Cerruti (1799-1876) e da Mariana (sic) Castelli, e morto a Bordeaux nel 1924.[27] Dal documento dell’Archivio di Stato di Torino risulta che avesse altri due fratelli minori, Luigi Pietro Fortunato Augusto Filiberto Maria nato il 3 aprile 1842 e Bonaventura Ernesto Giacomo Geminiano nato il 9 dicembre 1844.[28] Quest’ultimo è identificabile con l’Ernesto Bonaventura Cerruti, già ufficiale dell’Esercito italiano e volontario garibaldino a Mentana nel 1867, emigrato nel 1869 in Colombia, prima nella città di Panama, all’epoca parte della Colombia, e poi in quella di Buenaventura (con curiosa coincidenza con uno dei suoi nomi di battesimo) dove fu anche agente consolare fino al 1882. Egli era destinato a divenire molto noto per il contenzioso diplomatico che contrappose Italia e Colombia, in seguito al sequestro di tutte le sue proprietà nel Paese sudamericano, che portò ad un arbitraggio internazionale e ad un intervento militare di navi italiane nei porti colombiani per ottenere la restituzione o il risarcimento dei beni allo stesso Ernesto Cerruti (come è generalmente ricordato). Rientrato in patria, morì a Perugia l’11 febbraio 1915. Egli è sempre indicato come figlio di Marianna Castelli e nato a Torino.[29] Marianna Castelli, come si è visto sopra, risulta essere con ogni probabilità moglie di Pietro Bonaventura Cerruti, che ha il secondo nome e la residenza a Torino in comune con Ernesto. G.E. Cerruti fu incorporato nelle liste di leva dell’esercito sardo il 5 luglio 1859[30], pochi giorni prima della fine della seconda guerra d’indipendenza. Un Emilio Cerruti, “Sergente Foriere”, compare nell’elenco dei garibaldini dell’Armata Meridionale, divisione 18ma Bixio, sbarcato a Genova il 7 dicembre 1860.[31] In una sentenza civile del 28 giugno 1861 si parla di una fidejussione concessa da Andrea Deangelis, il 7 agosto 1860 a Napoli, a favore di Emilio Cerruti, nei confronti della ditta Geisser e Monnet di Torino.[32] Non si può essere sicuri che si tratti della stessa persona: a Genova ritroviamo, per esempio, almeno un altro Emilio Cerruti, nato ad Alessandria d’Egitto e figlio di Paolo (con ogni probabilità il console del Regno di Sardegna in quella città), che nel 1872 fu testimone dell’acquisto della nave “Maddaloni” da parte di Nino Bixio.[33] Resta, comunque, la possibilità che il nostro esploratore abbia anche preso parte alla campagna garibaldina del 1860. G. E. Cerruti scriveva nell’aprile 1872: «dodici anni di studii e di quasi costante dimora nelle Colonie d’India, di Java, d’Australia e dell’Oriente in generale mi danno il coraggio di trattare questo importante tema»[34], affermando successivamente «Fatto ritorno in patria dopo un’assenza di sette anni»[35]; sapendo che egli tornò in Italia alla fine del 1866 [36], si può dedurre che fosse partito per l’Oriente nel 1861. In effetti, G.E. Cerruti scrive: «Le vaste feracissime regioni insulari che io aveva esplorate dal 1861 al 1870» e «Nel 1861 quando vissi in Australia»[37]; «Nel 1861 ebbi a recarmi per ragioni commerciali in Australia»[38]. Lì in quell’anno pubblicò un articolo sull’allevamento dei bachi da seta, «Australia and the silk culture» nel “The Farmer's Journal” di Melbourne, Australia, poi giudicato ottimo da un esperto del settore, che ricordava come in quel momento (1863) G. E. Cerruti stesse gestendo una delle più grandi fabbriche di seta in Ning-Po (Ningbo o Ningpo) in Cina.[39] La sua competenza nel settore della seta è spiegabile con l’attività svolta da generazioni dalla sua famiglia di origine. La presenza di operatori italiani in tale settore in Cina, anche prima dell’Unità, si spiega soprattutto con la diffusione in Europa della pebrina, malattia del baco da seta, che mise in gravi difficoltà la seteria del Piemonte, spingendola a cercare seta greggia e bachi da seta resistenti alla malattia in India, Cina e, successivamente in Giappone. «A tal proposito nel 1857 Cavour, l’allora Primo Ministro del Regno di Sardegna, decide di riaprire il consolato a Canton e di estendere