Heidegger e Dilthey

Categoria principale: Filosofia della Scienza
Categoria: Filosofia della Scienza
Creato Martedì, 21 Giugno 2022 15:01
Ultima modifica il Martedì, 21 Giugno 2022 15:01
Pubblicato Martedì, 21 Giugno 2022 15:01
Scritto da Michele Marsonet
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Si deve soprattutto a Martin Heidegger la popolarità di Wilhelm Dilthey nel quadro della filosofia contemporanea.

In Essere e tempo viene prestata grande attenzione alla definizione di “storicità” fornita da Dilthey, riconoscendo in essa la base della stessa posizione heideggeriana, secondo la quale “l’analisi della storicità dell’esserci tende a mostrare che questo ente non è ‘temporale’ perché ‘sta nella storia’, ma che, al contrario, esiste e può esistere storicamente soltanto perché è temporale nel fondamento del suo essere”.

L’analisi heideggeriana della storicità si richiamerà sempre al pensiero diltheyano, cercando di sviluppare nell’ambito di una definizione dell’esistenza a base ontologica alcuni motivi già presenti negli scritti dello stesso Dilthey.

Per opera di Heidegger, e di altri allievi di Husserl, Dilthey è assurto nella filosofia contemporanea a quel posto di grande rilievo che gli viene oggi concordemente attribuito.

Si è visto in lui non soltanto l’iniziatore, e forse il maggiore esponente dello storicismo tedesco contemporaneo, ma anche una delle fonti più importanti della problematica esistenzialistica. In questa maniera il pensiero di Dilthey è stato posto in rapporto non soltanto con quello del neocriticismo di derivazione kantiana, o con quello di Windelband e di Rickert, di Simmel, di Max Weber, di Spengler, di Troeltsch e di Meinecke, ma anche con la fenomenologia husserliana e con l’esistenzialismo tedesco, ed è stato considerato nelle sue molteplici relazioni con le varie correnti della filosofia contemporanea.

Un grave pericolo si celava però entro tale tendenza: quello di un’assimilazione del pensiero diltheyano a Heidegger, e di una riduzione della sua problematica in termini esistenzialistici.

Questo pericolo non è stato evitato completamente, e Dilthey è stato talvolta interpretato come precursore di Heidegger, ponendo in luce entro la sua filosofia soltanto i motivi che questi ha poi ripreso e sviluppato, e lasciando in secondo piano altri motivi non meno essenziali. In tal modo il pensiero diltheyano è stato staccato dal suo ambiente storico, e si è lasciata da parte la grande diversità del terreno speculativo e culturale da cui emergono i due filosofi.

 

Dal punto di vista speculativo, Heidegger esige come suo presupposto la fenomenologia husserliana, e la prospettiva ontologica di Essere e tempo si avvale infatti del metodo fenomenologico.

Culturalmente, Heidegger resta pure l’uomo dell’immediato primo dopoguerra, e nella sua opera confluisce, anche se soltanto indirettamente, la coscienza della crisi della civiltà, che si traduce nell’affermazione della “impossibilità dell’esistenza”.

Molto diverso è invece il terreno da cui scaturisce il pensiero di Dilthey. E diverso è pure l’ambiente in cui si svolge la sua attività, per oltre mezzo secolo, dalla metà dell’Ottocento al 1911, alla soglia avanzata del nuovo secolo.

La radice del pensiero diltheyano deve essere ricercata in un’epoca ancora pervasa dal soffio della cultura romantica, anche se essa già vede, sul terreno dottrinale, il decadere della visione romantica della realtà e la reazione contro la filosofia hegeliana condotta da Feuerbach, Marx e Kierkegaard, insieme all’affermazione del positivismo.

Il rapporto con questi indirizzi appare chiaramente negli scritti giovanili di Dilthey, in cui l’eredità romantica si incontra con l’esigenza di una stretta compenetrazione tra filosofia e indagine scientifica particolare, condizionando il sorgere dell’interesse storico che è a base dell’intensa attività storiografica di Dilthey e il sorgere della critica della ragione storica che è il nucleo della sua attività filosofica. La polemica contro il positivismo e contro il neocriticismo appare poi dotata di una funzione essenziale, nel successivo sviluppo del suo pensiero.

La formulazione più matura del pensiero di Dilthey avviene per l’appunto negli scritti dal 1905 al 1911, cioè in un periodo che già assiste ad alcune delle manifestazioni più importanti della filosofia contemporanea, e in cui si affermano ormai decisamente Bergson in Francia, Bradley in Inghilterra, Croce in Italia, Husserl in Germania, James negli Stati Uniti.

Cosi il pensiero diltheyano segue, nel suo sviluppo, il movimento che dall’idealismo romantico e dal positivismo conduce alla filosofia contemporanea. Lo accoglie in sé, lo rielabora e a sua volta vi contribuisce con un insieme di motivi che, anche se talvolta lasciati cadere o passati sotto silenzio subito, torneranno a germogliare affermandosi poi con una grande vitalità.

Da ciò risulta chiaro come Dilthey non possa venir considerato in funzione di Heidegger, ma debba venir studiato tenendo presente, in primo luogo, lo sviluppo del suo pensiero e l’atteggiamento che egli ha assunto dinanzi alle varie correnti della filosofia del suo tempo. Tale forma di considerazione è richiesta non soltanto dai limiti cronologici dell’attività speculativa di Dilthey, e dal radicale mutamento dell’orizzonte in cui essa si svolge, ma anche da un motivo più interno, e più specifico, cioè dallo stesso stile del filosofare diltheyano.

Il pensiero di Dilthey non si configura infatti mai in forma sistematica, per dare luogo a un edificio concettuale saldamente e rigorosamente costruito. Si esplica piuttosto in una serie di ricerche apparentemente slegate, le quali non possono venir ricondotte a un elemento comune o a un problema unico, anche se alla loro base circola sempre una profonda unità problematica.

La sistematicità presente nel pensiero ditheyano è soltanto coscienza del nesso reciproco dei problemi e del continuo interferire delle diverse ricerche, ma non conduce mai ad organizzare i risultati di queste ricerche in una costruzione definitiva.

La filosofia di Dilthey, evitando di soffermarsi nel comodo rifugio di un’estrinseca sistematica, procede sempre oltre i risultati prima raggiunti per approfondire ulteriormente i termini della questione. Lo sforzo di tradurre nuovamente la soluzione in problema dà alla filosofia di Dilthey un carattere essenziale di ricerca che si manifesta anche nella forma esteriore dei suoi scritti, costituiti in gran parte da saggi, abbozzi, progetti di lavoro non sempre condotti a termine.

Dalla considerazione del procedere di tale sforzo, e dell’atteggiamento che in esso Dilthey viene ad assumere dinanzi alle varie correnti della filosofia della seconda metà dell’Ottocento e del primo decennio del Novecento, può venir meglio compresa la formulazione che il pensiero di Dilthey assume negli anni dal 1905 al 1911, determinando in maniera più precisa il suo posto nell’ambito della filosofia contemporanea.