La storia rimossa di Cecco d’Ascoli
Noto come Cecco d’Ascoli, si chiamava Francesco Stabili di Simeone e fu poeta, filosofo e grande scienziato: medico, astrologo-astronomo. Franco e libero nel parlare e nel giudicare fu ritenuto quindi pericoloso. Era nato nel paese di Ancarano (confinante con Ascoli Piceno) nel 1269. Nel 1314 si trasferì a Firenze e dieci anni dopo a Bologna dove insegnò astronomia nella facoltà di medicina della famosa locale università. Formatosi a Firenze, conobbe Dante e la cerchia dei suoi amici ed ebbe una diversa visione del rapporto natura-educazione. Fu autore del poema in volgare L’Acerba, che ebbe edizioni e un notevole successo quasi allo stesso livello della Divina Commedia dantesca. Lucidamente capiva che non si poteva dire tutto quello che si sentiva veramente dentro, in quel mondo poi dogmatico-fanatico che fu il Medioevo integralista dal punto di vista religioso e culturale in senso lato, cristiano-cattolico, con la oceanica ignoranza collettiva, con relative superstizioni e comportamenti rozzi e gregari. In un sonetto a Cino da Pistoia aveva scritto lucidamente che in questo mondo «chi vi vuol suo stato mantenere/ convien che taccia quel che dentro giace/ nell’alma, guerra, e nella bocca, pace.» Prima di morire disse: «L’ho detto, l’ho insegnato, lo credo».
Petrarca lo stimò in modo altissimo: «Tu sei il grande Ascolan che il mondo allumi/ per grazia di tuo altissimo ingegno, / tu solo in terra di veder sei degno/ esperienza degli eterni lumi.» Assunse il suo nome il combattente risorgimentale triestino, poeta e scrittore Giuseppe Revere (1812-1889). Ascoli Piceno gli ha innalzato un monumento nel 1922 in piazza Matteotti.
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