Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Salviamo le Alpi Apuane

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«Che cosa sono quei monti? - chiesi molto incuriosito, quasi impaurito. Sono le Alpi Apuane - mi fu spiegato. Ammirai a lungo lo spettacolo inconsueto che mi fece pensare, non so’ perché alla creazione del mondo, terre ancora da plasmare che emergevano da un vuoto sconfinato, color dell’incendio».

Così   Fosco Maraini (1912-2003), etnografo, scrittore ed esploratore, amava definire queste fiere montagne che si ergono dal mare in tutta la loro grandezza, giganti protettori della Lunigiana e della Garfagnana, a nord della Toscana, irripetibile catena montuosa sorta dal mare milioni di anni fa. 

Per amore di queste terre chiese di essere sepolto nel piccolo cimitero dell’Alpe di Sant’Antonio, a Molizzana, dove attualmente riposano le sue spoglie.

Il Parco Naturale Regionale delle Alpi Apuane, istituito nel 1985 dalla Regione Toscana e comprendente una grande varietà di ambienti montani e collinari e le cave di marmo, fa parte dal 2015 del Geoparco Europeo e Mondiale dell’Unesco.

Purtroppo questo, ed altri provvedimenti legislativi   non hanno impedito che crescesse in modo selvaggio l’attività estrattiva del marmo che tuttora ne minaccia l’integrità.

 Negli ultimi 20 anni è stato cavato più marmo di quanto non si sia fatto nei 2000 anni precedenti di storia dell’escavazione: tra marmo e carbonato di calcio si estrae in un giorno una quantità di materiale che decenni fa si estraeva in tre mesi, 100mila tonnellate/ anno negli anni 20; 5 milioni di tonnellate/anno, oggi.

 

Solo un quinto del materiale scavato viene estratto in blocchi e usato per realizzare sculture o edifici, il resto sono detriti generati dalle moderne tecniche di scavo, sminuzzati, ridotti in polvere e usati nell’industria anche come carbonato di calcio, per colle, dentifrici e materiali da costruzione.

I blocchi di marmo non vengono neanche più lavorati in terra apuana, ma inviati per mare nei Paesi dove la manodopera è meno costosa. Le ricadute sull’economia locale sono modestissime.

Il disastro ambientale coinvolge monti e acque, con gravissimi fenomeni di inquinamento dei corsi d’acqua.

Sopra il borgo di Miseglia, a pochi chilometri dal capoluogo Carrara, due “ravaneti” incombono sul paese.

I “ravaneti” sono cumuli di materiali di risulta dell’attività estrattiva abbandonati lungo i versanti: di questi detriti -che possono essere scaglie, ma anche terre- ogni anno se ne producono 3 milioni di tonnellate.

Un “ravaneto” può anche essere pericoloso: quando scivola a valle, specie durante i temporali, le polveri più fini miste all’acqua diventano fanghiglia, una “marmettola” che finisce nel bacino dei fiumi apuani intorbidendone le acque, intasandone il letto.

Nel 2014 la Regione Toscana ha deliberato il Piano d’Indirizzo Territoriale con valenza di piano paesaggistico che ha tuttavia sollevato   polemiche e resistenze. Ovvi i ricorsi al T.A.R.  delle varie società estrattive per alcune limitazioni alle loro attività, ricorsi poi respinti, ma anche numerose le proteste perché il Piano non tutela a sufficienza le aree estrattive.

Per questo motivo   il Gruppo d’Intervento Giuridico Onlus nel 2015 ha presentato un ricorso per modificarlo con un appello al Presidente della Repubblica, a firma del presidente del Gruppo Stefano Deliperi.

Innumerevoli sono gli interventi di Associazioni ambientalistiche e culturali in difesa delle Alpi Apuane come l’appello del 2016 di Italia Nostra, Lega Ambiente, WWF, CAI, partiti politici, comitati, personalità del mondo della cultura come il vicepresidente emerito della Corte Costituzionale Paolo Maddalena, l'ex rettore della Normale di Pisa Salvatore Settis, gli scrittori Andrea Camilleri e Maurizio Maggiani, lo storico dell'arte Tomaso Montanari.

Tra i numerosi convegni una menzione particolare merita un Convegno Nazionale che si è svolto a Firenze nel novembre 2014, promosso dalla Rete dei Comitati per la difesa del territorio con il Club Alpino Italiano Toscana, il Comitato “Salviamo le Apuane”, la partecipazione del FAI, Italia Nostra e Lega Ambiente, un’intera giornata di analisi e riflessioni.  Gli obbiettivi del convegno erano quelli di rispondere alle domande: Quale futuro per le Alpi Apuane?

È possibile un’escavazione non distruttiva?

Come integrare l’industria del marmo con altre attività economiche, per far crescere l’economia locale?

Ha moderato il Convegno Claudio Greppi, professore universitario, ambientalista Alberto Asor Rosa saggista, accademico e politico ha inquadrato la questione delle Apuane in una visione nazionale.