la rete consolare agli altri porti aperti della Cina, per proteggere e promuovere al contempo le attività commerciali legate all’industria serica come ad esempio a Shanghai, il centro del commercio della seta cinese. (…) Neppure la presenza dei ribelli Taiping a Shanghai, tra 1856 e 1860, provoca alcun danno allo scambio commerciale tra i due paesi, anzi essi hanno delle tariffe doganali ben più favorevoli delle autorità imperiali cinesi»[40]. Nel 1862, con lo stesso scopo, fu inviata una missione in Persia, guidata dal diplomatico Marcello Cerruti, che divenne poi Segretario Generale del Ministero degli Affari Esteri e Senatore del Regno[41]. Molti diplomatici, militari, parlamentari e studiosi portavano tale cognome in quel periodo. Nel 1863 risulta anche collaboratore della ditta Johnson & Co, Gough Street, Hong Kong, ma anche nelle sedi di Shanghai, Peking Road, Shanghai, e Ningpo[42], e comunque residente a Ningpo nel 1865, comproprietario o direttore della Cerruti, Wood & Co., del cui “hong” (fabbrica, magazzino) è reperibile anche una foto in rete.[43]. Dal 1864 fu console o agente consolare della Spagna in quella città cinese, secondo quanto lui stesso racconta: «M’ebbi dal governo Spagnuolo fin dal 1864 l’incarico di rappresentarlo in Ningpo (China).[44] Sui suoi viaggi nel periodo 1860-1870, «io che, visitando le Salomon, le Caroline, le Pelew (…) studiai a Banda, ad Ambon, a Ternate, a Macassar (…) osservai l’isola di Timor (vidi la costa di Borneo»[45], è anche indicativo, ed evocativo, l’elenco degli articoli in cui egli stesso li raccontò: A journey in the Tche-Kiang province during the Taepings rebellion. Shanghae, 1862; Escursioni in China o descrizione dell'industria serica nelle provincie di Shanghae, Ningpo e Canton. Articolo inserito nella Gazzetta delle Alpi di Torino, 1864-65; I mangiatori di creta ed i mangiatori di carne umana nell'Oceania. Articoli inseriti nella Gazzetta piemontese di Torino, 1867-1868; Il mare di Sargasso. Ricordi di viaggio. Vedi Gazzetta di Torino, 1868; Esplorazioni in Australia: i laghi salati e gli uccelli ridenti (Laughing birds) inserito nel Risorgimento, fas. 1. Torino, 1869; Avventure di viaggio in China. Vedi il Velocipede di Torino, marzo e aprile, 1869; I nidi della rondine esculenta, Ricordi di un viaggio nell’arcipelago Malese-Polinese” nel 1872; “Frammenti del mio giornale di viaggi in Oceania. Articoli pubblicati nei numeri 2-13, 250, 256, 264, 270, 277 della Gazzetta piemontese, 1872. settembre e ottobre; Esplorazioni dello stretto di Galevo e del N. 0. di Nuova Guinea con carta inserite nel Cosmos di Guido Cora, fascicolo ni-iv. Torino, 1873.[46] Autentiche esplorazioni in un mondo esotico, in buona parte sconosciuto, prima delle missioni scientifiche di Enrico Hillyer Giglioli, Odoardo Beccari, Luigi Maria D’Albertis (che tutti con lui ebbero poi contatti e scambi di informazioni), delle missioni in Oriente delle navi della Regia Marina Italiana “Magenta”, “Principessa Clotilde”, “Governolo”, “Vedetta”, “Vettor Pisani”, molto prima che un altro Emilio, Salgari, con le sue avvincenti opere, rendesse quelle regioni una patria dell’immaginario italiano (il primo racconto di Salgari, “I selvaggi della Papuasia”, pubblicato nel 1883, ricorda un episodio molto simile occorso a G. E. Cerruti alcuni anni prima, proprio in Papuasia). Era un periodo turbolento, quando la Cina era attraversata dalla rivolta dei Taiping, che vide la nascita di un Impero ribelle nel sud di quel Paese e una guerra civile, combattuta anche da mercenari occidentali, che causò decine di milioni di morti, mentre in Malesia erano in corso conflitti tra pirati, regni locali, potenze coloniali, con avventurieri occidentali che cercavano, spesso con successo, di crearsi dei propri Stati personali. G. Emilio Cerruti scrisse anche opere non di viaggio, come la commedia “Una falza [sic] educazione”, rappresentata al Teatro Gerbino di Torino “con buon successo”[47], e il saggio antireligioso e anticlericale “Se sia meglio conservare o proscrivere le religioni stabilite”[48], oltre a varie pubblicazioni di illustrazione e difesa dei suoi progetti coloniali. Nel 1867 G. E. Cerruti pubblicò un articolo in favore della deportazione e della creazione di una colonia penale d’oltremare.