Quel daltonismo pericoloso sulla ricchezza italiana
Se è giusta e sacrosanta la critica sociale che si sofferma sulle diseguaglianze e sulle ingiustizie sociali, che in Italia sono ancora tante e che il COVID 19 ha reso ancora più acute, dall’altro lato non bisogna cadere nel daltonismo dell’immenso benessere di cui si gode, il più grande della storia, in termini di beni mobili ed immobili e di redditi vari pubblici e privati. Segni ne sono chiari come il sole sotto gli occhi il numero dei proprietari di case, in città e nei luoghi di villeggiatura, il numero delle auto a volte più d’una per famiglie, con i costi che implicano, il numero di barche, che affollano i porti grandi e piccoli lungo i 2 mila chilometri di costa italiana, la inimmaginabile diffusa imprenditorialità privata, che rende, con l’industria pubblica, l’Italia un alveare produttivo straordinario, che suscita l’ammirazione del mondo. Non parliamo dell’industria turistica con i beni ambientali-culturali unici al mondo con flussi interni e dall’estero, produttori con l’indotto di ricchezze e di lavoro. E ancora non parliamo dell’occupazione e dei posti pubblici (dalla sanità alla scuola, all’Università, alle amministrazioni pubbliche, dalla capitale agli 8 mila Comuni).
L’Italia, inoltre, conta uno dei maggiori numeri di pensionati, con una vita media la più alta della sua storia e nei confronti di altri paesi. Il nostro “bel paese” è dunque complessivamente ricco, ha la più straordinaria partecipazione ed emancipazione delle donne della sua storia, è la settima potenza economica al mondo e non a caso centinaia di migliaia e migliaia di persone (ormai sono milioni gli stranieri in Italia) sono venute e vogliono venire qui. Per concludere: è giusta la critica sociale, sacrosanto l’impegno per attenuare e in prospettiva abolire l’ingiustizia (anche se la storia ci ha insegnato e ci insegna che è questione complessa), ma senza vedere sempre e solo tutto nero, criticando di continuo, facendo gli apocalittici e i pessimisti, rischiando così di pensare e di dire cose che non esistono e che sono smentite ogni istante sotto i nostri occhi.
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