Mauro Chessa, presidente della ReTe dei Comitati del Territorio, ha delineato i profili di un’escavazione sostenibile; Paolo Baldeschi, urbanista, esaminato la tormentata vicenda del Piano Paesaggistico Regionale e mostrato i dati reali sui posti di lavoro che   sono fortemente tagliati dalla attuale tecnologia di escavazione.

Sono intervenuti lo scrittore Maurizio Maggiani e l’alpinista Alessandro Gogna. 

Numerosi  infine, gli interventi che hanno sottolineato  l’esistenza di risorse complessive offerte dal Parco delle Apuane  e le opportunità economiche per i giovani e l’agricoltura , dal turismo ai rifugi.

E’ emersa chiaramente   la necessità e l’urgenza di tutelare questo “patrimonio unico e di tutti”;  i  posti di lavoro si otterranno solo con il contenimento del processo di escavazione e la riconversione produttiva diversificata di un territorio oggi totalmente asservito a un’unica monocoltura, quella dell’industria estrattiva del marmo per fini industriali.

Successivi convegni si sono tenuti nel settembre 2019 a Firenze e nel febbraio 2020 a Pietrasanta e Grosseto, a cura delle sezioni del CAI e Lega Ambiente, nei quali lo scrittore, alpinista e fotografo fiorentino Gianluca Briccolani ha presentato il libro L’altezza della libertà. Viaggio tra l’essenziale bellezza delle Alpi Apuane e il regista Alberto Grossi   il suo documentario Cave cavem.

Il libro è un romanzo fotografico che narra l’avventura della traversata in solitaria delle Alpi Apuane, protagonisti la maestosità del Pizzo d’Uccello,

la simpatia del Forato, la regalità del Pisanino, la bellezza semplice e pulita della Pania della Croce: tutto corredato da una mostra intitolata Erano solo montagne: 12 opere umane di macelleria ambientale.

Il libro oltre alla bellezza racconta lo scempio ambientale in atto.

Anche il documentario Cave cavem di Alberto Grossi mostra lo scenario di devastazioni che minacciano i monti ed il litorale apuo-versiliese, l’economia, il lavoro, le relazioni sociali e, soprattutto, la disponibilità di acqua, ricchezza di questo territorio, con l’invito a ricercare insieme future alternative di sviluppo realmente sostenibile. 

Nel gennaio 2020 a Massa circa duemila persone hanno partecipato alla manifestazione promossa dalla Commissione Tutela Ambiente della locale sezione del C.A.I. per la difesa del rifugio montano Aronte e contro lo scempio delle Alpi Apuane.

Nel 2021 “Athamanta”, un’organizzazione carrarese sorta per contrastare lo sfruttamento delle cave di marmo ha ideato un bando artistico al quale hanno risposto oltre 40 scultori e artisti provenienti da tutta Italia; 

dal 10 al 12 settembre hanno animato il centro storico di Carrara con le loro opere d’arte nella mostra Sorgenti-Arte contro la devastazione.

(“Athamanta” è una specie endemica della flora apuana a rischio di estinzione a causa delle attività estrattive e dei cambiamenti climatici).

Le cave di marmo di Carrara sono infine comparse alla ribalta internazionale come uno dei 43 scenari di disastri planetari  nel  film documentario Antropocene – L’Epoca Umana di J Baichwal, N de Pencier, E, Canada 2018.

È un viaggio in sei continenti, narrato dalla voce di Alicia Vikander, attraverso i deserti, le montagne, le foreste, le profondità degli oceani su cui incombono i segni sempre più incisivi dell’uomo, dall’urbanizzazione incontrollata allo sfruttamento selvaggio del suolo. 

Il documentario presentato al “Mandela Forum” di Firenze nell’agosto 2019 ha suscitato commenti opposti.

Scontato quello di Erich Lucchetti, presidente di Confindustria Massa Carrara: «È un errore grossolano e illogico aver inserito le cave di marmo di Carrara nei 43 scenari di disastri planetari dato che le cave sono presenti solo nell’1% delle Alpi Apuane».

Di parere completamente opposto quello di Eros Tetti, presidente della ReTe dei comitati per la Difesa del Territorio e fondatore di Salviamo le Apuane: «Siamo pienamente soddisfatti che la distruzione delle Alpi Apuane sia stata inserita nel famoso documentario. Si parla di 9 milioni di tonnellate di materiale estratte ogni anno, un volume enorme, pari a una colonna di 26.660 autobus che allineati corrispondo a una coda lunga circa 300 km, la distanza fra Firenze e Milano».

La risorsa marmo non è rinnovabile, il danno ambientale che oggi si determina su queste splendide montagne è di conseguenza irreversibile: se si continua a distruggere un ambiente naturale come questo chi potrà mai farlo risorgere?

 

 

 

 

 

 

 

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