[49] Questo istituto non esisteva nel sistema penale italiano, mentre in precedenza era stato applicato dal Regno delle Due Sicilie e dallo Stato della Chiesa, che avevano inviato deportati, soprattutto condannati per motivi politici, in America e nelle colonie portoghesi in Africa, al fine di allontanare il più possibile soggetti ritenuti pericolosi per quei regimi illiberali.[50] Il Cerruti, però, la proponeva come alternativa umanitaria alla pena di morte, alla quale era contrario, per consentire la riabilitazione dei condannati, superando la segregazione cellulare e i bagni penali, e anche come risposta al problema della crescente emigrazione italiana verso l’estero, attraverso la creazione di colonie miste: «io non sono patrocinatore delle colonie esclusivamente penali (…) non vedo la necessità di impedire ai liberi emigranti di installarsi nella colonia penale (…) sono persuaso che essi col buon esempio e colla severa perseveranza al lavoro, contribuiranno assai a promuovere la riabilitazione dei condannati (…) non una Caienna desidero fondare, bensì un’Australia”; “L’idea di abolire la pena di morte (…) non può mancare di essere adottata dai legislatori di tutti i popoli civili (…) l’idea di abolire i bagni e di riformare la scala penale è pure ammessa ormai come una necessità suprema”; “Che cosa farete dunque di questo individuo? Lo chiuderete voi fra quattro mura, solo, isolato senza che mai più veda un suo simile? Ma questo si chiama seppellire vivo; e credo che sia peggio della morte».[51] Il governo italiano, guidato da Luigi Federico Menabrea, che era anche Ministro degli Affari Esteri lo incaricò ufficialmente, ma segretamente al fine di non allarmare altre potenze interessate, di condurre una missione nelle isole malesi ed oceaniche per reperire un luogo adatto ad ospitare almeno 20.000 coloni, di cui 8000 deportati, e a concludere accordi per prenderne il possesso per conto dell’Italia, con un finanziamento di lire 100.000. A tale scopo il giorno 11 agosto 1869 fu siglata una convenzione tra l’esploratore, lo stesso Menabrea, il Ministro dell’Interno Luigi Ferraris (patrocinatore dell’iniziativa), il Ministro delle Finanze Combray-Digny e il Ministro della Marina, Riboty. Partito in compagnia di suo fratello Pier Fedele e dell’ufficiale dell’Esercito italiano Giuseppe Di Lenna, G. E. Cerruti si recò a Singapore, dove nell’ottobre 1869 noleggiò la nave inglese Alexandra, con la quale si recò nelle isole Molucche e in Nuova Guinea. Il 20 dicembre 1869 concluse un primo trattato con il sultano di Salawati (grande isola molto vicina alla Nuova Guinea), con il quale otteneva per l’Italia le isole Batiane (Bacan e isole vicine, a sud della grande isola di Halmahera, nelle Molucche), in cambio di una pensione mensile di 2000 gilders olandesi e del rispetto delle proprietà private del sultano e dei locali. Il 16 e il 29 gennaio 1870 concluse accordi simili con il rajah Daun delle isole Kai, con un pagamento previsto di 100 gilders all’anno, e con i rajah di Wogier e Saunna, nelle isole Aru, a titolo gratuito (le Kai e le Aru sono situate a sud-sud-ovest della Nuova Guinea, nel mare degli Arafura). Si recò anche nella Nuova Guinea occidentale, nel golfo di Macluer, la profonda insenatura oggi detta golfo di Berau e baia di Bintuni, che separa le due grandi penisole di Doberai e Bomberai, che ritenne pure di poter offrire al Governo italiano: lì la spedizione, presentatasi come di consueto pacificamente e a nome del sultano di Tidore, fu attaccata dalla locale popolazione degli Onin e dovette difendersi con le armi, salvandosi a stento, ma per il resto si svolse pacificamente. Individuò la vicina isola di Sabuda, che avrebbe voluto ribattezzare “Sabauda”, come base per la progettata colonia. Si trattava