Sull’eliminazione della metafisica

Categoria principale: Filosofia della Scienza
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Pubblicato Domenica, 12 Giugno 2022 14:58
Scritto da Michele Marsonet
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Afred J. AyerIl neopositivismo logico ha ripreso parecchi spunti dell’empirismo classico, innestando sul suo tronco l’analisi del linguaggio della metafisica.

Il risultato è stato devastante. Si è giunti ad affermare, come ha per esempio sostenuto Afred J. Ayer, che il trattamento metafisico di un termine  nasce dal cattivo uso del linguaggio, il quale conduce i metafisici ad ipostatizzare dei semplici enti linguistici attribuendo loro lo statuto di entità autosussistenti.

Anche in questo caso non vi è nulla di nuovo sotto il sole.

Un certo nominalismo medievale - cui spesso la tradizione analitica si riferisce come ad uno dei propri principali ispiratori - era giunto a conclusioni più o meno analoghe.

Nel Medio Evo, tuttavia, la logica non aveva certo attinto lo sviluppo raggiunto in epoca contemporanea e, soprattutto, non era stata sottoposta a quel processo di completa simbolizzazione che oggi la caratterizza.

Disponendo di una logica formale autonoma e potente, gli empiristi dei giomi nostri ne hanno subito approfittato per usarla come arma contro la metafisica, pretendendo di  dimostrare con gli strumenti tecnici da essa offerti l’inconcludenza e la mancanza di senso delle asserzioni metafisiche.

 

Non si può tuttavia affermare che la logica simbolica moderna sia nata con tali scopi.

Essa può, tutt’al più, essere uno strumento che, grazie alla sua precisione, può talvolta (e quindi non sempre) aiutarci a formulare in un modo linguisticamente corretto e per quanto possibile privo di ambiguità i tradizionali problemi filosofici.

Chiarito questo punto, non resta molto altro da dire sui rapporti tra logica formale e filosofia; la logica formale si sviluppa come disciplina autonoma, con caratteristiche assai più simili alla matematica che alla filosofia.

Il logico di formazione filosofica, d’altro canto, quando non scelga per vocazione di dedicarsi interamente allo sviluppo matematico-formale dei calcoli logici, può fomire dei contributi preziosi sia a livello di filosofia della logica, analizzando dal punto di vista epistemologico i fondamenti della disciplina, sia a livello di logica filosofica, sottoponendo problemi di carattere speculativo ad analisi logico-linguistica per constatare se essi siano ben formulati o meno.

La versione logico-linguistica di un problema filosofico può essere un utile strumento euristico per affrontare il problema medesimo, mentre ridurre la filosofia allo studio del linguaggio equivale, in pratica, a pensare che le carte geografiche costituiscano l’unico oggetto della geografia.

Ora, si dà il caso che il neopositivismo logico e buona parte della tradizione analitica siano andati esattamente in tale direzione, riducendo la filosofia allo studio del linguaggio.

L'empirismo aveva finalmente trovato l'arma che da secoli cercava per dimostrare l’intrinseca assurdità della metafisica classica. Tale arma era la logica formale, che da disciplina autonoma si trasformò in punta di lancia del nuovo empirismo.

La logica simbolica si trovò dunque oberata in breve tempo da pesi filosofici non di poco conto: dimostrare la verità della metafisica empirista (che riduce l’intero all’intero dell’esperienza), dimostrare l’insensatezza della metafisica classica e, infine, dimostrare che una nozione squisitamente metafisica come quella di “essere” è, in realtà, uno pseudo-concetto che affonda le proprie radici nel cattivo uso del linguaggio.

Il problema è che adottando una simile linea d’azione si finisce per attribuire alla logica formale dei compiti che essa, per sua stessa natura, non è in grado di assolvere.

Ad esempio la logica formale, quando esamina dal proprio punto di vista il termine “essere”, non può far altro che prenderne in considerazione un solo aspetto, e cioè quello che s’identifica con l’uso e le funzioni svolte dalla copula all’intemo degli enunciati.

Ed è allora legittimo affermare che, in tale senso, il problema dell’essere è un problema di natura logico-linguistica.

Detto questo, la logica formale ha in pratica esaurito il suo compito; compito che è, intendiamoci, importantissimo anche dal punto di vista filosofico, ma che risulta, allo stesso tempo, estremamente limitato poiché la ricchezza del concetto di “essere” non può certamente venire ridotta alla funzione linguistico-copulativa del verbo corrispondente.

La logica formale contemporanea è d’altra parte nata escludendo per definizione dal proprio ambito di competenza lo studio dei concetti.

Essa è un tipo di indagine sul linguaggio che ne analizza semplicemente le strutture e prescinde dai contenuti che a tali strutture possono corrispondere. Ne deriva che non le spetta studiare i concetti metafisici, ma solo verificare la verità o falsità degli enunciati che parlano di tali concetti.

D’altra parte, un simile compito è simile a una burla per un empirista, il quale assume già in partenza che gli unici oggetti esistenti siano quelli esperibili con i sensi.

Gli enunciati che parlano di oggetti metafisici non possono dunque che essere falsi, non esistendo gli oggetti in questione.