Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

La massoneria napoletana nel '700

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"A voler correre dietro alle origine dei Liberi Muratori c’è da perder la testa", scriveva nel 1897 Michelangelo D’Ayala.

La leggenda fa risalire le origini delle società massoniche ad Hiram che costituì il tempio di Salomone e diversi autori hanno collegato il concetto di fratellanza al periodo delle Crociate, e quindi, all’ordine dei Templari, mentre il linguaggio ed il rituale sembrano siano stati influenzati dalla filosofia ermetica tardo rinascimentale.

La Luce Massonica fu introdotta a Napoli dagli ufficiali dell’esercito austriaco nel periodo del vicereame asburgico (1707 – 1734) e dai mercanti francesi, olandesi ed inglesi che operavano in città. Dopo un periodo iniziale di scetticismo, l’aristocrazia si avvicinò alla loggia napoletana a partire dal luglio 1750, quando vi aderì e successivamente ne fu eletto Gran Maestro il Principe di Sansevero Raimondo di Sangro.

Questi non solo riuscì  a ricomporre i dissidi interni sorti tra gli adepti, ma anche ad incrementare a tal punto il numero delle nuove adesioni, da essere costretto a suddividere la Muratoria napoletana in diverse logge: la loggia affidata a Teodoro Tschoundy dove si diffuse la pratica per l’alchimia, la loggia Carafa, affidata a Gennaro Carafa, la loggia Moncada, affidata al principe di Calvaruso e la loggia Sansevero, alla diretta dipendenza del nuovo Gran Maestro.

Il principe diede impulso al rapido espandersi dei centri latomistici e riuscì a suscitare in Napoli l’interesse per l’esoterismo, con la pubblicazione nella sua tipografia di numerose opere sull’alchimia.

Ciò causò uno scontro violento tra il curialismo conservatore  dei Gesuiti e la nobiltà illuminata che, insieme ad esponenti del mondo accademico, la parte più rappresentativa della borghesia, soprattutto medici, avvocati e ricchi commercianti, accresceva sempre più il numero degli affiliati alla Massoneria ed era favorevole al partito riformatore.

A seguito dell’editto di Carlo di Borbone del 10 luglio 1751 contro i Liberi Muratori, il principe Raimondo di Sangro, dopo aver tentato inutilmente di convincere il re che i fratelli massoni erano animati da un rispetto devoto e sincero verso la religione ed il sovrano, decise di dimettersi il 24 luglio e la loggia napoletana venne ufficialmente soppressa. Ma, i centri latomistici continuarono in gran segreto la loro attività.

Un nuovo impulso alla crescita della Massoneria fu dato nel 1768 dall’arrivo di Maria Carolina, per tradizione familiare vicina agli ambienti latomistici, e la stessa aderì ad una loggia di sole donne, fino a quando gli eventi che avrebbero caratterizzato l’ultimo decennio del secolo, trasformarono le logge massoniche in Società Patriottiche. Da lì la persecuzione spietata della stessa Maria Carolina, accecata dalla smania di vendicare la sorella Maria Antonietta, contro gli adepti accusati di congiura e giacobinismo.

La repressione della  Massoneria, bandita e perseguitata da inchieste ed arresti non solo nel Regno borbonico, ma in tutta Italia fu notevole non solo nell’ultimo decennio del Settecento, ma anche durante i primi anni della Restaurazione ed interessò finanche quegli Stati tradizionalmente più tolleranti e permissivi. Ciononostante, il fuoco continuò a covare sotto le ceneri molto più di quanto comunemente si creda.

Presidente della Società Patriottica fu nominato Carlo Lauberg, un frate scolopio, tra i maggiori chimici napoletani del suo tempo. Durante i sei mesi della Repubblica Napoletana, il Lauberg  fu nominato Presidente del Primo Governo Provvisorio. Con la reazione borbonica non fu tra i  martiri ma tra gli esuli. Riuscì a riparare a Parigi, dove vi morì  il 5 novembre 1835.
In una sera dell’estate del 1793, si incontrarono a Posillipo, sulla spiaggia di Mergellina gli amici che Lauberg aveva convocato: elementi fidati e sicuramente democratici.


I motivi che indussero il Lauberg ad indire la  riunione furono dettati dal bisogno di raccogliere tutte le forze democratiche che operavano a Napoli e nelle Province e prepararsi all’azione per realizzare anche a Napoli, come in Francia un governo popolare repubblicano … onde ravvivare i diritti dell’uomo soppressi, rimettere la tranquillità, sopprimere gli abusi, rendersi in tutto liberi e perfettamente uguali ed abiurare… ogni religione come estranea agli ordini di natura e costituire da Principi e dalle Potestà supreme per garantire la loro stabilità.


La proposta del Lauberg venne discussa ed approvata e si decise di costituire un’associazione articolata in sezioni elementari o clubs  composti ciascuno da non più di undici membri che non si conoscessero tra loro. Tale organizzazione fu dettata in modo da evitare che qualsiasi associato, sottoposto a tortura, potesse svelare i nomi degli altri associati.  In seguito la Società Patriottica fu suddivisa in due clubs: Lomo (Libertà o Morte) e Romo (Repubblica o Morte).8 Entrambi operarono attivamente raccogliendo adesioni non solo negli ambienti studenteschi e tra gli avvocati, ma anche tra i militari, dei quali molti giovani ufficiali erano stati allievi del Lauberg alla  scuola militare della Nunziatella.


Tutti i membri della Società avevano giurato odio eterno ai  tiranni e molti di essi si proposero di giungere all’insurrezione armata per abbattere la monarchia ed istituire anche a Napoli un governo repubblicano sull’esempio di quello francese. Intanto Maria Carolina, contando su una fitta rete di spie, continuava  la sua  spietata opera di persecuzione. I numerosi arresti operati a Napoli provocarono un’ondata di panico in seno alla Società Patriottica. Dominati dal terrore e dalla sofferenza delle torture, dimenticando i loro giuramenti, quasi tutti gli arrestati confessarono nei più dettagliati particolari le loro attività di congiurati, fornendo elementi e nomi, ponendo in condizione gli inquirenti di ricostruire in molti suoi particolari l’attività svolta a Napoli dal movimento giacobino.

 

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