di territori sui quali i Paesi Bassi ritenevano di avere il dominio, ma che, di fatto, non erano controllati stabilmente da tale nazione. La missione avrebbe dovuto incontrare, secondo le istruzioni, la nave della Marina italiana “Principessa Clotilde”, comandata da Carlo Alberto Racchia, che avrebbe dovuto appoggiarne le azioni, secondo le istruzioni contenute in una lettera del Ministro della Marina Riboty che Cerruti avrebbe dovuto consegnare al comandante. Per soli due giorni l’incontro non avvenne, nell’aprile 1870, poiché la nave italiana era stata incaricata anche di valutare altri possibili siti per la prospettata colonia penale nel nord del Borneo, in particolare nelle baie di Maludu, Gaya e Sandakan,e nelle isole di Gaya, Banguey e Belambangan, e impiegò più tempo del previsto in questa sua azione, senza avere la possibilità di coordinarsi con la missione Cerruti, che dovette lasciare Makassar per non allarmare ulteriormente le autorità olandesi. Il malumore dei Paesi Bassi, il timore dell’ostilità di altre nazioni occidentali potenzialmente interessate a quelle zone e, soprattutto, il cambio di governo in Italia, che comportò un mutamento nella linea di politica estera e coloniale, fecero sì che i trattati conclusi da G. E. Cerruti non fossero poi ratificati. La questione della prospettata colonia fu esaminata da un’apposita commissione, costituita con R.D. 30 aprile 1871, che espresse un parere negativo, senza neanche ascoltare il Cerruti. L’esploratore presentò vanamente le sue carte al nuovo Ministro della Marina Acton e poi, attraverso varie e dettagliate pubblicazioni, si batté con vigore e con solide argomentazioni per ottenere un insediamento italiano in quei territori, sotto forma di una colonia penale, ma con fini anche di espansione commerciale e di assorbimento e tutela della crescente emigrazione italiana. Le sue idee, pur appoggiate da vari politici e studiosi non trovarono il favore degli uomini di governo, in particolare di Pasquale Stanislao Mancini, e ad esse si opposero altri studiosi, tra cui si distinse l’esperto di sistemi carcerari, Ispettore Generale e poi Direttore Generale delle carceri e Senatore, Martino Beltrani Scalia, che pure inizialmente sembrava non contrario. Quando poi il governo Di Rudinì volle assolutamente dare vita ad un esperimento di deportazione ad Assab di soggetti destinati al “domicilio coatto”, nel 1899, il Beltrani Scalia si dimostrò, invece, compiacente, nonostante la palese illegittimità di tale misura, che attuava la deportazione, ancora non prevista dal codice penale, a persone oggetto di un provvedimento non giudiziario, ma amministrativo, quale era il domicilio coatto, per giunta prevedendone la detenzione, a differenza di quanto avveniva per chi passava il domicilio coatto in Italia. L’esperimento, di carattere punitivo e deterrente, totalmente diverso dalle teorizzazioni sostanzialmente umanitarie di G. E. Cerruti, che aveva anche giustamente rilevato come Assab non fosse geograficamente adatta a ospitare una colonia penale, si rivelò dopo pochi mesi un autentico disastro, con numerose vittime tra i detenuti e il personale di sorveglianza, e non ebbe ulteriore seguito.[52] Mentre tutte le Molucche venivano sempre più ritenute rientranti nella sfera di controllo olandese, la Nuova Guinea rimaneva sostanzialmente libera dal controllo europeo, e su di essa si focalizzò l’attenzione del garibaldino Achille Fazzari che, in accordo con Menotti Garibaldi, cercò di promuovere la creazione in quell’isola di una colonia italiana, nel 1879, come venne riportato anche dalla stampa italiana e anglosassone, cercando anche il patrocinio dello stesso Giuseppe Garibaldi. Il Generale, però, non ritenne opportuno avallare tale iniziativa, ritenendo che ci si dovesse concentrare sul compimento dell’unità nazionale e sulle lotte di liberazione in Europa orientale.