Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Balilla, una parola dai ruoli molteplici

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La parola “balilla” iniziò il 5 novembre 1746 un percorso che la portò a svolgere ruoli diversi nei secoli successivi. Quel giorno, nel sestriere genovese di Portoria, un ragazzo incitò la popolazione a sollevarsi contro le truppe austro piemontesi che occupavano la città.

L'arroganza dei soldati austriaci, che pretendevano di essere aiutati ad estrarre dal fango un pezzo di artiglieria, fu la miccia che fece esplodere la rivolta. Il ragazzo, denominato “balilla”, con una pietra in mano, prima di lanciarla contro la testa di un austriaco, gridò: «...che l’inse?». Il sasso andò a segno, esplose la rivolta e la città fu liberata dalle truppe austriache dopo cinque giorni.

In quel periodo la Guerra di Successione austriaca infuriava in tutta l’Europa, l’Italia era divisa in diversi stati che avevano le più varie alleanze. La Liguria e la città di Genova erano alleate con i francesi e gli spagnoli.

Il gesto eroico e la rivolta sono stati confermati dalla storia, ma l’identità del giovane resta ancora incerta. Nonostante sia stata attribuita ad un certo Giovanni Battista Perasso (Montoggio 1735 - Genova 1781), non esistono documenti che attestino fosse il "Balilla".  Inoltre ci sono dei dubbi anche sull’ «…inse?» interpretato come «La comincio?» o «Gliela rompo?» riferito alla testa del soldato preso di mira.

Balilla può essere tradotto letteralmente con “pallina” e doveva essere un appellativo molto comune riferito ai bambini insieme a Ballin (Pallino) e Balletta, tuttora in uso.

 

Il nome Balilla era del resto già presente nella letteratura in lingua ligure, utilizzato per uno dei personaggi positivi dell'opera del 1697 di Giovanni Agostino Pollinari, Il genio ligure trionfante.

Il termine ricomparve un secolo dopo, sempre in funzione eroica, nella quarta strofa del Canto degli Italiani composto dal patriota ventunenne Goffredo Mameli durante l’assedio dei francesi alla Repubblica Romana nel 1847.

«Dall’Alpi a Sicilia / Dovunque è Legnano / Ogn’uom di Ferruccio / Ha il core, ha la mano. / I bimbi d’Italia / Si chiaman Balill / Il suon d’ogni squilla / I Vespri suonò. /Stringiamoci a coorte / Siam pronti alla morte / L’Italia chiamò.»

Musicato da Angelo Novaro è divenuto dal 1946 l’inno nazionale italiano.

Nel XX secolo la parola Balilla è stata ampiamente strumentalizzata dal regime fascista: nel 1926 fu istituita “l’Opera Nazionale Balilla”, per l’assistenza e l’educazione fisica e morale dei fanciulli e chiamati Balilla i ragazzi dagli 8 ai 14 anni; quelli tra i 6 e gli 8 erano “figli della lupa” e avanguardisti” gli adolescenti dai 14 ai 18 anni.

Per la gioventù fascista fu concepito un complesso progetto pedagogico mirante a irregimentarli nel fisico e nello spirito guerriero. L’Opera Nazionale Balilla ebbe tra le sue manifestazioni più visibili quella del sabato fascista con le sue coreografie di massa e musiche celebrative.

Anche la canzone patriottica “Balilla”, composta alcuni anni prima come canzone nazionalpopolare, divenne dal 1926 l'inno dell'organizzazione giovanile del regime.

Questo il testo iniziale:

«Fischia il sasso / il nome squilla/ del ragazzo di Portoria / e l’intrepido Balilla / sta gigante nella storia. / Era bronzo quel mortaio/che nel fango sprofondò, / ma il ragazzo fu d’acciaio/ e la madre liberò. / »

Dal 1938 al 1943 ed essendo, obbligatoriamente, prima “figlio della lupa” e poi “balilla”, provavo avversione per divise e adunate, ma devo dire che la canzone non mi dispiaceva: i giovani tendono ad identificarsi con gli eroi e per i ragazzi di allora i sassi avevano un fascino particolare.

Durante il ventennio fascista il termine Balilla ebbe anche una funzione industriale-commerciale.  

La dirigenza FIAT stava studiando un modello di auto utilitaria per il popolo, la popolazione italiana era poco più di 40 milioni e le vetture circolanti una ogni 220 abitanti.

La futura auto doveva essere comoda, affidabile, avere manutenzione ridotta e costare poco.

Fu scelto per questa vettura il nome Balilla per “ingraziarsi” Mussolini: alla presentazione a Villa Torlonia, la nuova 508 venne definita con enfasi retorica «Fidente nell’avvenire, col nome glorioso della giovinezza fascista, anche la Balilla vuole seguire il comandamento del Duce: essa va verso il popolo». 

Il benestare del Duce portò alla creazione di una legge ad hoc che consentiva l’esenzione della tassa di circolazione per la sola Balilla. La tassa corrispondeva ad un intero stipendio mensile e la sua cancellazione incentivò enormemente le vendite successive; dal 1932 al 1937 ne furono prodotti oltre centomila esemplari

 Con l’alleanza con la Germania nazista l’episodio eroico di Balilla che cacciava gli austriaci fu ovviamente messo da parte.

Dopo la Liberazione e negli anni Cinquanta con lo sviluppo economico la funzione della parola Balilla cambiò ancora e assunse un significato ludico-sportivo.

Sulla scia della popolarità del gioco del calcio si diffuse in Italia, in Europa e poi in tutto il mondo il calcio da tavolo: i giocatori manovravano tramite barre le sagome di piccoli calciatori, in un tavolo da gioco apposito con sponde laterali, cercando di colpire una pallina per spingerla nella porta avversaria. Fu denominato popolarmente “calciobalilla”, ma anche calcetto, o biliardino.

Oggi è considerato un vero e proprio sport, con tanto di federazioni, associazioni e campionati.

L’antico episodio di Balilla e la storia successiva mostra ancora una volta come sia possibile la strumentalizzazione, talora con finalità non condivisibili, dei gesti eroici e delle parole che li accompagnano, ma questo  non impedisce in alcun modo di ricordare il significato ed il valore di quegli atti .

 

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