Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Cassandra e le previsioni del futuro

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«Non fare la Cassandra» è un proverbio popolare, forse in disuso, rivolto a colui o colei che predice sempre il futuro peggiore.

Cassandra, una figura della mitologia greca, era figlia di Ecuba e di Priamo re di Troia, sacerdotessa nel tempio di Apollo da cui ebbe la facoltà della preveggenza, ma anche di non essere creduta.

Come è noto scongiurò i suoi concittadini a non portare entro le mura il cavallo di legno che nascondeva l’inganno. Quando la città cadde fu violentata e portata via come schiava di Agamennone, capo della spedizione greca.

Al ritorno in patria Agamennone fu ucciso in una congiura; anche questa volta Cassandra l’aveva prevista; non fu ascoltata e mori nella congiura.

Oggi in psichiatria esiste la sindrome di Cassandra una patologia che porta il/la paziente a formulare sistematicamente profezie avverse circa il proprio o l’altrui futuro. Una tendenza psicologica maniacale che spesso denota uno stato depressivo.

Stati patologici mentali a parte conoscere il futuro è un desiderio insito dell’animo umano.

Ricordo mia nonna materna, 97enne, che prima di morire diceva «Ho vissuto molto, ma dopo mi piacerebbe che lassù ci fosse una finestrina per vedere cosa succede nel mondo».

 

Purtroppo le previsioni dei pessimisti, le moderne Cassandre, si rivelano spesso esatte anche perché la storia dell’umanità non è certamente tutta rose e fiori. Sono divenute famose le cosiddette società distopiche, descritte negli anni quaranta da Aldous Huxley in Nuovo Mondo Coraggioso e da George Orwell con i romanzi La fattoria degli animali e 1984.

Elementi negativi immaginati da questi scrittori si ritrovano facilmente nelle società attuali.  Di solito i pessimisti sono poco graditi, ma adesso per fortuna la loro sorte non è quella della sacerdotessa di Apollo.

Gli ambientalisti che prevedono la catastrofe ambientale per i cambiamenti climatici ovviamente su solide basi scientifiche, rischiano oggi al massimo di essere definiti “radical chic”.

Un altro tipo di atteggiamento del tutto opposto, quello ottimistico, il futuro è nelle nostre mani, ha i suoi lati positivi, mapuò indurre ad errori clamorosi, con conseguenzemolto gravi.

Sono evidenti nelle scelte di guerra: laprevisione di una campagna facile da parte di Napoleone,un genio della guerra,quando invase la Russia nel 1812, si concluse con latragica ritirata e la distruzione della Grande Armeè.

Più recentemente Colin Powell,generale americano,aveva solennemente affermato «nessuno può cambiare i nostri ieri, ma tutti possiamo cambiare i nostri domani» (la citazione è su Wikipedia);

effettivamente quandonel 2003 nel suo discorsoall’ONU affermò l’esistenza di armi di distruzione di massa nell’Iraq, risultate poi inesistenti, ha “cambiato il domani” avallando la decisione diiniziare secondaguerra del golfo conconseguenze nefaste.

L’ansia di conoscere il futuro ha portato da sempre l’umanità ad escogitare i tentativi più vari, basta pensare al ricorso agli oracoli di Apollo a Delfi con la sacerdotessa Pizia o quello a Cuma con la sacerdotessa Sibilla Cumana, passata alla storia anche per i vaticini “sibillini”, cioè difficili e incerti da interpretare.

Gli antichi romani non intraprendevano le imprese se non dopo aver consultato gli Àuguri, i sacerdoti specializzati nell’interpretare la volontà degli dei.

Ancora oggi molti si rivolgono alla cartomanzia o agli oroscopi per conoscere il proprio futuro, ma per fortuna il termine dominante nella società moderna è “previsioni”, basate quasi sempre su dati oggettivi, forniti dalla scienza.

E’ necessario tener conto delle previsioni, innumerevoli e allarmanti, sulla catastrofe ambientale dovuta ai cambiamenti climatici.

Chi ha ancora dei dubbi può rendersene conto con la visione del film documentario Antropocene – L’Epoca Umana di J Baichwal, N de Pencier, E, Canada 2018, dove sono illustrati i 43 disastri planetari provocati dall’uomo.

Altre previsioni importanti sono quelle dei politici con scelte che possono coinvolgere milioni di persone; dei costruttori che devono prevedere la durata dei materiali dei ponti o degli edifici progettati per evitare tragedie.

Infine vi sono le previsioni in medicina sia in termini di salute pubblica, per esempio in caso di epidemie o pandemie, e ne abbiamo constatato l’importanza nelle recente pandemia da virus COVID-19, sia nei singoli pazienti quando il medico emette una prognosi.

Il termine prognosi, dal greco πρό, “prima” e γνωσις, “conoscere, sapere”, è un giudizio di previsione sul probabile andamento della malattia, sui tempi di guarigione o di decesso ed è ovvio che il paziente, familiari ed amici desiderano fortemente conoscere il futuro.

Emettere una prognosi ha una grande valenza pratica e morale, ma è un compito tutt’altro che facile. Le conoscenze scientifiche sugli andamenti delle malattie forniscono indicazioni utili, ma ogni singolo individuo ha una sua irripetibile originalità e una diversa risposta all’evento morboso.

Ricordo quando lavoravo in ospedale l’importanza e la difficoltà di emettere una prognosi nei pazienti con cardiomiopatia dilatativa.

Quando questo tipo di malattia non risponde alla terapia con farmaci, l’unica possibilità di sopravvivenza è il trapianto di cuore e l’inserimento nelle liste di attesa deve essere fatto al momento opportuno per evitare il decesso.

Le previsioni a breve termine, basate su dati scientifici, sono pertanto indispensabili nella vita moderna, mentre sono una opzione quelle a lunga scadenza, predilette da quelli che cercano d’immaginare come sarà il mondo tra mille, diecimila o un milione di anni.

Se hanno pulsioni guerresche amano le guerre stellari oppure se più pacifici, sognano società automatizzate, dominate dalla tecnica o magari ritengono possibile la colonizzazione di pianeti del sistema solare o extrasolare per risolvere la sovra popolazione terrestre!

Da sottolineare tuttavia come anche i sognatori sono capaci di autoironia: in una intervista alla tv Isaac Asimov (1920-1992), uno dei più grandi maestri della fantascienza dichiarava: «posso descrivere qualunque cosa che avverrà nel futuro tra 500mila o un milione di anni; certamente allora non vi sarà nessuno dei presenti che potrà smentirmi».

 Infine chi volesse dimenticare l’ansia di conoscere il futuro, memore del famoso verso «chi vuol essere lieto, sia: di doman non c’è certezza», può farlo ascoltando la canzone di Joan Baez del 1983 Three horses, i tre destrieri. 

A un gruppo di bambini raccolti in un prato compare al mattino un bianco destriero che narra gli avvenimenti del passato e i bambini provano uno smarrimento credulo; a mezzogiorno la comparsa di una rossa giumenta li spaventa col racconto della durezza del tempo presente, ma quando alla sera appare uno stallone nero, il gruppo si disperde; i bambini sono richiamati a casa dalle madri perché non hanno mai conosciuto la tristezza del futuro.

Comunque la cantante con la sua splendida voce li/ci rassicura: alla fine della canzone ringrazia Dio e gli Angeli per non aver dato la parola a questo destriero, «and I’ll thank God and all the angels , that the stallion of the evening, the black horse of the future , comes to the earth but has no tongue».

 

 

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