[53] Nel 1880 un gruppo di circa 300 emigranti veneti aderì al progetto privato (poi rivelatosi truffaldino) del francese Charles Bonaventure du Breil, Marchese De Rays, di creare una colonia nell’isola Nuova Irlanda, a nord della Nuova Guinea. L’insediamento, però, ebbe vita breve, a causa delle difficoltà ambientali: i coloni, abbandonati a loro stessi senza adeguati mezzi di sopravvivenza, ebbero decine di morti in pochi mesi e si diressero poi in Australia, dove invece si installarono con successo, dando inizio anche all’allevamento dei bachi da seta in quel continente [54], teorizzato due decenni prima proprio da G. E. Cerruti. Se la sfortunata esperienza della Nuova Irlanda testimoniava la problematicità di creare insediamenti di europei in zone equatoriali, c’è da rilevare che tale iniziativa fu assolutamente priva delle risorse e misure organizzative previste da G. E. Cerruti nei suoi piani. La Germania e il Regno Unito, a metà degli anni ’80 dell’Ottocento, acquisirono il controllo della Nuova Guinea occidentale, a dimostrazione che, come sosteneva il Cerruti, su di essa non esisteva un diritto dei Paesi Bassi, che continuarono a rivendicare il controllo della sola parte orientale della grande isola, senza però attuarlo fino agli anni ’20 del XX secolo. La Nuova Guinea orientale rimase ai Paesi Bassi anche nel 1949, dopo l’indipendenza dell’Indonesia, che ne acquisì il controllo solo nel 1963, e rimane tuttora un territorio soggetto a colonizzazioni da parte di migranti interni indonesiani e a spinte separatiste tra le popolazioni autoctone. Persona di vasta cultura, con buona conoscenza dell’inglese, del francese, ma anche del latino e del malese, come si evince dai suoi scritti, in grado di trattare con cognizione di causa argomenti economici, geografici, giuridici, pur non essendo uno studioso accademico, G. E. Cerruti dimostrò una grande attenzione verso le scienze della natura e dell’uomo, donando molti esemplari naturali o manufatti a musei ed istituzioni culturali e scientifiche italiane.[55] Nel settembre 1871 si inaugurò a Torino, nei locali del Reale Museo Industriale, una Esposizione Campionaria, attivata per cura della Società Promotrice dell’Industria Nazionale, cui G .E. Cerruti contribuì donando vari prodotti “dell’Indo-Polinesia”: «Campioni di legnami per costruzioni e mobilia; sezioni di piante delle foreste producenti materie tessili; sezioni d’albero d’Aaloes; campioni di materie fibrose; campioni di cera; tartarughe della foresta; ciocche di cotone d’albero della foresta; pezzi di canna da zucchero; noci moscate , sia selvatiche che coltivate nelle isole; gusci delle stesse noci moscate; cambiri della foresta; canari della foresta; scatola di cacao della foresta; scatola di caffè della foresta nel guscio; campioni di sigarini degli isolani; scatole di tabacco selvatico; nido di rondine; campione di guttapercha; pezzi di gomme grezze raccolte nella foresta; pezzi di gomme coppali; pezzo di biscia di mare».[56] Godette della stima di illustri personalità, quali il giurista Tancredi Canonico, il sociologo Leone Carpi, l’esploratore tedesco Gerard Rohlfs. Nel 1870 G.E. Cerruti fu in contatto con il grande biologo Alfred Russell Wallace, padre assieme a Darwin della teoria dell’evoluzione e ricordato anche per aver delineato la cosiddetta “linea di Wallace”, che separa flora e fauna asiatiche da quelle oceaniche, situata proprio nelle isole indonesiane poi visitate dal Cerruti, che si basò molto sull’opera dello scienziato britannico. Quest’ultimo ricorda in un breve articolo di giornale di avere ricevuto con piacere dall’esploratore italiano notizia di un esemplare vivente di paradisea dalle dodici penne da lui inviato con successo allo zoo di Firenze.