Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Il nazionalismo soft dello sport agonistico

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L’“urlo “di Marco Tardelli che corre sul campo di gioco, dopo aver realizzato il goal decisivo per la vittoria della nazionale italiana di calcio nel campionato mondiale del 1982, è un’immagine che milioni d’italiani, allora incollati alla televisione, ricorderanno a lungo.

Fu una vittoria che coinvolse nell’entusiasmo popolare anche Sandro Pertini, l’amato Presidente della Repubblica.

I successi dei nostri atleti in maglia azzurra alle competizioni internazionali suscitano sempre un orgoglio di appartenenza e non solo negli appassionati di sport. Potrebbe allora sorgere il dubbio che si tratti di una forma velata di nazionalismo, un dubbio da prendere in considerazione per l’importanza che ha lo sport nella società moderna e l’aspetto negativo del nazionalismo.

È necessario tener distinto il concetto di nazionalismo da quello di Nazione, pur essendo i due termini strettamente collegati dal punto di vista etimologico.

Nazione, dal latino natione (m), a sua volta da natus, ha maggiore valenza politica rispetto a Paese e Patria, anche se la sua popolarità in rete è molto minore: 90 milioni di item contro i quasi 300 degli altri due termini.

 

Nazioneindica popolo, gente, stirpe, la cui proiezione geografica è stata assai variabile. Nel passato si è parlato di nazione fiorentina o veneziana quanto di francese o tedesca.

L’idea moderna di nazione nasce con la fine del XVIII secolo, trova la sua consacrazione con il Romanticismo, e affonda le sue radici nella reazione alle tendenze cosmopolitiche e universalizzanti proprie dell'Illuminismo.

Ernest Renan, filosofo francese,1823-1892, più volte citato da storici e politici, in una conferenza tenuta alla Sorbona nel 1882 affermava che la nazione è un principio spirituale, costituito da due elementi, uno passato e uno presente. Il primo è una ricca eredità di ricordi (anche se spesso l'oblio è risultato altrettanto importante), glorie e sacrifici.

Il secondo è il consenso attuale a vivere insieme. L’esistenza di una nazione è (perdonatemi la metafora) un plebiscito un plébiscite de tous les jours, come l'esistenza di un individuo è un'affermazione continua di vita.

Si tratta di una definizione condivisibile come lo è il messaggio finale: «Per le loro caratteristiche diverse, spesso opposte, le nazioni servono l’opera comune della civilizzazione; tutte apportano una nota al grande concerto dell’umanità, che, in fine, è la più alta realtà ideale a cui arriviamo.»

Altri aspetti del pensiero politico di Renan, per esempio sui temi razziali, sono controversi.

Il nazionalismo, definito come“ideologia” o prassi ispirata all'esaltazione del concetto di nazione, si risolve nell'autoritaria affermazione di valori che trascendono le esigenze della realtà politica e sociale dei paesi stranieri.

Da questa definizione deriva l’atteggiamento di supremazia, spesso aggressivo verso gli altri popoli. Le conseguenze possono essere tragiche, basta pensare al nazionalismo italo-tedesco-nipponico che ha condotto al secondo conflitto mondiale, a quello serbo verso il Kossovo, a quello attuale del governo russo con l’invasione dell’Ucraina.

Il nazionalismo può esprimersi anche attraverso l’esaltazione eccessiva dei propri principi democratici che devono essere difesi a qualunque costo  da altre ideologie, vedi invasione USA del Vietnam.

Modalità di espressione nazionalistica imperialistica possono verificarsi attraverso una soffocante penetrazione economica come avviene da parte della Cina odierna. Nei Paesi dominati da regimi teocratici il fanatismo religioso nazionalista rappresenta un pericolo per la deriva terroristica.

Possono essere definiti “micro-nazionalismi” quelli espressi da gruppi di popolazione che, all’interno dei grandi stati nazionali moderni, rivendicano una loro indipendenza.

