Storia e Psicologia, un connubio complesso
Nel campo del pensiero psicologico sono stati in primo luogo gli psicanalisti a cercare un dialogo con gli storici. Sigmund Freud fu molto invogliato a fare uso della teoria psicanalitica nell’interpretazione delle personalità storiche e della loro evoluzione. Fu il suo Leonardo da Vinci ed il ricordo della sua infanzia ad aprire nel 1910 la strada alla psicostoria.1 In seguito nel Disagio della civiltà ebbe lui stesso modo di mettere in risalto i limiti e i rischi connessi asserendo che era pericoloso non solo per gli uomini, ma anche per gli stessi concetti, trascinarli fuori dalla regione in cui avevano avuto origine ed erano maturati.2 Da un punto di vista conoscitivo le persone nascono e si formano in sistemi molto generali di credenze e di presupposti conoscitivi che variano enormemente da cultura a cultura. Ciò ha rappresentato il primo grande problema per gli psicostorici: quello che per il lettore moderno sembra essere la prova di una caratteristica, può essere in effetti completamente spiegabile in altri termini se solo si conosce abbastanza il contesto socio-culturale in cui il soggetto ha vissuto. Pertanto questa comprensione è fondamentale per la scrittura di opere storiche.
La distanza temporale rappresenta un fattore determinante quanto la distanza spaziale e siccome tutti gli eventi e tutte le esperienze personali sono unici, gli psicostorici non possono accostarsi al loro materiale con il presupposto che qualsiasi data struttura familiare o contenuto fantastico renda conto di un tipo di personalità vincolato ad agire in una data situazione in qualche modo predeterminato. In altre parole, qualsiasi teoria delle spiegazioni comportamentali che sia culturalmente vincolata è destinata a fallire nel suo tentativo di analizzare i vari mondi del passato. Uno psicoanalista contemporaneo che partendo dalla sua esperienza cerchi di fare congetture su quella di un altro periodo, sarebbe destinato a sbagliare, a meno che non sia particolarmente ferrato in quella particolare cultura e periodo storico. Pertanto pochissimi analisti sono usciti indenni da un’interpretazione psicobiografica e psicostorica. L’opera di Freud ha comunque stimolato lo sviluppo successivo della psicostoria seppur essa resta molto controversa in quanto applica una decifrazione altamente speculativa, basata sulla teoria psicoanalitica, a persone e ad eventi della storia all’attuale panorama politico- culturale. Torna pertanto conclusiva l’affermazione di Jacques Barzun secondo cui «uno storico trova il principale baluardo contro l’errore nella passione per la dimostrazione direttamente riproducibile».3 Le fonti documentarie rappresentano, quindi, l’unico elemento da cui è possibile ricavare “la prova”. Eppure, e inevitabilmente, anche qui entrano in gioco l’interpretazione e la soggettività nella deduzione e nei commenti sui materiali scelti. Gettare un ponte tra storia e psicologia, attraverso un equilibrato connubio tra le due conoscenze, non potrebbe che accrescere la comprensione dei fenomeni biografici e storici che sono implicati, ma le due discipline hanno ancora molto da imparare l’una dall’altra per suffragare l’affermazione del noto storico tedesco Karl Lamprecht: «La storia è essenzialmente una scienza psico-sociologica».4
Note
1. S. Freud, Leonardo da Vinci, and the Memory of his Childhood, W.W. Norton, New York, 1964. 2. Cfr. S. Freud, Il disagio della civiltà, Boringhieri, Torino, 1985. 3. J. Barzun, Clio and the Doctors: Psycho-History, Quanto History and History, University of Chicago Press, Chicago, 1974, p.42. 4. H. Rogers (a cura di), Historical Development and Present Character of the Science of History, Congress of Arts and Science (St. Louis 1904), Boston & New York, 1905-1907. |
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