[57] Negli stessi anni in cui G. Emilio Cerruti viaggiava in Cina, in Oceania e nell’Insulindia, un altro piemontese era presente in quei luoghi: Celso Cesare Moreno. Una personalità ben diversa, irruenta, che, dopo aver partecipato alla guerra di Crimea, era stato in India durante la rivolta dei Sepoys, in Cina durante quella dei Taiping, a Sumatra, in Indocina, in Corea, negli USA a difendere gli emigranti italiani sfruttati, nel regno delle Hawaii, dove giunse a ricoprire per alcuni giorni la carica di Primo Ministro, rimanendo sempre vicino alla casa reale hawaiana: portò anche dei principi hawaiani a studiare nel collegio militare della Nunziatella, a Napoli. Moreno offrì al Governo italiano, e allo stesso Re Vittorio Emanuele II, il protettorato sul sultanato di Aceh, nella Sumatra settentrionale, e il possesso della vicina isola di Pulau Weh [58]. Così ne parla G. E. Cerruti: «Un cervello balzano, se volete, ma che aveva però ragione in fondo, offerse al regio Governo, cinque anni fa, l’isola di Sumatra, che ei disse a lui ceduta in occasione del matrimonio con una o più principesse indigene: a tutta prima il suo progetto entusiasmò potenti protettori; ma poi, per essere egli forse venuto meno nel produrre documenti promessi, e nel dare sufficienti spiegazioni circa la vera condizione politico-economica della località offerta, venne smessa ogni idea di spedizione a Sumatra. E fu sventura davvero per l’Italia; imperocchè, se qualche cosa fosse stata fatta allora, noi avremmo adesso di già un piede fermo in uno dei migliori centri del commercio orientale».[59] Anche l’analisi di G.E. Cerruti sulle prospettive dell’espansione coloniale italiana in Africa orientale si rivelò realistica. Così scriveva: «Io, a dire la verità, e fin dal 1867 lo scrissi, avrei di gran tratto preferito che l’Italia avesse scelto una località un po’ più verso l’imboccatura del Babel Mambel [stretto di Bab el Mandeb, tra Mar Rosso e golfo di Aden]; al Sud cioè della punta di Guardafui, perché ivi una stazione navale-commerciale sarebbe stata assai più utile, e certamente più salubre (…) qualora fosse possibile ridurre con poca spesa la baia d’Assab a stazione marittima, sarebbe ottimo provvedimento davvero che essa venisse prontamente occupata dalla Regia Marineria».[60] In effetti, fu quello che poi avvenne: Assab fu occupata dall’Italia nel 1882 e, alcuni anni dopo, Vincenzo Filonardi stabilì prima un protettorato italiano in Somalia del nord, ottenendo poi la concessione del Benadir nella Somalia meridionale. Nel 1874 G. E. Cerruti partecipò alla Conferenza della Società Geografica Italiana sui viaggi di Odoardo Beccari.[61] Intorno al 1875 era presente in Egitto, al Cairo, da dove indirizzò una lettera all’uomo politico Luigi Luttazzi [62], e dove sottopose un progetto per la colonizzazione delle coste del Mar Rosso e dei retrostanti altipiani a Werner Munzinger, di origine svizzera, all’epoca governatore della regione di Massaua per conto del Chedivè d’Egitto, Isma’il Pascià. Il progetto, accolto favorevolmente, non poté essere realizzato a causa dell’uccisione di Munzinger nel 1875 durante la guerra tra Egitto ed Etiopia e dello spodestamento di Isma’il Pascià nel 1879.[63] Ebbe una assidua corrispondenza con l’economista Francesco Protonotari della “Nuova Antologia” di Firenze, , 7 lettere tra il 1874 e il 1879.[64] Negli anni 1882-1885 tentò di dare vita ad una compagnia per la creazione di insediamenti nella Melano-Polinesia, battendosi per un’azione italiana in Nuova Guinea, ma ancora una volta non trovò ascolto nel Governo. Tra il 1882 e il 1892 risultava presente a Genova, Cornigliano Ligure, come si evince dalla sua corrispondenza con i naturalisti Odoardo Beccari e Hillyer Giglioli.[65] Nel luglio 1887 si trovava però a Batumi, sulla costa orientale del Mar Nero (oggi Georgia, all’epoca parte dell’Impero russo): «Sottoscrizione in favore dei soldati italiani feriti e delle famiglie dei caduti in Africa, aperta nel R. Consolato generale in Tillis. (…) Versati dal signor F. Corradini, R. agente consolare a Batum pei seguenti (…) Cerruti Gio. Emilio, 10 -Erminlo, 1…».[66] Nel dicembre 1889 si trovava ancora a Batumi, da dove indirizzò una lettera a Francesco Crispi, lamentando l’intransigente opposizione che aveva trovato, soprattutto da parte di Mancini, nella sua battaglia per dare vita a una colonia italiana in Nuova Guinea [67]. Negli anni 1892-1893 risultava alla Camera dei Deputati italiana quale rappresentante dell’armatore ligure Stefano Repetto.