Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

L’eroismo rivisitato

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Simone RegazzoniNel 1841 lo storico e saggista scozzese Thomas Carlyle pubblicò un libro destinato a diventare famoso, Gli eroi.

In esso viene fornita una rappresentazione della storia di stampo tipicamente romantico: sono le grandi personalità a “fare” e a dominare la storia, ragion per cui è essenziale lo studio delle manifestazioni di eroismo umano.

Esempi tipici di eroi sono per Carlyle Lutero, Dante, Shakespeare, Cromwell e Federico II di Prussia. Non rientra nel novero invece Napoleone, considerato un opportunista privo dei tratti tipici dell’eroe (e il giudizio dello storico scozzese venne, ovviamente, subito contestato).

La figura dell’eroe è da sempre presente nella storia umana, basti pensare ai poemi omerici e alle gesta dei cavalieri medievali, ma è stata pure messa in dubbio da tutti coloro che considerano le masse quali vere protagoniste e “motore” della storia stessa.

Una situazione curiosa si verificò con il marxismo, tipica filosofia anti-individualista ed esaltatrice di concetti come “massa” e “classe”.

Dopo la rivoluzione sovietica, nonostante le dichiarazioni di principio, venne creato una sorta di “Pantheon” di figure assimilabili sotto molti aspetti agli eroi. Lenin fu imbalsamato e il suo mausoleo, contenente la salma, è ancora presente nella Piazza Rossa di Mosca (per quanto assai meno visitato di un tempo).

Lo stesso accadde con Stalin, anche se il suo corpo imbalsamato è poi stato rimosso, mentre nella Corea del Nord la tradizione comunista è stata seguita alla lettera per Kim Il-sung.

Ciò significa che il bisogno di identificarsi con una figura considerata “eroica” è un tratto costante della nostra storia, valido anche in contesti politico-culturali nei quali il ruolo dell’individuo viene teoricamente svilito a favore di entità collettive.

E oggi? Il tema è analizzato in un interessante saggio del giovane filosofo Simone Regazzoni, Sfortunato il Paese che non ha eroi. Etica dell’eroismo (Ponte alle Grazie).

Già il titolo è indicativo poiché Regazzoni, che ha studiato a Parigi con Jacques Derrida, definendo “sfortunato” un Paese senza eroi, lascia subito intendere che le figure eroiche giocano un ruolo fondamentale anche ai giorni nostri.

Ma i tempi sono ovviamente cambiati e la scelta dell’autore ne risente in modo inevitabile.

 

Gli eroi per Regazzoni non sono quelli omerici, i cavalieri di re Artù o i capi comunisti, bensì personaggi – reali o fittizi – che popolano la nostra vita quotidiana.

Ecco quindi elencati, tra gli altri, lo psicoanalista Jacques Lacan, l’ispettore Callaghan, Batman, il Dr. House.

Che cosa li accomuna?

Giustappunto un’etica dell’eroismo un po’ diversa da quella tradizionale.

«Ho contrapposto – scrive Jacques Lacan – l’eroe all’uomo comune, e qualcuno si è offeso. Non li distinguo come due specie umane – in ciascuno di noi, c’è la via tracciata per un eroe, ed è appunto da uomo comune che la si realizza».

Significativo anche l’incipit del libro: «Perché scrivere, oggi, un libro sull’eroismo? Perché, diciamoci la verità, ci siamo trasformati in una “generazione di femminucce”. Parola di Clint Eastwood».

Ecco, l’attore americano gioca un ruolo rilevante nel libro, tanto da figurare sulla copertina non come ispettore Callaghan, ma nelle vesti del cowboy di Per un pugno di dollari. Regazzoni ne fa l’icona di un’etica vagamente nietzscheana, una sorta di “morale superiore” che travalica l’eroismo classico per trasformarsi in un “eroismo del Singolo” che rompe con l’idea si soggetto libero, autonomo e sovrano cui la tradizione dell’individualismo anarchico rimanda. Si tratta di una morale che è l’opposto del fascismo.