La rivendicazione delle «piccole patrie» spesso si riduce al tentativo di conferire dignità nazionale (e quindi rilevanza politica) a un regionalismo senz’altro fondamento che la tradizione dialettale.

Ne sono esempi i movimenti separatisti in Sicilia nel dopoguerra del 1945, in Spagna nei Paesi Baschi, e in Catalogna, e ancora nel nostro Paese con il nazionalismo padano.

Il naufragio di questi disegni politici è sotto gli occhi di tutti. Hanno lasciato ovunque strascichi di risentimento e divisione, quando non di lutti o tragedie.

Esiste poi tuttora in alcuni Stati dell’Unione Europea un nazionalismo latente che rende difficile la costituzione di una entità sopranazionale federale.

È innegabile che scoperte scientifiche e/o creazioni artistiche da parte di gruppi o singoli individui, inducano nei Paesi dove si verificano un giustificato senso di orgoglio patriottico, un nazionalismo che potremo definire soft, con aspetti positivi per le sue irradiazioni verso le altre Nazioni.

Può essere presente anche in Nazioni nelle quali sono formulate leggi che riconoscono i diritti universali dell’umanità, oppure vi sono stati periodi o istituzioni o scientifiche tali da rappresentare un avanzamento del progresso culturale e scientifico di tutto genere umano come l’inizio della democrazia nella Grecia antica, il Rinascimento in Italia, il federalismo e le università negli Stati Uniti.

I successi nello sport agonistico sono usati dai regimi totalitari per motivi di propaganda ideologica, e strumento di mire imperialistiche.

L’organizzazione delle olimpiadi di Berlino nel 1936 e le due vittorie della nazionale di calcio italiana del 1932 e del 1938, sono state tipiche espressioni del nazionalismo sportivo da parte della Germania nazista e del regime fascista.

Una foto del 1938 mostra gli atleti della nazionale italiana di calcio schierati nel campo di gioco prima della partita con il braccio alzato nel saluto fascista, indossano la maglia nera al posto di quella azzurra con il fascio littorio cucito sul cuore per fronteggiare l’ostilità del pubblico francese. Alcuni mesi dopo furono approvate in Italia le leggi razziali.

Un altro esempio dell’uso propagandistico dei successi sportivi da parte di un regime dittatoriale si verificò dopo la seconda guerra mondiale nella Repubblica Democratica Tedesca con l’uso massivo di droghe somministrate agli atleti che partecipavano alle gare internazionali. Molti di loro hanno avuto la vita distrutta dal doping.

Nel 2022 per la prima volta è stato addirittura modificato il programma del campionato mondiale di calcio che si è svolto nel periodo invernale invece che primaverile-estivo: lo ha preteso il Qatar con motivazioni esclusivamente economiche.  

Promosso da Paesi democratici, lo sport agonistico presenta aspetti positivi in quanto nelle competizioni possono rendersi evidenti progressi tecnici ed organizzativi dei Paesi partecipanti.

Una venatura di orgoglio patriottico moderato, un nazionalismo soft, può essere tollerato, e anche giustificato in casi di successi. Le contese sportive sono addirittura riuscite a migliorare i rapporti internazionali: nel 1971 gli atleti a stelle e strisce della Nazionale di tennis da tavolo USA furono i primi americani a mettere piede a Pechino dall’avvento di Mao e instaurare quella che fu battezzata la Ping-pong diplomacy.

Molti anni dopo l’urlo vittorioso di Tardelli, un’altra splendida immagine apparve in tv nel 2004 durante la XXXIX Olimpiade; era il maratoneta Stefano Baldini che tagliava per primo il traguardo allo stadio di Atene.

Ricordando che le Olimpiadi furono volute dai greci duemilacinquecento anni fa perché fossero interrotte tutte le guerre, quella vittoria non fu solo di un italiano, ma un messaggio di pace inviato dallo sport a tutto il mondo.

 

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