[68] Nel 1892 G. Emilio Cerruti cominciò anche a collaborare con la Società di Esplorazione Commerciale in Africa, corrispondendo con l’esploratore Gaetano Casati, scrivendo per l’organo della stessa società una memoria sull’Eritrea e presentando l’anno successivo alla stessa Società un dettagliato, come nel suo stile, piano per lo sviluppo di tale nuova colonia italiana, attraverso la costituzione di un apposito ente.[69] Sempre nel 1893 egli fu ammesso tra i membri di tale Società, su proposta del noto esploratore Giuseppe (Pippo) Vigoni. Dando notizia di questo nuovo ingresso, l’organo della Società riportava anche che «sgraziatamente questo nuovo socio moriva a Napoli l’11 dello scorso aprile».[70] G. Emilio Cerruti, più che un avventuriero, fu un “esploratore avventuroso”, come lo definisce De Napoli [71], un “imprenditore avventuroso”, secondo Marco Valle.[72] Come scrisse il De Leone, «nemmeno di fronte alla realtà ormai tale da non consentire più né speranze né illusioni, il Cerruti seppe rinunciare al suo sogno e alla sua aspirazione cui aveva dedicato veramente quasi tutta la vita con ardore, con passione, con convinzione e, soprattutto, con uno spirito realistico derivato da una diretta conoscenza dei luoghi».[73] Una figura notevole, che merita di essere maggiormente ricordata e studiata.
Antonio Trinchese
[1] Tra gli altri, DE LEONE, Enrico, Le prime ricerche di una colonia e la esplorazione geografica politica ed economica, volume secondo de “L’Italia in Africa”, Ministero degli Affari Esteri, Istituto Poligrafico dello Stato, Roma, 1955, pp. 38-62; BATTAGLIA, Roberto, La prima guerra d’Africa, Einaudi, Torino, 1958, PP. 69-71; NATILI, Daniele, Un programma coloniale. La Società Geografica Italiana e le origini dell’espansione in Etiopia (1867-1884). Istituto per la storia del Risorgimento italiano, Gangemi, 2008, pp. 30-57; DI MEO, Alessandro, Gli italiani nel Sudest asiatico: dalle spedizioni scientifiche ai tentativi coloniali, Tesi di Dottorato, A.A. 2017-2018, Università della Tuscia di Viterbo, pp. 147-162, 200-233;, Id. Riflessioni storiografiche italiane sulle civiltà del Sudest asiatico, in “Bollettino della Società Geografica Italiana, serie 14, vol. 3, n. 2, dicembre 2020, Firenze University Press, Firenze, pp. 75-88; SORIENTE, Antonia (2024) "Cross-cultural encounters of Italian travellers in the Malay world; A perspective on the languages spoken by the local populations," Wacana, Journal of the Humanities of Indonesia: Vol. 25: No. 2, Article 2, p. 178, DOI: 10.17510/wacana.v25i2.1679 Available at: https://scholarhub.ui.ac.id/wacana/vol25/iss2/2 ; VALLE, Marco, Viaggiatori straordinari, Neri Pozza, Vicenza, 2024; DE NAPOLI, Olindo, Selvaggi Criminali, Laterza, Bari, 2024 [2]SURDICH, Francesco, “Cerruti, Giovanni Battista”, in Dizionario Biografico degli italiani, Treccani, Roma, 1980; Id., Un varazzino fra i Sakai (Malacca), in “Atti e Memorie “, Società Savonese di Storia Patria, Nuova serie, vol. XI, Savona, 1977, pp. 111-129; Id., I viaggi di Giovanni Battista Cerruti nel contesto della presenza italiana in Asia tra Ottocento e Novecento, in “Atti del Convegno su G. B. Cerruti (1850-1914), Varazze, 13/4/1986”, Genova, Bozzi, 1987, pp. 85-126. Ringrazio il Professor Surdich per le indicazioni fornitemi nello svolgimento di questa ricerca. [3] AMAT DI SAN FILIPPO, Pietro, Bibliografia dei viaggiatori italiani, ordinata cronologicamente ed illustrata da Pietro Amat di San Filippo, Società Geografica Italiana, Roma con i tipi Salviucci 1874, p. 135 (ma solo nell’indice dei nomi); GORRINI, Giacomo, I primi tentativi e le prime ricerche di una colonia in Italia (1861-1882), appendice a BRUNIALTI, Attilio, Le colonie degli italiani, Unione Tipografico-editrice, Torino, 1897, p. 535, 537 (solo testo del Gorrini e non in quello del Brunialti) [4] Memorie della Società Geografica Italiana, vol. I, stabilimento Giuseppe Civelli, Roma, 1978, p. XIX. [5] CASELLA