Popper e il “profetismo” nella storia

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Pubblicato Giovedì, 25 Novembre 2021 17:16
Scritto da Michele Marsonet
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«In memoria degli innumerevoli uomini, donne e bambini di tutte le credenze, nazioni o razze che caddero vittime della fede fascista e comunista nelle Inesorabili Leggi del Destino storico».

È questa la frase che Popper antepone a Miseria dello storicismo, nella persuasione che la “sapienza profetica” dello storicista è dannosa; che erronee filosofie storiciste abbiano alimentato il tribalismo totalitario del fascismo, del razzismo e del comunismo.

Tanto spesso si è ripetuto che «una qualche forma di totalitarismo è inevitabile»; e tante persone - pure istruite e che avrebbero dovuto essere responsabili di quel che dicono - «affermano che non c’è possibilità alcuna di sottrarsi ad esso», e considerano ingenui quanti credono che la democrazia possa essere permanente e che non vedono invece che «essa è una delle tante forme di governo che, vengono e vanno nel corso della storia».

Sostengono che la democrazia, al fine di combattere il totalitarismo, è costretta ad adottarne i metodi e quindi a diventare totalitaria essa stessa. Oppure affermano che il nostro sistema industriale non può continuare a funzionare senza i metodi della pianificazione collettivistica e, partendo dal presupposto della inevitabilità di un sistema economico collettivistico, giungono alla conclusione che altrettanto inevitabile è anche l’adozione di forme totalitarie di vita sociale.

 

Tutte queste affermazioni poggiano sul presupposto che una qualche scienza sociale sia in grado di scoprire le leggi che in modo “ineluttabile” guiderebbero il corso della storia umana nella sua totalità.

Ma Popper si chiede: «Possiamo aspettarci di ottenere qualcosa di più dell’irresponsabile risposta dell’indovino se chiediamo a un uomo che cosa il futuro abbia in serbo per il genere umano?».

«La triste verità - continua Popper - è che le metafisiche della storia impediscono l’applicazione dei metodi graduali della scienza ai problemi della riforma sociale».

Esse attraggono gli intellettuali per la ragione che è sempre lusinghiero appartenere alla ristretta cerchia degli iniziati, e possedere la non comune capacità di predire il corso della storia.

Ma il danno etico più grave prodotto da queste filosofie della storia è che esse deresponsabilizzano le persone: le metafisiche storiciste sono idonee a sollevare gli esseri umani dal peso delle loro responsabilità.

E al danno etico segue il disastro politico, vale a dire il totalitarismo. Lo storicista, infatti, «considera l’individuo come una pedina, come uno strumento di secondaria importanza nello sviluppo generale dell’umanità. E ritiene che gli attori importanti sulla scena della storia siano o le Grandi nazioni e i loro Capi, oppure le Grandi Classi o le Grandi Idee».

Una delle più semplici e più antiche forme di storicismo è, scrive Popper, la dottrina del popolo eletto.

«Questa dottrina è uno dei tentativi fatti per rendere comprensibile la storia mediante una interpretazione teistica, cioè riconoscendo Dio come autore del dramma che si svolge sulla scena storica. La teoria del popolo eletto, più specificamente, sostiene che Dio ha scelto un popolo perché adempia alla funzione di strumento privilegiato della sua volontà e che questo popolo erediterà la terra».

Le caratteristiche essenziali di questa forma teistica di storicismo sono condivise - ad avviso di Popper - dalle due più importanti versioni moderne dello storicismo: la filosofia storicista del razzismo o fascismo da una parte, e la filosofia storicista del marxismo dall’altra. E, in effetti, «al popolo eletto il razzismo sostituisce la razza eletta, considerata come lo strumento del destino e alla fine destinata a dominare la terra. La filosofia storicista di Marx sostituisce al popolo eletto la classe eletta, considerata come lo strumento per la creazione della società senza classi e, nello stesso tempo, come la classe destinata a dominare la terra».

E, nell’uno come nell’altro caso, la teoria permette di fare previsioni sulla base di una presunta legge di sviluppo della storia.

Nel caso del razzismo, questa legge è concepita come una specie di legge naturale.

La superiorità biologica del sangue della razza eletta spiega il corso della storia passata, presente e futura, la quale si riduce a null’altro che alla lotta delle razze per il predominio.

Nel caso della filosofia marxista della storia, la legge è economica: tutta la storia dev’essere interpretata come una lotta di classe per la supremazia economica.

I due movimenti storicisti menzionati si rifanno entrambi a Hegel, mentre Hegel si rifà, da parte sua, ad alcuni filosofi antichi.

Ed ecco, allora, l’urgenza di tornare al mondo antico, alle radici dello storicismo (Platone), grave malattia dello spirito che fa da supporto alla rivolta contro la civiltà. Lo storicismo è figlio della paura: rifiuta di ammettere la nostra responsabilità, è una resa incondizionata ai fatti.

«Come il gioco d’azzardo, lo storicismo è figlio della nostra sfiducia nella razionalità e responsabilità delle azioni umane. Esso è una falsa speranza e una falsa fede, un tentativo di sostituire alla speranza e alla fede che scaturiscono dal nostro entusiasmo morale e dal disprezzo del successo una certezza che scaturisce da una pseudo-scienza delle stelle o della “natura umana” o del destino storico».

E non dobbiamo dimenticare - ammonisce il pensatore austriaco - che lo storicismo non è soltanto insostenibile razionalmente, ma è anche in conflitto con qualsiasi religione che predichi l’importanza della coscienza.