In memoria di Salvatore Veca
Allievo di Enzo Paci e di Ludovico Geymonat all’Università Statale di Milano, Veca è sempre stato, come si usa dire, un “filosofo militante”. Iniziò la sua brillante carriera come studioso del marxismo, molto interessato anche al pensiero di Kant e Husserl. Diventò ancor giovane condirettore dell’importante rivista filosofica Aut Aut, e partecipò sempre con passione al dibattito politico e filosofico pubblico. Dopo aver vinto la cattedra alla Facoltà di Scienze Politiche di Milano, si avvicinò sempre più al pensiero analitico di stampo anglosassone. Contribuì, per esempio, a diffondere in Italia le tesi del filosofo del diritto e della politica americano John Rawls, facendo tradurre dall’editore Feltrinelli la sua celebre opera Una teoria della giustizia, scritta da Rawls nel 1971 e tradotta nella nostra lingua nel 1982. Veca concordava con Rawls circa la necessità di dare nuova linfa al contrattualismo di Locke, Hobbes e Rousseau, e fornì apprezzati contributi in tale direzione. Pur senza rinnegare mai le sue origini marxiste, Veca si avvicinò sempre più a una visione della politica intesa non come perseguimento di un “bene comune” astratto, bensì quale ricerca di procedimenti volti a rendere più giuste le istituzioni.
Era inoltre molto interessato alla teoria della “giustizia distributiva” sviluppata dallo stesso Rawls, intesa a rendere i beni più equamente distribuiti. Di qui la prevalenza del giusto sul bene, vale a dire l’idea di “giustizia come equità”, volta a favorire gli strati meno fortunati della popolazione. Trasferitosi in seguito all’Università di Pavia, sempre come docente di Filosofia politica, Veca accentuò ancor più la sua partecipazione attiva agli eventi sociali, editoriali e culturali, diventando in Italia il punto di riferimento del progressismo liberal. Di qui il suo avvicinamento a un liberalismo che possiamo definire, semplificando molto, “di sinistra”, e che lo portò ad avere contatti anche con l’ala più radicale del Partito democratico americano. Fu per molto tempo presidente della “Fondazione Feltrinelli” e della “Casa della cultura” di Milano. Attivissimo nel campo editoriale, partecipò con passione all’attività delle case editrici “Feltrinelli” e “Il Saggiatore”, conducendo al contempo un’intensa opera di divulgazione scientifica mediante conferenze e articoli su quotidiani come “Il Corriere della Sera”. Vicino per molti versi a Norberto Bobbio, Veca si impegnò a rielaborare in senso riformista la tradizione comunista italiana. Senza dubbio la sua scomparsa lascia un grande vuoto nel panorama culturale del nostro Paese.
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