«L’etica dell’eroismo è una morale superiore: un’ipermorale o iper-etica come etica dell’atto che si compie prima e al di là delle Legge, a partire da uno spazio altro inscritto al cuore della Legge stessa come sua interna trasgressione”. Resta da capire cosa sia uno spazio che trasgredisce la Legge dall’interno.

Esempi? I Blues Brothers nella loro Dodge, auto della polizia comprata all’asta da Elwood.

Oppure lo spazio occupato da Dirty Harry Callaghan “che è al contempo un fuori-Legge e un rappresentante della Legge”, un ispettore di polizia che non solo infrange ogni regola, ma prova pure un piacere estremo e oscuro nel farlo.

Ne consegue, tra l’altro, che l’etica dell’eroismo di cui si parla nel libro non è rassicurante né edificante: “è una continua sfida alla nozione dominante di bene – per questo ha tratti che evocano il male».

Si entra dunque in una dimensione che sfida le convenzioni e lo stesso senso comune.

Si ha paura – afferma Regazzoni – di un nemico che non è affatto esterno all’orizzonte morale, bensì del cuore di tenebra della morale stessa.

«Agli occhi del moralismo contemporaneo e dei suoi paladini, o idioti della morale, la vera minaccia è l’etica stessa, in ciò che essa ha di più alto e perturbante: la decisione, l’atto che eccede i limiti di ogni regola, Legge, principio.

Quando si attacca la libertà sregolata dei soggetti, è la natura della decisione etica - essenzialmente sregolata – che si vuole colpire».

Il punto è che Bene e Male non si possono separare con una linea di confine netta, e nel cuore dell’etica si trova una Cosa oscura, il cui godimento alimenta per l’appunto l’etica dell’eroismo quale viene intesa dall’autore.

Gli eroi di Regazzoni attraversano il deserto postmoderno della moralità senza alcuna nostalgia per i valori perduti e, al contrario, vivono tale deserto come «una straordinaria possibilità per l’affermazione di nuove pratiche di libertà e di azione – al di là dei limiti della morale e delle vecchie ideologie moderne di cui oggi si lamenta la scomparsa».

Da notare anche che in una breve intervista inclusa nel libro il regista americano Sam Peckinpah dice: «Così io sarei un fascista perché credo che gli uomini non siano stati creati uguali? E va bene, allora sono un fascista. Anche se odio il termine e odio il tipo di ragionamento che definisce fascista quel punto di vista».

Al che si può rispondere tranquillamente che no, questo non è affatto fascismo. È il liberale, in realtà, a credere che gli esseri umani non siano uguali e a polemizzare contro l’egualitarismo esasperato presente soprattutto nel nostro Paese (assai più che negli Usa).

Interessante infine l’analisi dell’ultimo Batman, non quello classico creato negli anni ’30 da Bob Kane e Bill Finger, ma la sua rivisitazione proposta nel 1986 da Frank Miller: Batman: il ritorno del Cavaliere Oscuro, e poi portata sullo schermo in modo magistrale da Christopher Nolan.

Il celebre personaggio diventa in questo caso un supereroe senza Causa, se non quella di soddisfare la sua singolare – e oscura – ossessione. Batman combatte ancora contro i vecchi nemici come Joker, ma non lo fa in nome di ideali astratti.

Gli interessa soltanto dare sfogo alla sua ossessione tanto da essere indicato come criminale dalle autorità di Gotham City. La nuova serie altro non è, insomma, che il ritorno della Cosa oscura che Bruce Wayne non riesce più a contenere, e «che torna ad impossessarsi di lui facendo rinascere, così, Batman». Il Cavaliere Oscuro è un “altro” tipo di eroe, che ha ben poco a che fare con il tradizionale eroe della Legge.

Libro inquietante, quello di Regazzoni, proprio come inquietante è l’epoca in cui viviamo.

Oscuro o no, l’individuo che si stacca dalla massa e fa cose che gli altri non saprebbero fare è importante poiché ci rammenta che non siamo uguali, checché ne dicano i tanti sostenitori del “politically correct”. Se questo è vero gli eroi, che non devono per forza coincidere con quelli scelti dall’autore, sono necessari ora come un tempo, e un Paese che ne è privo è come recita il titolo - sfortunato.

 

 

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