PALTRINIERI, Anna, Sapori e Saperi. Cibi, ricette e culture del mondo, Editpress, Firenze, 2012, p. 29 [6]GRANGE Daniel. J. “Émigration et colonies : un grand débat de l'Italie libérale”. In: Revue d’histoire moderne et contemporaine, tome 30 N°3, Juillet-septembre 1983. Italie, Xxe siècle. pp. 337-36, p. 343 DOI : https://doi.org/10.3406/rhmc.1983.1242 www.persee.fr/doc/rhmc_0048-8003_1983_num_30_3_1242 [7] FRANZINA, Emilio, Dall’Arcadia in America. Attività letteraria ed emigrazione transoceanica in Italia (1850-1940), Edizioni della Fondazione Agnelli, Torino, 1996, pp. 76-77 [8] Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia, supplemento al n. 273 del 18 novembre 1862, Torino [9] DE NAPOLI, cit., p. 81 [10] (Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia, 4 luglio 1887, n. 154, p. 3741, [11] Archivio di Stato di Torino, (ASTo, Sezioni Riunite, Ufficio di leva di Torino, Liste di leva, liste di estrazione, verbali di dibattimento, registri 102, 104, numero di estrazione 461): comunicazione in data 11 luglio 2024, firmata dal Direttore Stefano Benedetto, istruttoria di Sara Micheletta [12] RODOTA’, Stefano, “Beltrani Scalia, Martino”, in Dizionario Biografico degli italiani, Treccani, Roma, 1966 [13] CERRUTI, In difesa della deportazione: memoria per confutare le critiche del Cav. Beltrani-Scalia e dell’Avv. D. Giuriati, Tip. 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Vol. II, No. 38 July 21, 1870 London: Macmillan Journals, July 21, 1870 https://digital.library.wisc.edu/1711.dl/LBXITYVRTMAPI83 Consultato il 18 giugno 2024; lettera di G. E. Cerruti a Alfred Russell Wallace, cit. •Letter (WCP2254.2144). 4 pp. Handwritten. In English. Repos [58] VECOLI, Rudolph J., DURANTE, Francesco, Oh capitano! La vita favolosa di Celso Cesare Moreno in quattro continenti, Marsilio, Padova, 2014 [59] CERRUTI, G. Emilio, La questione delle colonie, cit., pp. 18-19 [60] Idem, pp. 18-19 [61]Conferenza della Società Geografica Italiana sui viaggi di Odoardo Beccari, 8 marzo (1874?), in Bollettino della Società Geografica Italiana https://archive.org/stream/bollettinodella35italgoog/bollettinodella35italgoog_djvu.txt [62] 943.1. Lettera: G. Emilio Cerruti a Luigi Luzzatti, Cairo, 1875 mag. 2, in Archivio Luigi Luttazzi. Inventario, a cura di DEL RIO, Monica, e SARDI, Francesca, Istituto Veneto di Scienze Lettere e Arti, Venezia 2008, p. 232 https://www.istitutoveneto.org/pdf/Inventario%20Luzzatti.pdf [63] CERRUTI, Circa l’Eritrea, cit. p. 6 [64]https://cataloghistorici.bdi.sbn.it/file_viewer.php?IDIMG=26711&IDCAT=10&IDGRP=100016&LEVEL=&PADRE=&PROV=INT [65] L’archivio di Odoardo Beccari Indagini naturalistiche tra fine ’800 e inizio ’900” a cura di Beatrice Biagioli Firenze University Press 2008, p. 38 [66]Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia, 4 luglio 1887, n. 154, pp. 3740-3741 [67] DE LEONE, cit. p. 61 [68]https://archivio.camera.it/inventari/scheda/disegni-e-proposte-legge-e-incarti-commissioni-1848-1943/CD1100052408/Consultato il 21 giugno 2024 [69]CERRUTI, G. Emilio, La questione dell’Eritrea, in “L'esplorazione commerciale e l'esploratore. Giornale di viaggi e geografia commerciale, organo ufficiale della Società di esplorazione commerciale in Africa”, Milano 1892, pp. 212, 218, 352, 193, 257-263; Id., Circa l’Eritrea, cit.; Museo Africano, FILESI, Cesira, L'archivio del Museo africano in Roma: presentazione e inventario dei documenti, Collana di studi africani n. 13, Istituto italiano per l’Africa e l’Oriente, Roma 2001, p. 59 [70]MILANINI KEMENY, Anna, La Società d’esplorazione commerciale in Africa e la politica coloniale (1879-1914) Firenze, La Nuova Italia, 1973, pp. 162-163; “L'esplorazione commerciale e l'esploratore. Giornale di viaggi e geografia commerciale, organo ufficiale della Società di esplorazione commerciale in Africa”, Milano ,Anno VIII, Milano, maggio 1893, fasc. V, p. 133 [71] DE NAPOLI, cit., p. 155 [72] VALLE, cit. p. 166 [73] DE LEONE, cit., p. 61
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